Quelle uova e il piacere di trovare una sorpresa
Con l’arrivo della Pasqua siamo tutti (o quasi) presi dalle uova di cioccolata. È una tradizione che ci piace onorare. E non soltanto per il valore simbolico e di rinascita che le uova hanno nella nostra cultura. La verità è che siamo ansiosi e curiosi di scoprire quali sono le sorprese che le uova contengono. Il che non dovrebbe stupirci. Siamo da sempre affascinati dalle meraviglie nascoste. Cerchiamo la perla dentro la conchiglia, la fava dentro la focaccia della Befana (perché si dice che porti fortuna a chi se la ritrova sotto i denti), i ninnoli nel baule riposto in soffitta dalla nonna cento anni fa e la pentola piena di monete d’oro sepolta nel bosco, all’estremità dell’arcobaleno.
Ma proviamo per quest’anno a cambiare prospettiva e a pensare che la sorpresa non è tutto. Anche il guscio esterno ha un suo fascino, sebbene non nascosto. I giapponesi ci sono arrivati già duemila anni fa, coltivando l’arte di avvolgere i doni utilizzando involucri di stoffa accuratamente ripiegati a forma di raffinate borsette: con il risultato di creare contenitori talvolta più goduriosi del loro stesso contenuto. Pensiamo poi alla Matrioska russa, dove la bambola grande che contiene quelle più piccole ha il significato simbolico più importante di tutte, cioè quello di «madre generatrice» (non a caso la Russia è «grande madre» per gli abitanti della sua terra). E a proposito di contenitori concentrici, come non ricordare la principessa Sherazade: una fucina quasi inesauribile di racconti (mille e uno, tanto per fare un numero), l’uno ramificato dentro l’altro, a creare la trama filigranata e preziosissima di cui è intessuta la storia principale, che tutte le altre contiene. Scendendo a involucri meno eterei (bisogna pur che il corpo esulti) ci sarebbe poi da parlare della crème brulée e dell’uovo alla coque.
Il piacere sottile di rompere con il dorso del cucchiaino la crosticina esterna e brunita della crema caramellata è descritto mirabilmente da Amélie, nel «meraviglioso mondo» scritto e diretto da Jeanne-pierre Jeunet. Mentre per godere appieno l’attimo di gloria che ci dà la creazione di quel piccolo varco di accesso al tuorlo morbido, preconizzata dal toc toc» in cima al guscio, possiamo sfogliare il delicato romanzo di Tsuji Hitonari (intitolato per l’appunto «Uova»: che a Pasqua non può certo dirsi fuor di luogo).
Insomma, abbiamo validi esempi di involucri esterni non meno preziosi del loro contenuto. E il nostro amato uovo di Pasqua non fa eccezione. Sia perché, essendo un dolce sfizioso, glorifica il palato. Sia perché ci regala l’ulteriore piacere, un poco perverso ma irrinunciabile, di arrivare a scartare la sorpresa con le mani ormai impiastricciate e la bocca strabordante di cioccolato.