Prima assemblea legale nel cortile di Askatasuna: «Diversi, ma ci saremo»
Sopralluogo dei consiglieri il 27 marzo: «Ci sarà un presidio »
Ci sono tanti bambini che giocano, anziani seduti in prima fila e giovani rispettosamente nelle retrovie. Per il primo evento «legale», dopo 27 anni di occupazione abusiva, nel cortile di Askatasuna c’è il pienone. I banchetti che somministrano cibo e bevande (i soldi serviranno a ristrutturare l’immobile di corso Regina Margherita 47) sono confinati all’esterno, nell’area pedonale di via Balbo. Nel giardino, che ieri è diventato ufficialmente «bene comune», si accalcano invece centinaia di persone. Ci sono attivisti del centro sociale, sostenitori esterni e tanti residenti. Tutti desiderosi di ascoltare le prime parole dei leader del centro sociale e capire quale sarà il futuro di Aska.
Nessuna domanda scomoda, ma la curiosità è tanta. «Una cosa la vogliamo chiarire subito — dicono gli attivisti di Aska —. Non sarà il Comune a pagare la ristrutturazione. Tutti i lavori saranno autofinanziati». Non è una novità, ma la precisazione era evidentemente necessaria, anche se nessuno sembra avere la minima idea di quanto potrà costare restituire l’agibilità all’ex asilo Opera Pia Reynero. «Sono in corso le perizie dei tecnici incaricati dal Comune
— aggiungono —. Ci vorranno 60 giorni, ma speriamo che i tempi si possano accorciare». Nel frattempo «Askabenecomune» ha intenzione di continuare la sua attività: «Non ci illudiamo che sarà tutto come prima, ma il centro sociale esiste e resiste. E sarà ancora più aperto». Del resto un presidio dei militanti è sempre rimasto in corso Regina Margherita 47. «Ufficialmente» all’esterno. E, da ieri, può legittimamente spostarsi nel grande cortile, dove è stato posizionato anche un bagno chimico. Le chiavi, frettolosamente, sono state già riconsegnate alla Città, le serrature cambiate. Ma sono in tanti, però, a non credere che nessuno, al di fuori degli autorizzati, entri nello stabile. E proprio per rendersene conto di persona, una commissione del Consiglio comunale di Torino, di cui farà parte anche l’assessore regionale Fabrizio Ricca, effettuerà un sopralluogo il prossimo 27 marzo. Non sarà semplice: «Nessuno vuole impedire ai consiglieri di esercitare le loro funzioni, ma contesteremo con un presidio quei politici che verranno qui a fare campagna elettorale. Non vogliamo strumentalizzazioni e invitiamo la cittadinanza a partecipare e a darci una mano.
Forse non proprio il miglior biglietto da visita per un percorso di pacificazione, ma la platea è maggiormente interessata a conoscere «cosa» diventerà Aska: «Come prevede lo statuto questo sarà un presidio antifascista, antirazzista e antisessista. Ed è la traccia che seguiranno tutte le iniziative. Dal laboratorio artistico alla palestra popolare, passando per le assemblee di cittadini di ogni età. Nessuna dimensione burocratica». Applausi scroscianti, anche dal comitato dei proponenti e da 3 dei 5 garanti (Ugo Zamburru e Max Casacci erano assenti). Alla fine prende la parola la prof di diritto costituzionale di Unito, Alessandra Algostino: «Questa sperimentazione di politica dal basso è interessante ed è particolarmente coraggiosa la posizione del Comune. Soprattutto a Torino, dove spesso assistiamo a un vero laboratorio della repressione».
I cittadini ricordano le tante iniziative intraprese da Aska e le battaglie per la casa e contro lo spaccio. E c’è già il prossimo appuntamento, dal 12 al 14 aprile per il Festival «Altri Modi, Altri Mondi». La conclusione è scontata: «Que viva Askatasuna!».
E ciò nonostante che l’intero iter processuale fosse stato scandito da ben 17 omicidi, da quello del procuratore generale di Genova, Francesco Coco a quello dell’onorevole Aldo Moro.
Il primo e principale protagonista di questa «impresa» fu proprio Guido Barbaro che, anticipando di fatto i tempi del nuovo codice di procedura penale, adottò, di fronte ai tentativi ostruzionistici degli imputati, la tecnica del «muro di gomma» dando spazio, senza consentire che degenerassero, agli interventi diretti e personali degli imputati fino a consentire, sotto il controllo della Corte, la proposizione di domande dirette ai testimoni. Così rispettando fino in fondo persino la loro identità politica, che peraltro non poteva essere più lontana dalle sue personali convinzioni, fortemente ancorate a tutti i valori più tradizionali (famiglia, patria, dovere, onore etc.).
All’epoca, lungi da comportargli riconoscimenti e gratitudine da parte delle Istituzioni, ne ricavò, dalla sua conduzione processuale e anche per la asserita mitezza (che era invece solo espressione di moderazione ed equilibrio) delle pene inflitte, feroci critiche culminate nella affermazione, del ministro dell’interno dell’epoca, che la sentenza era causa di allarme sociale soprattutto per aver disposto, a seguito delle derubricazione di un reato, la scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia cautelare di due imputati (su 46).
A un giornalista che gli chiese un commento in proposito il presidente Barbaro si limitò a rispondere che fino ad allora aveva sempre creduto che l’allarme sociale lo destassero i fatti criminosi e non le sentenze dei giudici.
Sottoposto, nel 1981, a procedimento disciplinare per asserita partecipazione alla loggia P2, venne prosciolto da ogni addebito con una sentenza della Sezione disciplinare del Consiglio che così scrisse di lui: «È fatto notorio… che in quegli anni il dr. Barbaro, divenne, senza ostentazione, simbolo di un consapevole, rischioso adempimento del dovere di magistrato. Non è eccessivo dire che fu in quegli anni rappresentante della civile risposta giudiziaria al terrore delle bande armate».
Ancor oggi, non si potrebbe dire di più e di meglio.
I cittadini ricordano le iniziative di Aska e le battaglie per la casa e contro lo spaccio
Dal 12 al 14 aprile il cortile di Askatasuna ospiterà il festival Altri Modi, Altri Mondi