«L’arte, la famiglia e i live i miei grandi punti fermi»
Federico Zampaglione (Tiromancino) il 10 maggio a Torino
Nel 1981 Franco Battiato andava alla ricerca di un centro di gravità permanente. Oggi Federico Zampaglione va a caccia di un «Puntofermo» nel nuovo singolo della sua band, i Tiromancino, protagonisti il 10 maggio a Cascina Falchera del festival Heroes. «Mica è solo un obiettivo di noi cantanti», dice l’artista romano. «Sono gli esseri umani che avranno sempre bisogno di qualcosa che li aiuti a trovare equilibrio in quel mare in tempesta che è la vita».
Oggi ancora più che quarant’anni fa?
«Senza dubbio. L’informazione, i social, i clic, l’engagement, ci viene sparato tutto addosso con il mitragliatore. Devi esser bravo a schivare i colpi».
Quali sono i suoi punti fermi?
«L’arte e la famiglia».
La «famiglia allargata», come l’ha definita di recente, includendo sua moglie Giglia Marra, la sua ex compagna Claudia Gerini, sua figlia, suo padre. I punti fermi dunque non sono per forza tradizionalisti?
«Dipende da cosa ti prefiggi. Per me la famiglia allargata è la chance di essere una bella squadra. Ci vuole un lavoro collettivo, bisogna esser bravi a fronteggiare malumori e tensioni, a eliminare ciò che è negativo. Alla mia età mi sono reso conto che la vita è troppo breve per sprecarla in cose negative: appena vedo conflittualità, mi giro e me ne vado dall’altra parte».
Nel videoclip di «Puntofermo» sembra proporre anche un’alternativa a quattro zampe, un cane, nel caso fosse difficile trovare le persone giuste.
«Di sicuro gli animali sono alleati che offrono punti fermi e indipendenti dalla convenienza. Non appaiono o scompaiono a seconda di ciò che riesci a fare nella vita».
Dove si trova invece il punto fermo nella musica?
«Per me, nel live. Lì riesco a stabilire un contatto con il pubblico, mentre nel mondo discografico ormai si parla solo di trend, numeri, algoritmi. Ed è terribile, perché se ci sono due parole che non dovrebbero mai essere nemmeno pronunciate nella stessa frase sono musica e algoritmo».
Come si contrasta il gioco dell’hype?
«Io me ne sono sempre fregato. Il che mi ha creato problemi, ma mi ha anche consentito
Romano Federico Zampaglione (nella foto di Luigi Cerbone) è tra i fondatori dei Tiromancino di far musica per una vita intera. E di scrivere qualche canzone che mi stupisce per quanto ancora passa in radio, come “Due destini”, “La descrizione di un attimo”, “Per me è importante”. Credo che il segreto sia stato affrontare concetti universali: l’amore, i sentimenti, l’introspezione».
Il 10 maggio suonerà a Cascina Falchera, periferia nord di Torino. Che concerto sarà?
«In trio acustico, intimo, anche con brani legati ai temi del festival. A Torino ho vissuto parecchie nottate divertenti ai Murazzi con i Subsonica, Mao e altri musicisti, ma in ogni città è fondamentale rivalutare anche le periferie».
Prosegue la sua attività parallela di regista horror, con un nuovo film in arrivo a luglio («The Well»). Ma è sempre lo stesso Zampaglione?
«No. Davvero, in comune c’è solo il desiderio di esprimere ciò che ho dentro, ma il musicista e il regista sono due persone completamente diverse».