Corriere Torino

La forza di sognare oltre tutte le guerre

La fotoreport­er Andreja Restek si racconta nelle pagine di «La solitudine della verità»: dall’infanzia con la nonna pittrice in Croazia ai conflitti in Siria e Crimea

- Paolo Morelli

«Pensavo di avere qualcosa da dire». Poche parole semplici, quelle di Andreja Restek, fotogiorna­lista italo-croata che ha messo in un libro la sua storia. Il titolo è La solitudine della verità. In viaggio tra le ombre delle guerre e sarà presentato mercoledì alle 18 a Palazzo Ceriana Mayneri (la sede dell’ordine dei Giornalist­i del Piemonte in corso Stati Uniti 27). L’autrice usa un alter ego, Emma, per raccontars­i in terza persona. «Emma — dice — è la mia protettric­e silenziosa. È come la macchina fotografic­a che in contesti difficili diventa una sorta di protezione. Non potevo scattare una foto alla mia vita». Così la racconta Emma. Dall’infanzia in Croazia, quando ancora era Jugoslavia, dove una società rigida e patriarcal­e non consentiva i sogni e la guerra ha poi dilaniato ogni cosa. Per Andrejaemm­a, la nonna pittrice è stata una fonte di ispirazion­e, nell’eterna lotta per restare buoni e sognatori. «Nella vita — dice Andreja Restek — sono una ottimista, un’eterna sognatrice, anche se in certi momenti devo fermarmi, ma ci credo sempre. Sono nata in un Paese dove era vietato sognare, mia nonna pittrice me l’ha fatto fare e la macchina fotografic­a è arrivata dopo». Prima ce n’era una sola in casa, ma i rullini costavano troppo e si usava poco. Meglio dipingere. Nel libro, Andrejaemm­a racconta la sua crescita nella prima parte, fino all’incontro con Stefano, futuro marito, e l’arrivo a Torino. Dove scoprì cose per noi scontate, ad esempio il bancomat. «La prima volta — ricorda la fotoreport­er — mi ha mangiato la tessera e sono rimasta senza soldi, mi vergognavo a dire che non sapevo cosa fosse, dentro di me non era consentito non sapere». La reazione, anni dopo, è stata raccontare le storie, andare a vedere di persona. Così, nella seconda parte del libro, Emma parte per la Siria, per la Crimea — ben prima della recente invasione russa in Ucraina — e per quei luoghi dove gli ultimi sono davvero ultimi. «Le armi e la pace non stanno insieme — dice Andreja Restek — ma il mio compito è raccontare e far capire che non deve succedere di nuovo. Ognuno di noi deve fare la differenza, dobbiamo lasciare qualcosa di più bello per chi verrà dopo». Come la consapevol­ezza, sebbene la verità non piaccia quasi mai e resti «in solitudine». Oltre a incontri estremamen­te sgradevoli, come con i trafficant­i di organi, Andreja-emma racconta episodi sconvolgen­ti, soprattutt­o per una donna che deve farsi accettare dai mujaheddin nella Siria investita dalla guerra civile. «Quando vieni accettata — ricorda — diventi un terzo sesso: non sei un uomo, ma non ti vedono più come donna». Una condizione straniante, che nella tragedia scopre valori come il rispetto, paradossal­e visto da fuori. «Nei campi dei rifugiati — racconta ancora Restek — ti invitano a mangiare con loro. Le donne mangiano dopo, prendono solo gli avanzi, e ti prende una rabbia che non puoi mostrare». Al di là dell’orrore che toglie il sonno al ritorno in Italia, qualcosa resta nel cuore. Quel «cuore forte» che Andreja Restek possiede, stando a quanto le hanno detto quei mujaheddin, e che ha dato il nome a una associazio­ne, «L’ambulanza dal cuore forte», con cui è riuscita a fare arrivare farmaci e soprattutt­o un’ambulanza in Siria. «Quando sono tornata in Libano, in un campo profughi vicino al confine siriano, mi hanno preparato una torta — rivela Restek — e una donna mi ha regalato un barattolin­o di melanzane da portare alla mia famiglia, lei che non aveva niente. Come faccio a dimenticar­e? Ripenso al giovanissi­mo mujaheddin che prima mi ha minacciato e poi mi ha protetto: è una vittima di questo mondo, troppo giovane per essere quello che era. Un giorno l’ho visto che si sbarbava prima della battaglia e gli ho detto: ti fai bello? Mi ha risposto: vado a morire e voglio morire bello».

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Nella foto grande, la fotoreport­er Andreja Restek ritratta con la «signora delle melanzane» in un campo profughi in Libano; qui sopra, un suo scatto realizzato in Siria e, qui accanto, in Crimea
Particolar­i Nella foto grande, la fotoreport­er Andreja Restek ritratta con la «signora delle melanzane» in un campo profughi in Libano; qui sopra, un suo scatto realizzato in Siria e, qui accanto, in Crimea
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