Corriere Torino

Holland, Mcbride, Rubalcaba: a Torino brilla il grande Jazz

Un cast stellare per la nuova edizione del festival guidato da Zenni «Senza puzza sotto il naso, apriamo a nuovi pubblici e musiche»

- Luca Castelli

«Sarà un festival senza puzza sotto il naso, in cui ci rivolgerem­o sia agli appassiona­ti che al nuovo pubblico, seguendo quel filo rosso che è la capacità del jazz di aprirsi ad altre musiche». È uno Stefano Zenni decisament­e raggiante e inclusivo quello che presenta la dodicesima edizione del Torino Jazz Festival, la seconda sotto la sua direzione dopo il ritorno in sella nel 2023.

I numeri della rassegna, dal 20 al 30 aprile, sono come sempre imponenti: 104 appuntamen­ti, di cui 57 concerti, con 280 musicisti in 73 luoghi. Ma a colpire — ancor più che in passato — è l’equilibrio tra le anime della manifestaz­ione, sorta di stella cometa con un solido nucleo di concerti principali e una coda altrettant­o luminosa, alimentata da una miriade di proposte alternativ­e (i jazz club, i libri, i film, i «blitz» negli ospedali, gli incontri, le mostre fotografic­he).

«Partiamo subito con Dave Holland, Christian Mcbride e Gonzalo Rubalcaba», dice Zenni. «E quando inizi così, è un po’ come se il festival fosse già fatto». Holland, che sarà il 22 aprile all’alfieri con Kevin Eubanks e Eric Harland, è una delle ultime leggende viventi del genere, il bassista che accompagnò Miles Davis nella rivoluzion­e elettrica di In a Silent Way e Bitches

Brew, per poi avviare una notevole carriera da leader su marchio Ecm. Oltre a lui, al contrabbas­sista statuniten­se Mcbride (il 23 aprile al Colosseo) e al pianista cubano Rubalcaba (il 24 al Colosseo), alla lista dei giganti è impossibil­e non aggiungere John Zorn — figura monumental­e non solo per il jazz d’avanguardi­a, ma anche per punk, noise, persino metal — che torna in città in collaboraz­ione con Jazz Is Dead il 28 aprile al Lingotto (con il New Masada Quartet). Zorn sarà al centro di un focus che, con la complicità del Museo Nazionale del Cinema, si estenderà al grande schermo attraverso tre documentar­i del regista/ attore francese Mathieu Amalric (anche lui atteso in città). La quota del free jazz europeo è coperta da Mats Gustafson (il 29 aprile a Hiroshima Mon Amour con i The End), quella delle contaminaz­ioni rap dal progetto Sélébéyone (a Hiroshima il 25), mentre il fronte italiano conta su Roberto Gatto (omaggio a Tony Williams il 27 al Monterosa), Francesco Bearzatti (omaggio «fantascien­tico» a Duke Ellington, il 27 al Cap10100) e soprattutt­o Paolo Fresu, a cui saranno affidate le chiavi per chiudere il festival, il 30 aprile al Lingotto, in modalità «concerto grosso» con il suo quintetto affiancato dalla Torino Jazz Orchestra con direzione di Paolo Silvestri.

Sia la mappa degli eventi che quella dei luoghi è fitta: alle 12 sedi dei concerti principali si aggiungono i 15 club del percorso «Jazz cl(h)ub», mentre strade e piazze saranno al centro dell’anteprima del 20 aprile con la Jst Jazz Parade, in stile marchin’ band, con partenza da Porta Palazzo e percorso aulico in piazza Palazzo di Città, piazza Castello, via Roma e arrivo alle Gallerie d’italia.

«È un modello che conferma quello dell’anno scorso», dice Zenni. «Torniamo nei teatri e nei locali storici della città, ma abbracciam­o anche nuove direzioni e situazioni. Tra le tante, mi piace citare quella ai Bagni Pubblici di via Agliè, che ci permetterà di gettare le basi per un dialogo con la comunità senegalese che vogliamo ampliare il prossimo anno».

Ai nuovi pubblici — da un punto di vista più anagrafico — guarda anche il sindaco Stefano Lo Russo, ricordando «gli eventi al prezzo simbolico di 1 euro per invitare gli under 14 a scoprire la magia della musica dal vivo». Anche per gli adulti la spesa sarà comunque contenuta, con biglietti tra 5 e 25 euro e diversi spettacoli gratuiti, tra cui quello del 25 aprile al Teatro Regio con la cantautric­e maliana Fatoumata Diawara.

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Protagonis­ti Fatoumata Diawara, Dave Holland e Christian Mcbride

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