Corriere Torino

L'amore di Pippo Delbono. Aspettando il film su Bobò

- Francesca Angeleri

L'amore non finisce con una perdita. Continua a esistere, si strazia e ti uccide. E poi si trasforma: «Ho iniziato a riguardare i filmati di Bobò. È stato con me 22 anni ed era bravissimo, in ogni cosa. Un critico tedesco una volta mi disse che Bobò era il più bravo attore esistente. Stavo male. E poi ho capito che farlo conoscere al mondo intero era la mia missione. Stiamo per iniziare le riprese di un film su di lui, si intitola L’angelo che mi

cambiò la vita». Sono passati cinque anni da quando l’attore sordomuto e analfabeta che più ha ispirato il lavoro di Pippo Delbono è mancato. Lo incontrò nel manicomio di

Aversa in un momento molto buio della sua esistenza, in cui cercava qualcosa che rompesse il cristallo del teatro e lo avvicinass­e alla vita. Era Bobò. Delbono ha anche perso qualche mese fa la sua guida spirituale, Daisaku Ikeda, il presidente dell’associazio­ne buddista Soka Gakkai la cui religione il regista pratica da trent’anni, «da subito, Ikeda, l’uomo che mi ha cambiato la vita, l’ho sentito molto vicino». L’amore va avanti.

E Amore è lo spettacolo con cui Pippo Delbono ritorna al Teatro Toselli di Cuneo martedì alle 21. È un viaggio musicale, — «Amo la musica, è ciò in cui più sto bene immerso. Ho l’orecchio assoluto» — e lirico che vibra in una terra meticcia per vocazione, il Portogallo, che nella pièce diviene punto di partenza per un viaggio poetico di suoni, immagini e colori che colpiscono il cuore. «I musicisti vogliono lavorare con me per questa mia sensibilit­à, è il motivo per cui ho anche fatto molte opere liriche come i Pagliacci, la Butterfly, il Don Giovanni, la Cavalleria Rusticana…».

I suoi spettacoli sono eterni, senza tempo, non nel passato, non nel futuro, «cambiano forse un po’, ma in maniera sottile. Migliorano. Nei miei spettacoli c’è il mio cuore, che è la parte migliore di me. Non c’è intellettu­alismo, non sono colti, non sono ricchi. Il mio teatro è vita, è carne, è coraggio di rischiare. Non è borghese. Non vedo questo teatro in Italia, lo vedo in Pina Bausch».

La visione dell’amore nella messinscen­a è duplice, come l’approccio del regista che da un lato lo rifugge e dall’altro lo ricerca. Il cammino — tra musiche, voci e immagini — è di riconcilia­zione, «ho perso molto la testa per amore. Sempre l’ho persa. Ma bisogna fare attenzione, perché quando perdi la saggezza tutto si vanifica. È difficilis­simo l’amore, è faticoso. Ma è la cosa più importante».

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Sul palco Amore va in scena martedì al Teatro Toselli

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