La storia ASTUT, IL MUSEO DIMENTICATO DELLA SCIENZA
Dalle antiche sale operatorie (allestite) ai simulatori di volo della prima guerra mondiale: l’archivio Scientifico e Tecnologico cerca una nuova sede
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● La collezione, che oggi si trova negli spazi dell’ex Manifattura Tabacchi, comprende 80 mila pezzi di cui 1.500 catalogati
● Nei magazzini si può trovare di tutto: da antiche sale operatorie perfettamente allestite, ai simulatori di volo usati durante la Prima guerra mondiale
Nell’ex Manifattura Tabacchi di Torino è conservato un patrimonio che rischia di essere dimenticato o, peggio, di deteriorarsi. Un tempo visitabile questa preziosa collezione, come altre in città, è in cerca di una sede espositiva. Stiamo parlando dell’archivio Scientifico e Tecnologico (Astut) che raccoglie, conserva e studia gli strumenti scientifici, gli accessori, gli arredi e le carte dell’università di Torino caduti in disuso. Questi oggetti sono la testimonianza di trecento anni di ricerca e di didattica sotto la Mole. Nei magazzini si può trovare di tutto: da antiche sale operatorie perfettamente allestite, ai simulatori di volo usati durante la Prima guerra mondiale fino ai poster dipinti a mano di inizio Novecento e utilizzati durante le lezioni di biologia, antenati delle nostre attuali presentazioni in Powerpoint. L’archivio nasce nel 1992 per volere dell’allora rettore Umberto Dianzani che intuisce la necessità di aver un luogo dove poter conservare i vecchi strumenti scientifici dell’università.
A farci da guida è Mara Fausone, colei che si occupa delle collezioni, che gestisce con impegno e passione un enorme patrimonio di 80 mila pezzi di cui 1.500 catalogati. Dietro a ogni singolo oggetto c’è una storia, un personaggio o una scoperta e conoscere tutto questo è affascinante. Sarebbe impossibile elencare ogni cosa, ma alcuni manufatti incuriosiscono più di altri. Ci sono, ad esempio, gli strumenti che venivano utilizzati, durante la Prima guerra mondiale, per la selezione psico-fisiologica dei piloti. Strumenti dimenticati in un’aula sotterranea per settant’anni e ritrovati per caso. Sono apparecchiature che evocano un capitolo dimenticato della storia recente. Siamo nel 1917 e, dopo due anni di guerra, ci si rende conto che molti aerei cadevano, non a seguito di un attacco del nemico, ma perché alcuni piloti non erano idonei. Qualcuno non reggeva il cambio di pressione improvvisa e sveniva durante il volo, altri erano daltonici e, per questo, non riuscivano a individuare la pista. Si decide quindi di creare a Torino il centro per la selezione dei piloti perché qui, già a fine Ottocento, il fisiologo Angelo Mosso studiava l’adattamento dell’organismo in quota portando i soldati in montagna. Tra gli strumenti conservati c’è una «campana ipobarica», nella quale veniva inserito l’aspirante aviatore e, grazie a una pompa di aspirazione, si simulava la rarefazione dell’aria in quota. L’archivio possiede anche circa tremila fotografie dei giovani che hanno sostenuto quelle prove. Sono volti anonimi e un’impresa interessante sarebbe quella di riuscire ad associare quelli immagini a dei nomi. All’astut si possono anche trovare gli unici due simulatori di volo della Prima guerra mondiale rimasti al mondo. Nell’archivio trovano
Inaccessibile In alto, un’immagine degli spazi dell’astut, l’archivio Scientifico e Tecnologico che si trova nell’ex Manifattura Tabacchi; qui a fianco, un’antica macchina fotografica; in basso, un simulatore di volo utilizzato durante la prima guerra mondiale casa oggetti legati a tutte le discipline e a tutto ciò che è stato insegnato nelle aule universitarie da inizio Ottocento ad oggi. Dalle prime macchine fotografiche a soffietto al primo apparecchio digitale con una fessura per la memoria gigante. Ci sono anche i primi microscopi cinematografici utilizzati per studiare ciò che a occhio nudo non si poteva vedere. Negli antichi filmati realizzati da quella sofisticata apparecchiatura si possono ammirare cellule che, come in una danza ritmata, si muovono e si riproducono. C’è poi una strana bilancia umana, un lettino di legno posizionato su un bilanciere. Il già citato Angelo Mosso sistemava una persona su questo marchingegno e poi, a bruciapelo, gli rivolgeva delle domande come: «Quanto fa sette per otto?». Voleva cercare di verificare se, quando c’è l’attività celebrale, arriva più sangue al cervello. Uno degli oggetti più curiosi conservati è una strana scatola metallica che negli anni Cinquanta permetteva di proiettare la trasmissione «Lascia o raddoppia?» nelle sale cinematografiche, quando i televisori erano ancora poco diffusi. E, rimanendo sul grande schermo, le case cinematografiche chiedono spesso in prestito gli strumenti dell’archivio per riprodurre scene del passato. Come la fiction di successo «Cuori», che racconta gli albori della cardiochirurgia torinese. Fa parte della collezione anche il «museo merceologico» che raccoglie tutto ciò che veniva commercializzato: campioni di legni, pezzi di carboni, marmi, coloranti per tessuti, plastiche, manufatti in arrivo dalle colonie, ma anche centinaia di piante officinali, come quelle utilizzate per il Vermouth di Torino.
L’archivio Scientifico e Tecnologico ha il diritto di prelazione su tutto ciò che l’università dismette. La filosofia è quella di raccogliere e conservare anche gli oggetti più recenti perché quello che oggi ci sembra lo strumento del futuro, ben presto diverrà un reperto storico. Ricorda Mara Fausone: «Gli antichi strumenti che conserviamo hanno una particolare cura perché, oltre a essere utili, dovevano essere anche belli. Gli strumenti che vengono dopo sono meno affascinanti perché sono certamente molto più semplici ma alla fine sono tutti un po’ uguali».
Nell’ex Manifattura Tabacchi sono custoditi 80 mila pezzi di cui 1.500 catalogati