Ho un tumore e sempre meno tempo ma lo Stato mi ha soltanto licenziata
Dichiarata inabile, Anna Vitiello non può insegnare non ha più stipendio né una pensione Rossi attacca Icardi e Cirio «Nessuno che spieghi»
Era arrivata in Piemonte dieci anni fa con le tre figlie, come docente di Educazione fisica alle superiori. Oggi è ricoverata in un letto dell’hospice di Carignano, il tumore con cui conviveva è ormai in stato avanzato. Licenziata da scuola dopo essere stata giudicata inabile in modo permanente al lavoro, da ottobre non ha più lo stipendio ed è ancora in attesa della pensione.
Anna Vitiello, 55 anni, ha affidato la sua storia a una lettera al sindacato CUB Scuola università ricerca di Torino, sperando di risolvere la questione in tempo. Da 5 mesi è rimasta di fatto senza alcun sostentamento, non ha ricevuto nemmeno la tredicesima e la buonuscita dopo il licenziamento dall’istituto superiore Primo Levi di Torino.
«Il Mef dice che la scuola non prepara un documento, la scuola dice che il Mef non spiega come si prepara questo documento, il risultato è che io sono dal mese di ottobre senza stipendio e senza pensione perché ci sono dei ritardi anche con l’inps».
La docente originaria di Torre del Greco è malata oncologica dal 2007, quando le avevano diagnosticato il primo tumore al seno. Poi la cura e la regressione del male, fino alla recidiva. Nel frattempo si è trasferita in Piemonte, ha insegnato a Oulx, Osasco e Moncalieri per poi entrare di ruolo tre anni fa, dopo il superamento dell’anno di prova all’istituto Primo Levi.
È stata presa in cura al Day Hospital delle Molinette, ma a un certo punto non se l’è più sentita di andare a insegnare in palestra in carrozzina. «A dicembre 2022 la malattia non mi permetteva più di fare tutte le ore di servizio, pertanto feci partire la malattia. Successivamente
● Nel 2007 il primo tumore, poi regredito
● L’insegnante poi si è trasferita in Piemonte, ma il male è tornato
● In ottobre 2023 la visita collegiale, utile per la pensione, porta soltanto al licenziamento
chiesi la visita collegiale per poter richiedere la pensione di inabilità al lavoro», ricostruisce l’insegnante nella sua lettera.
«Il 5 ottobre 2023 faccio la visita collegiale e mi dichiarano inabile al lavoro. Nel frattempo il 31 agosto 2023 scade il contratto al Bosso Monti e rientro al Primo Levi, scuola di appartenenza, la quale dopo 10 giorni dal ricevimento del verbale della commissione medica fa partire il licenziamento. Era il 18 ottobre 2023».
Un procedimento che lei oggi contesta. «A mio avviso l’inabilità non è giusta causa per il licenziamento, inoltre i malati oncologici sono ben tutelati sulla questione e infine mi licenziano in un periodo in cui ero ancora in malattia». Ma al dolore si aggiungono i problemi quotidiani. Da quel giorno non ha più ricevuto nulla. «Non so più come andare avanti. Quei pochi soldi che avevo sono finiti e mi sto riempiendo di debiti. Il TFR arriverà a ottobre questo lo so, ma per la pensione tutto tace».
La sua storia è arrivata al sindacato tramite la segnalazione di una volontaria dell’hospice, docente in pensione, che ha conosciuto Anna e ha preso a cuore la sua situazione. Come lei, aveva atteso tanto tempo i compensi dovuti. «Una situazione inaccettabile frutto di inefficienza e di disumanità, di una burocrazia cieca e sorda di fronte a un caso di questa gravità», commenta Cosimo Scarinzi, coordinatore nazionale CUB Sur, che sta seguendo il caso «per quel che riguarda la liceità del licenziamento e la mancanza di tutele» e ha lanciato una raccolta fondi per sostenere la collega. Cita la «banalità del male», a proposito di «amministrazioni che si scaricano responsabilità a vicenda». Intanto lei spera in una soluzione nel suo letto all’hospice della Faro, dove è stata ricoverata perché ha ormai bisogno di assistenza 24 ore su 24. Ha ancora l’alloggio dove viveva a Nichelino, ci sono le bollette da pagare e l’affitto da saldare. «Non vorrei lasciare questa eredità di problemi alle mie figlie, non credo di avere molto tempo a disposizione», spiega la docente che consulta sempre la sua pratica della pensione sul portale dell’inps. «Sembra che sia all’ufficio “controllo e pagamento”, risulta in lavorazione – spiega –. Ho fatto tanti solleciti, anche tramite il Caf, ho chiamato il call center. Intanto aspetto e passano i giorni».
Sui fondi del piano di ripresa e resilienza destinati all’edilizia sanitaria piemontese lo scontro politico continua. Ieri l’assessore regionale alla sanità Luigi Icardi era atteso in IV commissione consiliare (salute) per relazionare sul presunto taglio da cento milioni di euro al budget attribuito finora al Piemonte. E invece Icardi, a Roma in commissione salute del ministero, non ha partecipato all’incontro torinese né ha inviato un delegato per fornire risposte. «Il Presidente Cirio e l’assessore Icardi scelgono di trincerarsi dietro a un silenzio imbarazzante riguardo alle conseguenze dei tagli decisi dal governo Meloni rispetto alle risorse destinate alla sanità nel Pnrr sul Piemonte, un argomento all’ordine del giorno di tutti i governatori e su cui hanno preso posizione anche le Regioni guidate dal centrodestra – ha commentato con una nota ufficiale Domenico Rossi, segretario regionale del Pd e vicepresidente della IV commissione –. Avevo chiesto all’assessore Icardi un’informativa dettagliata sui tagli e sulle ricadute che questa scelta potrebbe avere sul nostro territorio». Una richiesta secondo Rossi «accolta e su cui l’assessore si era impegnato a rispondere: peccato che non abbia partecipato alla seduta e non abbia incaricato di relazionare qualche rappresentante dell’assessorato».
«A mio avviso l’inabilità non è giusta causa E sono stata licenziata mentre ero in malattia»
«L’inaccettabile frutto di una burocrazia cieca e sorda. È inefficienza con disumanità»