È un azzurro sbiadito quello di Chiesa e Locatelli Prove di risalita negli Usa
I due juventini sono alle prese con un’involuzione preoccupante
Non è un azzurro tenebra, il titolo di un noto romanzo a sfondo calcistico di Giovanni Arpino, ma è un azzurro sicuramente sbiadito quello degli juventini Locatelli e Chiesa. I due campioni d’europa sono alle prese con una involuzione che li ha resi praticamente irriconoscibili. Entrambi sono fuori ruolo, al centro di un grosso equivoco tattico. Manuel si è dovuto trasformare in un regista, arretrando molto il suo raggio di azione, dopo aver dato il meglio di sé da mezzala d’assalto; Federico è alle prese con il mestiere poco gradito di seconda punta, lui che è un attaccante esterno da tridente.
C’era una volta un centrocampo di qualità assoluta, c’erano una volta Pirlo, Vidal, Marchisio e Pogba. Oggi il tasso tecnico è crollato. Il gioco del Loca continua a stagnare, non decolla. Nelle ultime due stagioni con un solo gol all’attivo, la sua regia è apparsa prevedibile, compassata. E il nervosismo palesato due giornate fa contro l’atalanta, quando battibeccò in campo proprio con Chiesa, è l’immagine della stessa Juve.
L’attaccamento di Locatelli alla causa bianconera non si discute: del resto in cameretta aveva i poster di Nedved, Del Piero e Buffon. Ma serve moldimento to di più, specie per chi è costato 37,5 milioni di euro di cartellino. Manuel deve alzare alla svelta i giri. E prendere per mano la squadra, assicurandole personalità e leadership. Stesso discorso per Chiesa, altro juventino che cerca rilancio nelle prossime amichevoli della Nazionale negli States (domani con il Venezuela, domenica con l’ecuador). Il figlio d’arte in scadenza nel 2025 (la questione rinnovo per ora è impantanata) è uno dei bianconeri più deludenti dell’allegri-2. Sulla carta è probabilmente il migliore giocatore italiano. In campo però, complice una condizione fisica intermittente dopo il brutto infortunio di più di due anni fa, il suo renpunti è spesso insufficiente. L’avvio di stagione fu tanto buono quanto illusorio, con 4 gol nelle prime 5 giornate (oggi è a quota 7 reti). «Chiesa secondo me è un attaccante. Farlo giocare da esterno è riduttivo, si isola troppo. Quest’anno deve fare 14-16 gol», disse ad agosto Allegri. Dopodiché è cominciato un lento e malinconico declino. Poche sgasate, poco feeling con Allegri, l’intesa con Vlahovic che non decolla. I fischi dello Stadium e pure la concorrenza di Yildiz, però eclissatosi da un paio di mesi.
Chissà che l’azzurro non aiuti Chiesa a riprendersi la Juve. Percorso opposto per Kean, che vuole sfruttare il trampolino bianconero per rituffarsi nell’azzurro perduto. L’italiano più deludente della pattuglia di Allegri è proprio lui, Moise, ancora fermo a zero gol. Il classe 2000, alla ripresa dopo la sosta, dovrà sfruttare l’assenza di Vlahovic (squalificato) e Milik (infortunato) per riscattarsi. Lo scorso gennaio saltò il passaggio di Moise all’atletico Madrid. In estate, visto il contratto in scadenza nel 2025, sarà cessione a titolo definitivo o rinnovo con probabile partenza in prestito.