«Il mio piano, da Rino Gaetano a Philip Glass»
Verrebbe da chiamarla musica «poligonica». Due mesi dopo The Triump of the Octagon,
la sua nuova composizione presentata da Riccardo Muti con la Chicago Symphony Orchestra al Lingotto, Philip Glass torna protagonista in città: questa volta attraverso il disco Dodecagon di Arturo Stalteri, che raccoglie brani del grande compositore minimalista americano reinterpretati al pianoforte. Stalteri lo presenterà domani sera al Circolo dei lettori.
«Questo progetto è stata una sorpresa», racconta. «Alla fine degli anni Novanta avevo inciso un album dedicato a
Glass, Circles, che era andato molto bene. Un anno e mezzo fa mi chiama Richard Guérin della Orange Mountain Music, l’etichetta di Glass, e mi dice che gli sarebbe piaciuto pubblicare Circles sul sito. Era da un po’ che volevo rifarlo, allora ho colto la palla al balzo: gli ho proposto di registrarlo di nuovo».
Quali sono le novità? «Oltre ai 25 anni di tecnica e maturità in più, ho cambiato una delle Metamorphosis, aggiunto uno studio che Glass ha composto di recente e arricchito la parte su North Star, una suite del 1977 per organo e sintetizzatori che avevo trascritto per più pianoforti. C’è un brano in più, Ange des
Orages, che in Circles non avevo osato registrare».
Come mai il titolo Dodecagon?
«L’ha deciso Glass. Il disco è uscito sulla sua etichetta discografica e ha avuto un bel successo. Oltre duecentomila streaming in una settimana. Forse ci sarà la possibilità di presentarlo in autunno negli Stati Uniti».
Intanto, c’è Torino. Cosa suonerà domani?
«Otto brani dell’album. Con l’aiuto di qualche base: nel disco ci sono troppi pianoforti perché riesca a suonarli tutti contemporaneamente. Mentre gli eventuali bis li deciderò sul momento».
Potrà attingere a un serbatoio profondo: in carriera lei è passato dal prog con i Pierrot Lunaire, alla classica di Chopin, al pop d’autore con Rino Gaetano. È vero che l’introduzione al piano di Ma il cielo è sempre più blu è sua?
«Sì, il suo primo disco non era andato molto bene e il produttore decise di farlo incontrare con me e Gaio Chiocchio, per provare qualcosa di diverso. Rino ci suonò Ma il
cielo è sempre più blu con la chitarra acustica, iniziammo a improvvisare e l’introduzione venne subito. “Troppo semplice?”, gli chiesi e lui mi rispose: “Non toccarla, funziona proprio perché è semplice”. Rino era un arrangiatore formidabile, senza aver fatto studi particolari: la sua formazione erano i suoi ascolti».
Il titolo dell’album? L’ha deciso Glass Per Rino Gaetano avevo scritto l’introduzione di Ma il cielo è sempre più blu