«Sesso, alcol e droga nella storia dell’arte»
Claudio Pescio racconta storie di artisti e di opere, tra Rinascimento e primi del 900, attraverso scene curiose e a volte scandalose, bizzarre e trasgressive
La storia dell’arte può essere appassionante, e anche esserlo in modo ironico, divertente, malizioso. Ai limiti dello scabroso, e talvolta oltre. Perché la storia dell’arte ha illustrato, condannato e talvolta esaltato ogni tipo di vizio e addirittura perversione, dal sesso (in molte delle sue pratiche e varianti) all’esibizionismo, dai bordelli al vino, alle droghe. Ben lo racconta, con tono leggero e profonda conoscenza della materia, Claudio Pescio in Paradisi proibiti. Storie di sesso, alcol e droga nelle opere d’arte
(Giunti) in cui racconta storie di artisti e di opere, tra Rinascimento e primi del 900, attraverso scene curiose e a volte scandalose, iconografie bizzarre e trasgressive, nel segno dell’ambiguità. «Sono specchi che riflettono le umane debolezze», spiega Pescio. «E a me l’arte interessa in quanto “documento”, capace di parlare di società, ideologie, convenzioni, moralismi, censura e autocensura».
Il nudo, e quindi il sesso, sono da sempre protagonisti nell’arte, e ancor di più nelle opere da lei raccontata.
«Il mio libro fa emergere l’alto tasso di furbizia degli artisti, che ad esempio rappresentano soggetti biblici e mitologici per mostrare con maggiore libertà il nudo o situazioni licenziose. Pensiamo alla vicenda di Candaule, della Lidia, raccontata da Erodoto e ripresa da molti pittori tra cui Jean-léon Gérôme nella metà 800. Il re ha una moglie bellissima ed è molto seccato di essere il solo a vederla nuda. Invita quindi il suo luogotenente Gige, ovviamente un po’ perplesso, in camera da letto perché possa guardarla mentre si spoglia. Lei se ne accorge e si vendica del marito ingannatore, inducendo Gige a ucciderlo. Inutile dire che la storia è poco più che un pretesto per raffigurare le nudità della regina...».
I luoghi comuni relativi al «genere» dominano la pittura che lei racconta. Anche l’arte ha contribuito alla «normalizzazione» della violenza sulle donne?
«Certo. Pensiamo al rapporto predatore-preda nella pittura mitologica con satiri e ninfe, alla violenza (rimossa e ammantata di romanticismo) nella rappresentazione degli amori tra gli dei, a Zeus “infatuato” di decine di donne più o meno divine... Ma sono rarissime le opere che rappresentano una violenza reale. Ne inserisco una nel libro, molto forte e sorprendente: Stupro di una giovane donna nera (1632) dell’olandese Christiaen van Couwenbergh, esposto a Strasburgo. Il museo si interroga periodicamente se rimuoverlo, per il timore che possa offendere la “sensibilità” dei visitatori...».
Nell’ambito delle «trasgressioni», come sono state raccontate le droghe?
«Rispetto al sesso, la raffigurazione di alcol e droghe è più recente. L’assenzio in particolare è la bevanda dominante nella Francia di Baudelaire e degli impressionisti. Ne abusano anche Van Gogh e Toulouse-lautrec, che lo conserva nascosto nel suo bastone da passeggio. Proprio sul tema delle droghe, recentemente il presidente americano ha accusato la Cina di aver invaso il mercato del suo Pese con l’oppioide Fentanyl. Una vicenda simile, ma a parti invertite, era già accaduta nell’800 con le fumerie d’oppio, raccontate in molte raffigurazioni. Ma furono gli inglesi a imporlo come moneta negli scambi commerciali, anche attraverso le famose guerre dell’oppio».
Chi sono gli artisti che dipingono queste opere «scandalose»?
«Uno degli artisti che, dal Rinascimento, dà il via alla laicizzazione e all’erotizzazione dell’arte è Tiziano, ma ci sono anche Tintoretto, Veronese, Poussin. E poi il 600 olandese e ovviamente tutto il 700 francese, licenzioso e libertino, da Fragonard a Watteau e Boucher. Fino a Courbet e oltre. Tra i più “insospettabili” c’è uno scrittore come La Fontaine, celeberrimo per le sue favole moraleggianti ma autore anche di racconti boccacceschi, a cui la pittura si ispira ampiamente. C’è molto divertimento in questa arte. E ho cercato di metterla in luce nel mio libro».
Furbizia
Il mio libro fa emergere l’alto tasso di furbizia degli artisti, che ad esempio rappresentano soggetti biblici per mostrare il nudo o situazioni licenziose