Sul divano, si ragiona sul tempo e si denuncia la volgarità del vivere
Il teatro italiano ha dato spazio al drammaturgo norvegese Jon Fosse ben prima che il Premio Nobel ne accrescesse la fama. Tra i registi e gli interpreti che si sono confrontati ripetutamente con Fosse, e da decenni, c’è Valerio Binasco, che ora presenta al Carignano La ragazza sul divano, storia di una famiglia attraverso il tempo. Proprio il ragionamento sul tempo — si incrociano sempre passato e presente — è il plus-valore di questo dramma, un tratto di genialità.
In scena, un interno domestico (con il divano, anche frigorifero e lavatrice), ci sono una donna da giovane e da vecchia con suo marito, lei pittrice senza estro, la madre con l’amante, suo cognato, il coniuge e padre marinaio, una sorella. Tutti vivono e dialogano annullando barriere del tempo, delle età e della parentela: spetta al pubblico decifrare, e lo si fa con gusto, quando accadono le cose.
Un cast d’eccezione consente la scommessa: Pamela Villoresi e Giordana Faggiano, donna e ragazza, Isabella Ferrari, Giulia Chiaromonte, e i tre uomini, Binasco, Michele Di Mauro, Fabrizio Contri. Sono due i piani scenografici, davanti e dietro uno schermo che funge anche da quadro. Firma scene e luci Nicolas Bovey.
Binasco regista ha privilegiato toni naturalistici lasciando da parte gli stereotipi del nord Europa, l’indole algida, calvinista, dei suoi abitanti. Ma lo ha fatto senza mai calcare la mano sui toni sostitutivi, senza retorica. Le sofferenze individuali si precisano grazie al puro incedere dei fatti, al precisarsi minuzioso delle relazioni reciproche. La rivalità tra le sorelle, la delusione di una moglie trascurata dal marito e rifugiatasi, scoperta come in un vaudeville, tra le braccia di un cognato senza personalità. Insomma, non si sfugge a una certa denuncia della volgarità del vivere e a momenti di inquietudine verrebbe da dire molto religiosa o cattolica, se non risultasse un facile riferimento alla conversione di Fosse, che non rinuncia comunque alla volontà di dar voce all’invisibile. Fosse ama un verso di Rimbaud «Je est un autre »e gli ha dedicato il titolo di un romanzo. In questa impresa di metamorfosi seppe esaltarsi, vogliamo ricordarlo, Claude Régy rappresentando Qualcuno arriverà al Festival d’automne del 1999. Alla fine la Madre muore e si dice senza un filo di emozione: «Noi dobbiamo preparare il funerale». E Binasco chiosa nelle note di regia: avvertiamo il senso del Fato.
Molta concentrazione e grandi applausi del pubblico torinese. Repliche al Teatro Carignano fino al 24 marzo.