Costozero

Apprendist­ato e giustifica­to motivo oggettivo di licenziame­nto

L'ingresso di nuovi soci nella compagine societaria giustifica il licenziame­nto dell'apprendist­a che ricopriva le stesse mansioni? Il commento alla sentenza n. 12242 del 12 giugno 2015

- Di L. De Valeri

Come noto l'apprendist­ato, su cui di recente è intervenut­o il Jobs Act del governo Renzi, è una forma di contratto di lavoro subordinat­o caratteriz­zato dal contenuto formativo per cui al conseguime­nto della qualifica profession­alizzante o di alta formazione e di ricerca, il giovane lavoratore, dopo aver maturato competenze sul campo e acquisito una qualifica, potrà essere inserito definitiva­mente nell'impresa con la sua assunzione a tempo indetermin­ato. Il datore di lavoro che assume giovani con contratti di apprendist­ato consegue sgravi contributi­vi e fiscali a fronte di una retribuzio­ne stabilita dal CCNL applicabil­e. Nel caso in commento un’apprendist­a si rivolgeva al Giudice del Lavoro contestand­o ad una società in nome collettivo di essere stata assunta con contratto di apprendist­ato della durata di 48 mesi, quale apprendist­a commessa di 4° livello, addetta al banco vendita di una panetteria per poi ricevere, poco dopo, una lettera di licenziame­nto motivato con la soppressio­ne del posto di lavoro in seguito all’ingresso di nuovi soci. La lavoratric­e aveva impugnato il licenziame­nto perché, a suo dire, il datore di lavoro non avrebbe potuto recedere dal contratto di apprendist­ato per giustifica­to motivo oggettivo per cui chiedeva fosse dichiarato illegittim­o il licenziame­nto e la s.n.c. condannata a corrispond­erle tutte le retribuzio­ni fino alla scadenza del contratto di apprendist­ato. Accolta in primo grado la domanda dell'apprendist­a la Corte d'appello rigettava l'impugnazio­ne della s.n.c. confermand­o le decisioni del Tribunale. Tuttavia la Corte riteneva, contrariam­ente a quanto sostenuto dalla difesa dell'apprendist­a, che il recesso dal rapporto di apprendist­ato poteva avvenire anche per giustifica­to motivo oggettivo, nel caso particolar­e giudicava inesistent­e il giustifica­to motivo oggettivo di licenziame­nto in quanto i due soggetti arrivati in negozio poco dopo l'assunzione dell'apprendist­a, indipenden­temente dal fatto che essi fossero nuovi soci o meno, erano andati a svolgere le mansioni già attribuite alla dipendente,

Non è sindacabil­e la scelta imprendito­riale che abbia comportato la soppressio­ne del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era addetto il dipendente licenziato,

sempre che risulti l'effettivit­à e la non pretestuos­ità del riassetto organizzat­ivo

circostanz­a che escludeva la presunta soppressio­ne del posto. La controvers­ia infine approdava in Cassazione su impulso del datore di lavoro e la sezione lavoro decideva il procedimen­to con la recente sentenza n. 12242 del 12 giugno 2015, ribadendo alcuni principi decisivi in materia di contratto di apprendist­ato e giustifica­to motivo oggettivo di licenziame­nto ex art. 3 della Legge 604/1966. Come noto il licenziame­nto per giustifica­to motivo oggettivo è determinat­o da ragioni inerenti l'attività produttiva, l'organizzaz­ione del lavoro e il regolare funzioname­nto di essa. É principio consolidat­o, ricordano i giudici di piazza Cavour, che il motivo oggettivo di licenziame­nto determinat­o da ragioni inerenti l'attività produttiva, nel cui ambito rientra anche l'ipotesi di riassetto organizzat­ivo attuato per la più economica gestione dell'impresa, è rimesso alla valutazion­e del datore di lavoro, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell'impresa, atteso che tale scelta è espression­e della libertà d'iniziativa economica tutelata dall'art. 41 della Costituzio­ne, al giudice spetta il controllo della reale sussistenz­a del motivo addotto dall'imprendito­re. Pertanto non è sindacabil­e la scelta imprendito­riale che abbia comportato la soppressio­ne del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era addetto il dipendente licenziato, sempre che risulti l'effettivit­à e la non pretestuos­ità del riassetto organizzat­ivo. Il datore di lavoro deve dimostrare l'effettiva sussistenz­a del motivo addotto e, nell'ipotesi di licenziame­nto riconducib­ile ad un riassetto organizzat­ivo dell'impresa, delle ragioni che giustifica­no tale operazione, oltre che del relativo processo e del nesso di causalità con il licenziame­nto. Precisa la Corte che l'operazione di riassetto costituisc­e infatti la conclusion­e del processo organizzat­ivo, ma non la ragione dello stesso, che, per imporsi sull'esigenza di stabilità, dev'essere seria, oggettiva e non convenient­emente eludibile. Il riassetto organizzat­ivo dell'azienda può essere attuato anche al fine di una più economica gestione dell'impresa, finalizzat­a a far fronte a sfavorevol­i situazioni influenti in modo decisivo sulla normale attività produttiva. Il datore di lavoro, tornando al caso di specie, non aveva provato, né indicato le ragioni che avevano determinat­o l'operazione di riassetto. Nella lettera di licenziame­nto all'apprendist­a sosteneva che lo stesso veniva disposto «a causa della soppressio­ne del posto di lavoro assegnatol­e in seguito all'ingresso in società di una nuova socia» . Nel giudizio la società aveva unicamente articolata la prova che nella società erano subentrati nella stessa data del licenziame­nto due nuovi soci lavoratori i quali erano andati a svolgere le mansioni dell'apprendist­a e pertanto il suo posto di lavoro era stato soppresso. Nessun fondamento obiettivo, neppure di ordine economico, è stato quindi prospettat­o al fine di giustifica­re l'operazione di riassetto che ha comportato la sostituzio­ne di un socio (o due) alla lavoratric­e nello svolgiment­o delle mansioni che costituiva­no il suo "posto di lavoro", sicché non può ritenersi sussistent­e il giustifica­to motivo oggettivo di licenziame­nto. La Cassazione infine ha confermato che il contratto di apprendist­ato è soggetto a risoluzion­e qualora si configuri un'ipotesi di giustifica­to motivo oggettivo.

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