Corriere Torino

I nostri ragazzi e la loro vita da spettatori

- Di Dario Basile

Oggi è la «Giornata nazionale del «Fiocchetto Lilla», dedicata ai disturbi del comportame­nto alimentare. Un problema divenuto oggetto di attenzione sanitaria per la sua diffusione e per l’esordio sempre più precoce tra le fasce più giovani della popolazion­e.

Come è stato ricordato ieri in queste pagine non sono però questi gli unici disturbi psichiatri­ci che affliggono i nostri giovani. Secondo l’oms-organizzaz­ione Mondiale della Sanità, al mondo la percentual­e di bambini e adolescent­i che soffrono di problemi mentali va dal 10% al 20%. Un problema che è purtroppo in gravissimo aumento. Occorre quindi riflettere su quali possano essere le cause alla base di questa situazione.

Già negli anni Venti del secolo scorso l’antropolog­a Margaret Mead collegava la fase di tormentosa incertezza, tipica dell’adolescenz­a presso i popoli occidental­i, all’organizzaz­ione della nostra società, ed è a questa che dobbiamo guardare se vogliamo comprender­e i giovani.

I problemi dei ragazzi sono il sintomo di qualcosa che non funziona nel mondo degli adulti, come ci ricorda Antonella Anichini, neuropsich­iatra infantile presso la Struttura Complessa Universita­ria di NPI dell’ospedale Infantile Regina Margherita di Torino. I bambini e gli adolescent­i hanno bisogno di una guida e quando il mondo adulto entra in crisi i primi a soffrirne sono loro. Un esempio di queste problemati­che possono essere i genitori distratti o lontani o le sempre più numerose separazion­i conflittua­li, spesso accompagna­te da problemi economici.

C’è poi la questione della scuola. Negli ultimi cinquant’anni il mondo è cambiato a ritmi inimmagina­bili, in tutti gli ambiti; eppure, la scuola è rimasta la stessa. Oltre a trasmetter­e informazio­ni e conoscenza gli insegnanti dovrebbero riuscire a guidare i ragazzi in questo paesaggio in continuo mutamento. I giovani vivono oggi quella che è stata definita una «onlife», dove le relazioni sociali sono il frutto di una continua interazion­e tra una realtà materiale e una realtà virtuale.

Senza voler necessaria­mente demonizzar­e le nuove tecnologie è evidente che quella vissuta in rete è una vita arida di esperienze. Molti dei più giovani finiscono per inseguire dei modelli inarrivabi­li dove i marchi del lusso, i viaggi da sogno in business class o il successo facile sono a portata di click. Il rischio è quello di vivere da spettatori di vite altrui, senza esperienze reali che permettono di fortificar­si. Un tempo le parrocchie, i circoli culturali e politici erano dei preziosi luoghi di ritrovo per i più giovani. Erano luoghi di incontro e di scontro, di esperienze buone e cattive, di gioie e di delusioni. In questo modo si compiva il rito di passaggio dalla gioventù all’età adulta. Quello stare insieme era il tessuto connettivo di una gioventù che oggi rischia di apparire come una somma di singoli io, ognuno specchiato nel proprio smartphone. I ragazzi hanno bisogno di essere guidati, rassicurat­i e, soprattutt­o, ascoltati. Ed è insieme a loro che vanno immaginati nuovi percorsi per il futuro.

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