Grifoni alati e sorridenti in una Cit Turin gotica
In via Gropello ecco due gargoyles accostate e quasi rivolte in dialogo l’una verso l’altra Torreggiano accovacciate sulle proprie zampe
● Siamo a Torino, nella zona di San Donato, quella che i torinesi chiamano Cit Turin, in epoca medioevale forse il primo borgo fuori dalle mura, un’unità amministrativa indipendente e attigua alla città, ricca di spunti architettonici misteriosi e singolari, come la Casa dei Draghi
● L’edificio, noto anche come casa Carrera o casa della Vittoria, è un esempio del cosiddetto eclettismo perché racchiude spunti ispirati al neogotico francese ed altri di fattura liberty, molto di moda nella Torino a cavallo tra l’ottocento e il Novecento
Le ho notate mentre camminavo in via Gropello, all’altezza del civico 9. Le due gargoyles, accostate e quasi rivolte in dialogo l’una verso l’altra torreggiano su un terrazzo accovacciate sulle proprie zampe. Le sculture, grifoni alati e sorridenti, volute dai proprietari della casa, una coppia di artisti, attenti cultori della bellezza in molte sue forme, evocano immediatamente le 54 creature poste a guardia lungo il perimetro della cattedrale di Notre Dame e sedute sulle sue guglie e sui suoi tetti.
Draghi alati, chimere, centauri, fantasticherie di pietra immaginate da un medioevo gotico che soleva ricordare ai fedeli l’esistenza del male in terra e il divieto di compierlo agli uomini di buona volontà che entravano nelle cattedrali, le gargoyles (gurgulium, gola) nascondevano all’interno del corpo un tubo di ferro e servivano a dirigere il deflusso dell’acqua piovana dalle grondaie fino al suolo, impedendo che la facciata e le pareti della cattedrale fossero bagnate di continuo e dunque logorate.
Il nome, onomatopeico, evocava il gorgoglio dell’acqua all’interno del tubo.
In All’altezza del civico 9, su un terrazzo, due gargoyles sono accovacciate sulle proprie zampe. Le sculture evocano le 54 creature poste a guardia lungo il perimetro della cattedrale di Notre Dame e sedute sulle sue guglie e sui suoi tetti
Grondaie, insomma. E tuttavia la spiritualità visionaria e inquisitoria del medioevo generò gargoyle zoomorfe di ogni tipo, da facce sorridenti a terribili figure demoniache, fino ad esseri mostruosi metà bestie e metà uomini, esseri ibridi formati da più animali in grado di accendere la fantasia delle leggende popolari e anche della letteratura d’autore se Victor Hugo, nella celeberrima Notre Dame de Paris, fa sì che proprio alle gargoyles della cattedrale, uniche amiche, il campanaro Quasimodo confessi il suo amore senza speranza per la bella Esmeralda.
Siamo a Torino, nella zona di San Donato, quella che i torinesi chiamano Cit Turin, in epoca medioevale forse il primo borgo fuori dalle mura, un’unità amministrativa indipendente e attigua alla città, ricca di spunti architettonici misteriosi e singolari, come la Casa dei Draghi.
L’edificio, noto anche come casa Carrera o casa della Vittoria, perché fu eretta alla fine del primo conflitto mondiale nella speranza della ripresa post bellica, fu affidata all’ingegner Gottardo Gussoni che terminò i lavori nel 1922, ed è un esempio famoso del cosiddetto eclettismo perché racti chiude spunti ispirati al neogotico francese ed altri di fattura liberty, molto di moda nella Torino a cavallo tra l’ottocento ed il Novecento.
I due grandi draghi — ancora gargoyles — alati e ruggenti che fiancheggiano il portone, protagonisti della facciata, adornata poi di molti altri elementi zoomorfi e simbolici, trovano molti confronin architettura perché quella del drago è una figura mitologica antichissima, trasversale a tutte le culture ma ricca di significati antitetici a seconda dei contesti.
Classicamente una rappresentazione del male in Occidente — scrive Chiara Testoni
—, salvo qualche tentativo di riabilitazione con il pompiere Grisù, il morbido Fortunadrago, la dragonessa di Eragon, il grande rettile sprigiona un alone di malvagità che gli eroi combattono senza pietà, dai santi sauroctoni del cristianesimo ai paladini della mitologia norrena, da Tolkien a Disney. mentre al contrario, nella cultura orientale, il drago è considerato simbolo di fortuna e prosperità e viene diffusamente venerato e rispettato: il suo corpo senza ali, agile e serpentino, fluttua nell’aria portando al suo passare, con il suo alito benefico — il «chi», l’energia vitale dell’universo — pace, equilibrio, salute.
Simboli e significati di cui da sempre l’architettura si è nutrita, intrattenendo un dialogo, fin dall’antichità, con la geometria, il progetto e le forme costruite e arricchendo le costruzioni con elementi naturali o antropomorfi. Lo fece magistralmente Antoni Gaudì, ad esempio, famoso per l’architettura modernista catalana che incorporava simbolismo, natura e forme geometriche nelle sue creazioni, lo hanno fatto in tanti, più nascostamente, secondo una forma espressiva ricorrente, ma sempre con intenzione simbolica.
Volute dai proprietari della casa, una coppia di artisti, attenti cultori della bellezza
Un esempio vicino alle gargoyles da cui siamo partiti? Il drago pipistrello che sorregge il balcone di via Madama Cristina 19, o le decorazioni apotropaiche della Casa degli Spiriti, in via Ormea. Sono tanti gli esempi a Torino, dove il sostegno di un balcone, la fronte di un portone, la metopa di una finestra rivelano facce nascoste, qualche volta volutamente mostruose.
Ma esageriamo. Avete mai osservato l’aspetto antropomorfo creato dall’incrocio dei grandi archi all’interno della cupola della Real Chiesa di San Lorenzo? Entrate in chiesa, sedetevi e guardate verso l’alto, per sperimentare la meraviglia di cui parla Guarini e insieme «l’atterrimento dell’animo umano» che si perde nella progressione senza fine in uno spazio inondato di luce, perché — come scriveva Victor Hugo, nella sua Notre Dame de Paris, «sei stato bambino, lettore, e forse sei abbastanza fortunato da esserlo ancora».