Così lontana così vicina Una finestra sull’africa
Al Museo Ettore Fico cinque mostre presentano i dipinti e le sculture di altrettanti artisti africani contemporanei, in gran parte inedite
Ciò che colpisce è prima di tutto il colore. Poi è la sensazione di entrare in un mondo «altro», che per quanto talvolta a noi «vicino» ci dà comunque la sensazione di vivere di emozioni e relazioni differenti, più forti e incisive. Sono la gioia e l’allegria anche nel dolore, sono forse le maschere tradizionali africane e i frutti esotici, le periferie delle grandi città africane e perfino il «rastafarianesimo» (riferito alle acconciature rasta, ma non solo). Afrika Now (fino al 30 giugno al Mef, Museo Ettore Fico, a cura di Andrea Busto) è un progetto che comprende cinque mostre personali di artisti di origine africana e della Guadalupa. In mostra sono dipinti e sculture di grande formato, per lo più di ambito figurativo, in gran parte inedite. Presentate per la prima volta in un museo in Italia (nonostante i loro autori vantino mostre in importanti gallerie, anche internazionali), sono opere per la maggior parte create appositamente per questo appuntamento.
Nei lavori di Bouvy Enkobo (Kinshasa, Repubblica Democratica del Congo, 1981), rappresentato dalla galleria parigina Anne de Villepoix, convivono astratto e figurativo, pittura e collage da manifesti strappati, come nel caso di Ndoto (Rêve) del 2022 in cui esprime, spiega, «la volontà di allontanarmi dal mio studio per confrontarmi direttamente con la realtà della strada».
Lo scultore camerunense Victor Fotso Nyie (Douala, 1990, residente in Italia e rappresentato da P420 di Bologna) ha focalizzato la sua produzione sul tema della diversità come motore delle relazioni umane, ad esempio nelle opere Observer les étoiles e Voyager ensemble
(2021), entrambe di ceramica e tinte oro.
Elladj Lincy Deloumeaux (nato nel 1995 a Guadalupa, ma vive a Parigi dove collabora con la galleria Cecile Fakhoury che ha sedi anche ad Abidjan e Dakar) si è trasferito in Europa all’età di otto anni, un cambiamento che ha rappresentato una rivoluzione fisica e culturale ma anche psicologica. Il suo lavoro si concentra sul patrimonio e sulla spiritualità afro-caraibica, sulle sue immagini simboliche e sulla loro convivenza con la cultura europea. Un approccio evidente in opere come Le Silence du matin (2023), nel quale un interno parigino accoglie una figura maschile di scorcio, quasi un autoritratto.
L’artista autodidatta Salifou Lindou (Foumban, 1965, rappresentante del Camerun alla Biennale di Venezia del 2022) fa parte del gruppo di artisti locali che più hanno influenzato le nuove generazioni anche attraverso il Cercle Kapsiki (1998), fondato con l’obiettivo di introdurre l’arte nella città di Douala attraverso mostre, progetti e residenze di artisti da tutto il mondo, chiamati a trasformare gli spazi pubblici. Se in una prima fase della sua carriera Lindou si è dedicato a installazioni, sculture e collage su tela, più recentemente si è focalizzato sulla tecnica del pastello su carta (come nell’opera Les Collines rouges, 2018), con cui realizza un groviglio di linee e segni che mettono in luce la dualità dell’essere umano diviso tra forza e debolezza, immobilità e movimento, pace e caos.
«La maggior parte delle persone della mia società discrimina gli uomini con un’acconciatura rasta, considerandoli criminali, spacciatori, minacce per la società...», racconta James Mishio (Accra, Ghana, 1997). «Io ho trovato ispirazione per la mia serie Identity nel fotografo Ahmad Cissé che si esprime liberamente non permettendo che il suo taglio di capelli gli impedisca di raggiungere i vertici della carriera professionale. Il mio obiettivo è quello di cambiare la narrazione, perché i rasta possano sentirsi a proprio agio in spazi in cui ora non lo sono». E che rasta sia.
Si va dalla riflessione sulla diversità di Victor Fotso Nyie a quella sull’incontro tra la cultura afrocaraibica ed europea di Elladj Lincy Deloumeaux