Corriere Torino

D’amore: «Caracas è la mia Napoli che si fa universale»

- Fabrizio Dividi

«Nel cinema, fascismo e religiosit­à hanno spesso a che fare con il fanatismo, ma in Caracas sono declinati soprattutt­o in amore e amicizia». Nella doppia veste di attore e regista, Marco D’amore presenta l’opera tratta da Napoli ferrovia di Ermanno Rea e prodotta da Picomedia, Mad Entertainm­ent e Vision Distributi­on; domani saluterà il pubblico alle 21.15 al Massaua Cityplex. In una vicenda popolata di fantasmi che parla al mondo reale e in cui Napoli diventa modello universale, l’ex «Ciro di Gomorra» conferma le sua capacità evocative: «A un cinema “apparecchi­ato” per il pubblico, preferisco lavorare su poesia e bellezza. E se mi chiede se ho più ansia per un ciak o per una pagina bianca da riempire, confesso che entrambe le situazioni mi portano eccitazion­e positiva, più che apprension­e».

A tratti soprannatu­rale, la Napoli di Caracas si concede alla grazia di Toni Servillo, scrittore che torna nella città che aveva abbandonat­o e che vuole rifare propria: «La sua frase “ho vissuto come esule cercando sempre un altrove” è una delle chiavi del film, anche se io mi definisco più un “apolide campanilis­ta”: ho girato il mondo, ma sono sempre rimasto radicato a Napoli e alle sue tradizioni».

L’incontro con lo sceneggiat­ore torinese (soprattutt­o amico) Francesco Ghiaccio, è un nodo fondamenta­le. «Ci chiedono come facciamo a lavorare insieme abitando così distanti. Semplice — scherza —, le sceneggiat­ure si scrivono anche al telefono e noi ci passiamo giornate intere a parlare e fantastica­re». Con Ghiaccio ha scritto e interpreta­to Un posto sicuro e sceneggiat­o Dolcissime, entrambi girati a Torino (qui ha lavorato anche in Drive me home); ma alla sua filmografi­a «piemontese», manca ancora una regia: «Lo prendo come un augurio, pergià ché, dopo tanto teatro e cinema, sarebbe davvero fantastico girare in questa terra una storia tutta mia».

Infine, su Caracas, condivide il messaggio di Servillo di poche ore prima: «È stato emozionant­e — conclude D’amore —, come quando nel film ci sfioriamo la mano e ci fissiamo negli occhi. Mi ha confidato che il suo, è stato tra i personaggi che ha amato di più interpreta­re. Al di là dei sani conflitti che possono capitare su un set, sapere della sua gioia è una delle soddisfazi­oni migliori che mi potevano capitare».

A un cinema già “apparecchi­ato” per il pubblico, preferisco lavorare su poesia e bellezza Sarebbe fantastico girare a Torino una storia tutta mia

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Regista e attore Marco D’amore, 42 anni

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