Corriere Torino

SCRIVERE I LIBRI DEGLI ALTRI

I ghostwrite­r sono autori anonimi e pubblicano volumi per conto terzi E tra loro compare anche il torinese Franco Amato

- Di Dario Basile

«Ogni vita merita un romanzo», scriveva Gustave Flaubert, ed è forse per questo che in Italia sembrano esserci più scrittori che lettori. Oggi, grazie alle nuove tecniche di stampa digitale, si pubblicano sempre più titoli ma, nonostante questo, quelle che arrivano in libreria sono solo una minima parte delle proposte editoriali che le case editrici ricevono quotidiana­mente. È molto diffuso anche il self publishing. Pubblicare un libro con impresso il proprio nome in copertina è il sogno proibito di molti, anche di chi non ha capacità di scrittura. E così alcuni si rivolgono ai ghostwrite­r, un mestiere poco conosciuto nel nostro

Paese forse perché, per sua natura, è votato alla riservatez­za. Sono autori anonimi che scrivono libri per conto terzi. A rivolgersi ai ghostwrite­r sono personaggi più o meno noti che, oltre ai libri, si fanno scrivere anche i discorsi.

Enrico Nori, uomo coltissimo e forse il primo ghostwrite­r italiano, scriveva discorsi per Gianni Agnelli e Cesare Romiti. Tra i ghostwrite­r a cui potersi rivolgere, se si ha il sogno di un libro nel cassetto, c’è il torinese Franco Amato. Il nostro protagonis­ta, in realtà, preferisce farsi chiamare «personal writer», scrittore personale. Classe 1962 Amato ha fatto per trent’anni il manager della comunicazi­one per diverse aziende e coltiva fin dalla più tenera età la passione della scrittura. Scriveva anche i temi per i suoi compagni di scuola, mai immaginand­o che un giorno proprio quello sarebbe divenuto il suo mestiere. Dopo una vita pastante sata a preparare articoli, presentazi­oni e discorsi nelle aziende in cui ha lavorato, decide di licenziars­i e di dedicarsi a tempo pieno alla sua attività preferita: scrivere libri per gli altri. Il primo libro scritto per un altro è quello per un appassiona­to di viaggi in Nepal, desideroso di raccontare le sue esperienze e le sue avventure, tra cui la complessa scalata del Nanga Parbat. Italiani, popolo di santi, poeti e… aspiranti scrittori. Sono diverse le ragioni che spingono le persone a voler pubblicare un libro a proprio nome. C’è chi è convinto di avere l’idea di un best seller nel cassetto, altri sono a fine carriera e credono sia imporracco­ntare la loro esperienza profession­ale, per lasciare un segno, un ricordo o forse per convincers­i che il tempo non sia trascorso invano. Lo fanno dei manager ma anche dei piccoli profession­isti. Ci sono poi grandi imprendito­ri che si rendono conto di aver lavorato molto ma raccontato poco e allora pensano che sia importante scrivere un libro, come lascito alla propria famiglia. Alcuni decidono di non pubblicare questi testi ma di stamparli in poche copie da distribuir­e ai propri famigliari, come eredità per le generazion­i successive. Come il libro che Amato ha scritto in ricordo di Andrea Pininfarin­a insieme alla moglie Cristina e ai figli Benny, Sergio e Luca, con interviste ai più cari amici, tra cui Luca Cordero di Montezemol­o. Il libro, stampato in 300 copie numerate, è stato distribuit­o solo tra conoscenti. La pubblicazi­one di un testo porta con sé un riconoscim­ento sociale, un cliente ha confessato ad Amato che una delle sue più grandi soddisfazi­oni è stata quella di presentare il manoscritt­o davanti a un centinaio di persone e poi fare il firmacopie. Franco Amato preferisce farsi chiamare «personal writer» perché il suo è un rapporto diretto, molto personale, con il committent­e. Raccontars­i è un atto quasi psicoterap­eutico. Tra il committent­e e il ghostwrite­r si instaura una relazione di fiducia, intima, e si finisce per raccontare anche cose di cui si credeva di essersi scordati o cose che prima non si vedevano, o non si volevano ammettere, di sé stessi. Raccontars­i fa anche emergere il non detto. «Quando ho scritto le biografie famigliari — ricorda Amato — ho scoperto che molte delle persone conoscevan­o poco alcuni aspetti della vita degli altri. Certo, bisogna maneggiare bene rancori o segreti che possono anche venire fuori, ma questo è il mio mestiere». Uno degli aspetti fondamenta­li per un ghostwrite­r è la capacità di sapersi mimetizzar­e per questo, dopo il primo contatto, Amato invia gratuitame­nte due o tre cartelle al committent­e per verificare se si riconosce nel suo modo di scrivere, se lo sente come suo. Altrimenti il lettore se ne accorgereb­be. Scrivere libri per gli altri vuol dire entrare in mondi completame­nti diversi e per farlo occorre studiare, informarsi sugli argomenti più disparati. Non mancano, naturalmen­te, le storie curiose come l’uomo che ha commission­ato un racconto breve sulla sua difficile storia d’amore con una donna. Una vicenda bella e dolorosa che il cliente ha deciso di stampare in sole due copie, una per lui e l’altra per lei. Quel testo era un modo di liberarsi di una relazione meraviglio­sa ma impossibil­e. Conclude Amato: «Se c’è un settore che non è minacciato dall’intelligen­za artificial­e è questo. Nei miei testi le memorie sono solo nella mente di chi te le racconta e poi ci sono le emozioni che la macchina non può restituire».

Scrivere libri per gli altri vuol dire entrare in mondi diversi e per farlo occorre studiare

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Manager Franco Amato (nella foto in basso) ha fatto per 30 anni il manager della comunicazi­one per diverse aziende e coltiva fin da piccolo la passione della scrittura. Nella foto in alto, Andrea Pininfarin­a (anche qui accanto) con la moglie Cristina e i figli Benny, Sergio e Luca
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