«L’agguato con il machete fu una rappresaglia mirata»
Per il gip, Pietro Costanzia avrebbe cercato per giorni il 23enne O.B. per «spaccarlo» Mascherine non certificate, due condanne per truffa
L’agguato a colpi di machete contro il 23enne O.B. è stato organizzato nei «minimi dettagli», tanto da assumere i contorni di «una rappresaglia mirata»: Pietro Costanzia voleva «spaccare» il rivale. Dalle ordinanze con cui il gip Gloria Biale conferma la custodia cautelare in carcere per i due fratelli, Pietro e Rocco, emergono i particolari della spedizione punitiva del 18 marzo e i ruoli di protagonisti e comprimari coinvolti nel regolamento di conti all’interno di uno «scenario» che «pare legato, almeno in parte, ad un contesto delinquenziale di smercio di stupefacenti» e, come emergerebbe dalle testimonianze, alla volontà dell’aggressore di vendicare il comportamento osceno che O.B. avrebbe riservato alla propria fidanzata. «È impazzito, vuole farlo fuori», scriveva il 7 febbraio la ragazza del nobile all’amica e compagna di O.B.
Il conte, soprannominato il «santo», voleva un chiarimento e per giorni avrebbe cercato il 23enne non sapendo che si era trasferito nelle Marche, in una clinica per disintossicarsi. La vittima è rientrata a Torino il 9 marzo e ben presto Pietro
«AIndagato Pietro Costanzia è accusato di aver aggredito a colpi di machete il rivale O.B., di 23 anni vevo lasciato il mio computer nel deposito dell’albergo, in una stanza dove si accede solo con una chiave elettronica, sorvegliata dalle telecamere. Sono riusciti a rubarlo lo stesso e mi hanno detto che l’assicurazione dell’hotel non mi rimborserà nulla». Si è conclusa nel peggiore dei modi la visita (di lavoro) a Torino di Stefano, giornalista modenese lo ha saputo. A svelare il retroscena è un nuovo testimone, un amico dei fratelli Costanzia, che ai pm Mario Bendoni e Davide Pretti ha raccontato di essere stato contattato da Pietro il 18 marzo, intorno alle 16, e che lui gli aveva confidato di «aver scoperto» il «posto in cui si trovava» il 23enne: «Voleva spaccarlo». L’amico ha poi spiegato di aver raggiunto il luogo dell’incontro con l’intenzione di «fare da paciere»: arrivato in città per la mostra «Guercino, il mestiere del pittore», allestita nelle Sale Chiablese. «Ho alloggiato in un ostello a Porta Palazzo ed è andato tutto benissimo fino a quando sono tornato a prendere i miei effetti personali. Ho ritrovato il mio zaino, ma era vuoto e del mio Macbook Air non c’era più traccia. Non riesco a capire come possa essere successo e nessuno è alla guida di un’auto a noleggio si sarebbe quindi diretto nel punto prestabilito, parcheggiando «in un posto indicato da Pietro e Rocco», che «si trovavano a bordo dello stesso motociclo». Era perciò rimasto in attesa di istruzioni: «Poi ho ricevuto una chiamata da Pietro che mi ha detto “ho fatto vai a casa”. Mi sono allontanato». L’amico ha ammesso di sapere che il conte aveva con sé «un attrezzo con sembrato interessato a darmi una mano. Ho dovuto chiamare io il 112 per poi passare un’intera giornata nella caserma dei carabinieri. Poi mi ha chiamato il direttore dell’albergo, non per scusarsi, ma solo per dirmi che, non essendoci stata effrazione, l’assicurazione non avrebbe coperto il danno. Mi sembra incredibile». una lama». E ha mostrato agli inquirenti un messaggio inviato da Pietro alle 18.40 su un gruppo di whatsapp: «Cancellate tutte le chat con me, smettete di seguirmi tutti e ditelo agli altri, né whats né c…». In un secondo sms, poi, chiedeva informazioni sul fratello Rocco. Per il giudice non vi è alcun dubbio che l’attentato nei confronti di O.B. sia stato premeditato e che Pietro abbia cercato e avuto il sostegno del fratello: sono arrivati insieme a bordo di uno scooter in via Panizza, a Mirafiori, «con lo scopo di colpire a morte la vittima, sorprendendola alle spalle mentre, indifesa, si trovava sulla pubblica via insieme alla fidanzata». Il «santo» ha aggredito il rivale con il machete, mentre Rocco avrebbe trattenuto la fidanzata «impedendole di intervenire»: «È meglio così», le avrebbe raccomandato. Per il gip è proprio il racconto della giovane a smentire la linea difensiva di Rocco, che durante l’interrogatorio aveva riferito di essersi limitato a pararsi «con le braccia aperte» di fronte alla ragazza dicendole «per favore stai tranquilla». Il ragazzo avrebbe anche negato di sapere che il fratello maggiore avesse un machete: «Voleva dargli due sberle». Ma per il gip la storia imbastita da Rocco è «inverosimile: «Se gli indagati avessero voluto semplicemente spaventare O.B. o dargli una lezione, non avrebbero avuto bisogno di organizzare nei dettagli l’incontro».
● Il 18 marzo Pietro Costanzia tende un agguato a O.B. in via Panizza, a Mirafiori
● A bordo di uno scooter guidato dal fratello minore Rocco, il nobile piemontese affianca il giovane, in monopattino, e lo colpisce alla gamba con un machete
In piena pandemia di Covid garantirono all’asl To3 di essere in grado di procurare mascherine Ffp2 da destinare a ospedali e Rsa. Bastò quello perché l’azienda sanitaria (che nella primavera del 2020 funzionava come centrale unica per gli appalti) accettasse di acquistare 350 mila dispositivi al prezzo di 800 mila euro. La fornitura, che in base agli accordi avrebbe dovuto arrivare in tempi brevissimi, impiegò mesi a giungere a destinazione. E quando gli scatoloni vennero aperti, emerse che non si trattava di Ffp2 ma di mascherine chirurgiche prive di certificazione e di valore otto volte inferiore. In sostanza, «dispositivi in panno carta» come ha spiegato un consulente della Procura durante il dibattimento. Una vicenda che ha dato vita a un processo in cui erano imputati un imprenditore (la cui società ha sede a Londra) e due intermediari. E sono questi ultimi che ieri sono stati condannati dal Tribunale di Torino a due anni e sei mesi di reclusione per truffa, assolti invece dalla seconda accusa: quella di frode in pubbliche forniture. Assolto anche l’imprenditore, così come aveva chiesto il pm Giovanni Caspani che ha coordinato l’inchiesta. L’indagine aveva svelato che le mascherine erano state acquistate sul sito cinese Alibaba, transitate in territorio britannico e infine approdate a Torino. I due intermediari sono stati condannati a risarcire l’asl (tutelata dall’avvocato Andrea Castelnuovo) e al pagamento di una provvisionale di 800 mila euro.
Pietro e Rocco Costanzia Volevano colpire a morte la vittima, mentre si trovava sulla pubblica via insieme alla fidanzata