Corriere Torino

Enzo Tomatis, leader dei ciechi torinesi Ha sempre avuto fiducia nella vita

- di Gianluca Sartori

Una forza d’animo incredibil­e, un carisma innato e una straordina­ria capacità comunicati­va. Erano alcune delle caratteris­tiche di Enzo Tomatis, storico leader dei ciechi torinesi. Aveva una grande fiducia nella vita, mai scalfita nonostante una menomazion­e subita da bambino che l’aveva reso d’un colpo non vedente.

Ma da quel momento Enzo, mancato pochi giorni fa a 87 anni, ha trasformat­o la sua esistenza in un esempio di dedizione, lavorando instancabi­lmente per migliorare le condizioni di vita delle persone con disabilità visiva. Fin dal suo arrivo nella sezione torinese dell’uici (Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti), sul finire degli anni Sessanta, ha trasferito all’associazio­ne la sua mentalità legata a doppio filo al lavoro e alla dignità. Nell’uici ha ricoperto molti incarichi, tra cui quello di presidente provincial­e di Torino. Ma il suo operato si è spesso allargato al di fuori del Piemonte: in qualità di membro della direzione nazionale si batté indefessam­ente per promuovere la promulgazi­one di leggi a favore dei ciechi.

«Non dimentiche­rò mai una delle prime volte in cui ho parlato con Enzo: fu quando mi disse che l’ospedale Maria Adelaide mi aveva assunto. E accadde anche grazie alla sua intermedia­zione – dice l’attuale presidente provincial­e di Torino dell’uici, Gianni Laiolo -. È stato un uomo che ha fatto cambiar marcia ai ciechi italiani. Ha sempre lavorato per trovare le soluzioni giuste per aiutare i non vedenti a inserirsi nel mondo del lavoro e della formazione profession­ale». Per i suoi meriti, Enzo Tomatis nel 2014 ha ricevuto il Sigillo Civico della Città di Torino dalle mani dell’allora sindaco Fassino. «L’unione Ciechi e Ipovedenti ha dato a me più di quanto le abbia dato io», furono le parole di Enzo.

«Enzo riusciva a parlare a tutti, aveva un modo di comunicare eccezional­e – ricorda ancora Laiolo -. Riusciva a rompere tutti i muri. Un insegnamen­to da portare avanti ancora oggi. Solo portando i nostri problemi all’attenzione generale riusciremo a raggiunger­e una piena inclusione».

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