«Progettiamo e creiamo senza perdere di vista il nuovo contesto climatico»
Albena Kostantinova Yaneva: «Da 20 anni questa è la mia sfida»
Il desiderio di internazionalizzazione che il Dipartimento di Architettura e Design di Torino intendeva dotarsi e offrire ai propri studenti ha segnato una tappa importante con l’arrivo di Albena Kostantinova Yaneva.
Professoressa di teoria architettonica e già direttore del Manchester Architecture Research Group (MARG). È stata Visiting Professor presso la Princeton School of Architecture e il Politecnico di Torino. La sua ricerca attraversa i confini degli studi scientifici, dell’antropologia cognitiva, della teoria architettonica e della filosofia politica.
Ha lavorato con Bruno Latour, noto sociologo e antropologo, sul modo di gestire la vita collettiva umana e non, esaminando il ruolo della materia nella pratica del design e per ridefinire le forme sociali, politiche ed etiche che agiscono nelle città.
Professoressa Yaneva la ricchezza della formazione culturale degli architetti era già una preoccupazione di Vitruvio. Come si concilia il metodo di Bruno Latour, con l’architettura e come intende proporlo?
«Bruno Latour non si è impegnato direttamente con l’educazione architettonica. Tuttavia la sociologia è fondamentale per gli architetti. Nel corso del loro lavoro facilitano la costruzione di relazioni sociali e aiutano a modellare le società. Il lavoro di Latour ha guadagnato popolarità tra gli architetti per una serie di ragioni: in primo luogo, vi è l’architettura come pratica sociale. In secondo luogo, i professionisti dell’architettura mettono sempre più in discussione le concezioni e le convinzioni in relazione alle conoscenze, all’innovazione e alla creatività che sono comunemente date per scontate. In terzo luogo, c’è il riconoscimento attivo degli oggetti, dei materiali e delle tecnologie nel processo di progettazione e abitazione. Al Dipartimento di Architettura e Design di Torino, c’è stato molto interesse per l’approccio pragmatico di
Fondamentale per gli architetti. Nel corso del loro lavoro facilitano la costruzione di relazioni
Bruno Latour, che ho introdotto attraverso il mio lavoro».
Sapere come gli architetti pensano, conducono esperimenti, interagiscono e collaborano è una forma di etnografia delle pratiche architettoniche.
«Tendiamo a guardare il prodotto finale del design e a spiegarlo con fattori esterni (culturali, politici, sociali). Tracciamo nessi causali tra l’architettura da un lato e la Società dall’altro. Tuttavia, valutare l’impatto di fattori,contesto esterno sulla progettazione, contenuto può fornire una migliore comprensione dell’architettura. Non dovremmo limitare la nostra analisi ai discorsi di designer e alle loro invenzioni, ma dovremmo piuttosto cercare di osservare le loro pratiche quotidiane e cogliere la diversità del processo creativo: le sfide, gli errori, le scelte quotidiane, reti professionali. Se esaminiamo attentamente le pratiche di progettazione degli architetti piuttosto che le loro grandi teorie e ideologie, se diamo priorità alle azioni e non ai discorsi, saremo in grado di acquisire una comprensione più realistica delle sfide e della posta in gioco nel processo di progettazione. Questo è quello che faccio da circa 20 anni».
Un architetto quando progetta o costruisce un edificio o trasforma un paesaggio o una città, deve avere in mente un più ampio orizzonte? Vige ancora la supremazia del bene comune, della publica utilitas?
«I designer e gli educatori del design sono nella posizione migliore per farlo e per produrre resoconti alternativi delle trasformazioni ambientali. Dopotutto, nuove azioni sul cambiamento climatico sono possibili solo se riusciamo a rappresentare queste complesse questioni ambientali nelle loro molteplici scale, gravità e durata. Invece di agire “contro” il cambiamento climatico in modo militante, gli architetti possono agire “dall’interno” sensibilizzando sull’importanza di condividere il pianeta con altre specie (con i “non umani” come direbbe Bruno Latour). La nostra missione come educatori del design è sostenere un nuovo ruolo per la progettazione architettonica: come un potente apparato per ripensare e re-immaginare il regime climatico».
I designer producono resoconti alternativi delle trasformazioni ambientali