I nostri ragazzi e la loro vita da spettatori
Oggi è la «Giornata nazionale del «Fiocchetto Lilla», dedicata ai disturbi del comportamento alimentare. Un problema divenuto oggetto di attenzione sanitaria per la sua diffusione e per l’esordio sempre più precoce tra le fasce più giovani della popolazione.
Come è stato ricordato ieri in queste pagine non sono però questi gli unici disturbi psichiatrici che affliggono i nostri giovani. Secondo l’oms-organizzazione Mondiale della Sanità, al mondo la percentuale di bambini e adolescenti che soffrono di problemi mentali va dal 10% al 20%. Un problema che è purtroppo in gravissimo aumento. Occorre quindi riflettere su quali possano essere le cause alla base di questa situazione.
Già negli anni Venti del secolo scorso l’antropologa Margaret Mead collegava la fase di tormentosa incertezza, tipica dell’adolescenza presso i popoli occidentali, all’organizzazione della nostra società, ed è a questa che dobbiamo guardare se vogliamo comprendere i giovani.
I problemi dei ragazzi sono il sintomo di qualcosa che non funziona nel mondo degli adulti, come ci ricorda Antonella Anichini, neuropsichiatra infantile presso la Struttura Complessa Universitaria di NPI dell’ospedale Infantile Regina Margherita di Torino. I bambini e gli adolescenti hanno bisogno di una guida e quando il mondo adulto entra in crisi i primi a soffrirne sono loro. Un esempio di queste problematiche possono essere i genitori distratti o lontani o le sempre più numerose separazioni conflittuali, spesso accompagnate da problemi economici.
C’è poi la questione della scuola. Negli ultimi cinquant’anni il mondo è cambiato a ritmi inimmaginabili, in tutti gli ambiti; eppure, la scuola è rimasta la stessa. Oltre a trasmettere informazioni e conoscenza gli insegnanti dovrebbero riuscire a guidare i ragazzi in questo paesaggio in continuo mutamento. I giovani vivono oggi quella che è stata definita una «onlife», dove le relazioni sociali sono il frutto di una continua interazione tra una realtà materiale e una realtà virtuale.
Senza voler necessariamente demonizzare le nuove tecnologie è evidente che quella vissuta in rete è una vita arida di esperienze. Molti dei più giovani finiscono per inseguire dei modelli inarrivabili dove i marchi del lusso, i viaggi da sogno in business class o il successo facile sono a portata di click. Il rischio è quello di vivere da spettatori di vite altrui, senza esperienze reali che permettono di fortificarsi. Un tempo le parrocchie, i circoli culturali e politici erano dei preziosi luoghi di ritrovo per i più giovani. Erano luoghi di incontro e di scontro, di esperienze buone e cattive, di gioie e di delusioni. In questo modo si compiva il rito di passaggio dalla gioventù all’età adulta. Quello stare insieme era il tessuto connettivo di una gioventù che oggi rischia di apparire come una somma di singoli io, ognuno specchiato nel proprio smartphone. I ragazzi hanno bisogno di essere guidati, rassicurati e, soprattutto, ascoltati. Ed è insieme a loro che vanno immaginati nuovi percorsi per il futuro.