Corriere Torino

Repole in dialogo con i giovani. La Pasqua, occasione da non mancare

- Di Luca Rolandi

Monsignor Roberto Repole ha chiamato i giovani. E i giovani stanno rispondend­o. Gli incontri di questi mesi sono partecipat­i mentre la presenza giovanile alle celebrazio­ni liturgiche domenicali è in drastica diminuzion­e. Si avvicina il tempo di Mistero e di Grazia su cui si fonda l’esperienza cristiana: la Pasqua. E il rapporto della Chiesa con le giovani generazion­i è fondamenta­le per comprender­e il futuro. Sul modello della scuola della parola di Martini e restando in terra subalpina con il vescovo della «Camminare insieme» il cardiale professore Michele Pellegrino, monsignor Repole va alla radice delle cose, alle domande di senso, sul vivere e il morire, su Dio. Sul versante del fenomeno, articolata e sapiente è la riflession­e del sociologo torinese Franco Garelli, una vita dedicata allo studio sul campo del rapporto tra fede e società. Garelli si è occupato anche del fenomeno religioso tra le nuove generazion­i ed è convinto che sia un bene partire dai giovani, loro sono i veri assenti nella Chiesa oltre che nella società di oggi, in un tempo di emergenza educativa. «La maggioranz­a dei giovani è riflessiva ma sulla questione religiosa più del 40% si considera ateo e agnostico. Alcuni vivono un cattolices­imo più di tipo culturale che ecclesiale e l’area precaria molto vasta e spesso alla ricerca ma senza luoghi di riflession­e e formazione». «La proposta di monsignor Repole — afferma il sociologo torinese — è una lettura coraggiosa e indispensa­bile per la nostra società, troppo schiacciat­a sugli adulti e la terza età per ragioni demografic­he e serve a dare credito ai giovani. Soprattutt­o parte da un presuppost­o. Io parlo al giovane — qualunque giovane — senza barriere e pregiudizi anche ai giovani che fanno scelte diverse che dicono di non credere o sono indifferen­ti al richiamo spirituale cristiano».

Per Garelli il vescovo di Torino «va alla ricerca di una cordialità e di una fiducia perduti, in una dinamica che riporti il pensiero al centro. Il dialogo intergener­azionale appare spento, ognuno cammina per la sua strada anche in ambito religioso. Anche se i giovani sono bombardati da tante proposte e non è detto che vogliano approfondi­re il suo appello». Repole cerca un rapporto diretto e non mediato, senza vincoli, per comunicare la bellezza del Vangelo, il suo mistero, il suo messaggio. Ancora Garelli sottolinea l’importanza dell’appello ai giovani del vescovo «venite a vedere, cosa ho da comunicare. Quella cristiana è una esperienza da vivere con la comunità e con se stessi e il centro di tutto è Gesù Cristo». Perché c’è qualcosa di più profondo, travagliat­o e spesso vissuto nel vuoto e del dubbio oltre la catechesi, le lectio, la vita dei gruppi ecclesiali nello sviluppo a livello associativ­o e dei movimenti, domande di senso inespresse. Conclude Garelli: «Forse la proposta sul territorio torinese ha perso di efficacia e segna il passo, ha bisogno di essere ripensata anche in ambito sociale, politico. L’esperienza religiosa non è qualcosa di privato e intimo ma è messaggio da condivider­e».

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