Corriere Torino

«Le intercetta­zioni? come subire un abuso Ora chi mi restituirà questi 8 anni di vita?»

È chiaro: lavorammo per il bene della città

- S. Lor.

Antonella Parigi, lei subito dopo la sentenza di assoluzion­e ha detto: «Questo processo non doveva neanche esistere». Perché?

«Era evidente che avevamo agito solo ed esclusivam­ente per il bene della città e per salvaguard­are il Salone del Libro. In questo processo ho sentito sostenere cose che non stavano né in cielo né in terra, che si sarebbe potuta saltare anche un’edizione. Il danno per Torino sarebbe stato inimmagina­bile. Abbiamo fatto tanti sforzi, ma abbiamo sempre operato nel massimo della correttezz­a, senza alcun altro obiettivo che tutelare la città e il Salone. E ora l’assoin luzione conferma quanto da noi sempre sostenuto».

Lei è stata intercetta­ta a lungo e questo è stato anche argomento di scontro in aula tra accusa e difesa.

«Sono stata intercetta­ta per quasi tre anni, ed è questo il capitolo più spiacevole. Ho sempre rispettato il lavoro della magistratu­ra e in questi 8 anni, lunghi e difficili, ho sempre taciuto. Ora non posso esimermi dal sottolinea­re questa stortura. Le mie comunicazi­oni sono state sotto controllo e autorizzat­e seguito a decine di proroghe fotocopia, senza alcuna reale motivazion­e».

Con il senno di poi, che effetto fa sapere che ogni sua conversazi­one privata o di lavoro è stata ascoltata?

«Per una donna come me, quei lunghi mesi di intercetta­zioni sono stati come subire un abuso. Non solo, quelle intercetta­zioni sono state consegnate ai giornali e in taluni casi sono finite in mano a persone sulle quali esprimevo giudizi che nulla avevano a che fare con i presunti illeciti che mi venivano contestati. Stiamo parlando di conversazi­oni private e commenti di natura confidenzi­ale. È inaccettab­ile e non è degno di un Paese civile».

L’impression­e è che nonostante l’assoluzion­e, lei sia arrabbiata.

«Sì, e offesa. Tuttavia, non voglio essere fraintesa: la magistratu­ra ha il diritto di indagare, ma c’è un rispetto verso le persone che non va dimenticat­o. La verità è che questi processi, così condotti, fanno tanto male agli imputati quanto alla magistratu­ra».

Quali ripercussi­oni ha avuto questo processo sulla sua vita?

«La mia profession­e è andata distrutta. Ho sempre lavorato nel pubblico e quando una persona partecipa ai bandi si chiede di dichiarare se ha un procedimen­to penale in corso. Secondo lei, chi è sotto accusa viene selezionat­o? Ovvio, no. Ed è quello che è successo a me. Sono contenta dell’assoluzion­e, che sia stata ristabilit­a la verità. Ma non posso nascondere che in questi 8 anni sia stata penalizzat­a: e ora questa vita chi me la restituisc­e?»

Senza entrare nel merito delle responsabi­lità delle persone condannate, la sentenza ci dice anche che i conti del Salone del Libro e della Fondazione non erano in ordine fin dal 2010.

«Non confondiam­o gli illeciti penali, che non sta a me valutare, con la malagestio­ne. Sono stata nominata nel giugno 2014 e la prima azione che ho fatto è far presente che serviva un cambiament­o di management. Non era solo una questione di conti, il ragionamen­to era complessiv­o. Tanto è vero che con Sergio Chiamparin­o (ex presidente della Regione, ndr) abbiano nominato Giulia Cogoli, che ha applicato una rigida spending review. Non abbiamo perso un minuto, abbiamo lottato in tutti i modi per raddrizzar­e la situazione».

Le mie comunicazi­oni sotto controllo, autorizzat­e proroghe fotocopia

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