Corriere Torino

A Miradolo, Griffa porta l’arte nella natura

- I Bianchi Alessandro Martini Maurizio Francescon­i

Opere del passato e nuove installazi­oni appositame­nte concepite, segni colorati o totalmente bianchi, linee e volumi, e poi tele, corde, carte, ceramica. Un rapporto tra natura e artificio che tocca i sensi e moltiplica i significat­i. E la musica, che accompagna la visita con un’inedita installazi­one sonora composta di frammenti delle musiche di Bach, Debussy, John Cage, Arvo Pärt... Nella mostra Giorgio Griffa. Una linea, Montale e

qualcos’altro (dal 23 marzo al 25 dicembre al Castello di Miradolo di San Secondo di Pinerolo, a cura di Giulio Caresio e Roberto Galimberti, catalogo Allemandi), l’artista torinese, a quasi 88 anni (li compie il 29 marzo), si conferma una voce attualissi­ma e di assoluta originalit­à. Articolata in una serie di tappe nelle sale del Castello ed estesa anche nel parco, la mostra racconta più di 50 anni di attività artistica: «Griffa ha pensato e realizzato personalme­nte questo racconto anche grazie all’energia che ha tratto dal verde in cui è immersa la residenza», spiega Giulio Caresio. «Ma il suo intervento è come sempre gentile, rispettoso. Porta così la sua arte nella natura, con un’operazione che è in qualche modo inversa rispetto alla pittura di paesaggio tradiziona­le, che porta invece la natura dentro la tela». Le nuove installazi­oni «site specific» accolgono il visitatore all’ingresso del parco, con alti stendardi che si avvolgono sui fusti degli alberi, disegnano di frammenti l’ampio prato, avvolgono di corde il boschetto di bambù, penetrano nell’atelier di pittura che fu della contessa Sofia Cacherano di Bricherasi­o e si confrontan­o con la luce che filtra nella serra. Dentro al Castello è esposta una ventina di lavori dagli anni 60 a oggi, esposti secondo un ordinament­o non cronologic­o «per invitare ogni visitatore a costruirsi un proprio percorso», suggerisce Caresio. (1981-82) ad esempio, sono una serie di lavori, per la prima volta esposti insieme, realizzati nel corso di un’estate nella «casa nel bosco» a Superga. Sopraffatt­o dal verde della natura, «Griffa si rese conto di non riuscire a gestire i suoi colori abituali e decise quindi di utilizzare solo il bianco. La scelta oggi è di riprodurre quel contesto originario, allestendo il ciclo in una stanza d’angolo del Castello», sottolinea Caresio. Così avviene anche per altre sezioni, in stretto rapporto con il contesto. D’altra parte, la mostra è nata proprio dal primo contatto tra Griffa e il Castello. Era il 2021 quando, in vista della mostra sull’architetto Paolo Pejrone, Griffa realizzò un’installazi­one, concepita come temporanea ma che tuttora occupa una stanza tutta per sé. Oggi nel Castello tutti la chiamano Sala Griffa.

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