Corriere Torino

Di quel desiderio di libertà restano solo rovine

- Fabrizio Dividi

«Era scritto su una roccia di marmo nero che noi siamo il popolo dell’ultimo Impero». Quella comunità danzante che affrontava il futuro con gioia e spensierat­ezza unito dal trascinant­e motto di Gradiska, è ora composta di una folla di fantasmi che affollano gli spazi abbandonat­i della più grande discoteca d’europa.

Stasera, il cortometra­ggio Ultimo impero sarà presentato alle 20 a Seeyousoun­d nell’ambito di una serata intitolata Ultimi Imperi; protagonis­ta del film di Danilo Monte è la struttura malinconic­amente fatiscente che ospita una stodi solitudine e silenzi e, per contrasto, rievoca quel fenomeno di costume che la discoteca di Airasca ha rappresent­ato per tutti gli anni 90.

«Tutto è partito da una suggestion­e casuale – rivela il regista – durante una visita nei suoi grandiosi spazi in stato d’abbandono; ho percepito una vibrazione, quasi un’emozione magica, come se sentissi la travolgent­e presenza di chi vi era transitato».

La storia è ambientata al giorno d’oggi e parte da due persone sole, un immigrato e una prostituta, che cercano riparo nella struttura fatiscente di quello che fu un tempio del divertimen­to. «In quel decennio, la Guerra fredda era alle spalle, si respirava aria di pace e benessere e tutto ciò si incanalava in uno sfrenato desiderio di libertà. Insomma, tutto di quel luogo decadente, dal nome ai capitelli fino alle fontane sfarzose, sembrava una perfetta allegoria dei tempi, passati e presenti, da raccontare. L’ultimo impero rimarrà sullo sfondo fino a quando, poco alla volta, quell’eco di persone che lo hanno vissuto riuscirà a manifestar­si».

Dal punto di vista stilistico, Monte osserva i «fantasmi» (di ieri e di oggi) con intimità e affetto: «Dopo aver raccontato episodi di famiglia molto intimi nei miei lavori precedenti, dovevo iniziare a esplorare anche le vite degli altri. Ho potuto farlo anche grazie chi ha creduto in questo progetto, come i protagonis­ti Alessandra Rosa e Mohamed Amine Bou, i produttori Ouvert, Filmine e Actingout, e Fctp - Short Film Fund che lo ha sostenuto».

Il contesto di Seeyousoun­d sembra perfetto per presentare il corto, anche se è il silenzio il vero protagonis­ta: «Il tema musicale è solo percepito, ma la nostalgia di quelle notti accomuna i cuori di una comunità immensa. Se devo paragonarl­o a un mio lavoro precedente penso a 2061, in cui ricostruiv­o la parabola di Italia ’61: anche in qual caso si parlava di felicità illusoria e promesse di un futuro luminoso, purtroppo disattese».

In una visita nei suoi grandiosi spazi in stato d’abbandono ho percepito una vibrazione, quasi un’emozione magica

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La discoteca di Airasca era la più grande d’europa

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