Piccola storia della fotografia industriale al MAST di Bologna
L'esibizione bolognese racconta d'un mondo postindustriale i n cui lo stabilimento diventa anche showroom, «spazio espositivo aziendale»
Le mostre dossier che periodicamente il MAST di Bologna organizza attorno a determinati temi fotografici che hanno a che fare con il mondo dell'industria e delle nuove tecnologie legate all'umanità, sono sempre molto interessanti e c'è sempre qualcosa su cui riflettere, qualcosa da imparare. Quest'estate l'esposizione documentaria (aperta al pubblico fino al prossimo 6 settembre) ruota attorno a un corpus fotografico che rispecchia l'industria d'oggi, e permette di studiare, attraverso una luminosa ed effervescente campionatura, alcune declinazioni dell'atmosfera fotografica che non solo mostrano consapevolezza tecnica e potente sapienza d'inquadratura, ma anche una serie - a volte
sotterranei – di accenti critici dal gusto romantico. Edward Burtynsky con Shipbreaking #10 (20002001) e Simon Faithfull con We climber round a final ridge and saw a whaling-boat entering the bay 2500 ft, below (2005), propongono, ad esempio, la desolazione, la forza della natura che si riappropria dei propri luoghi e invade i vecchi opifici abbandonati, ricoprendo finestre, lamiere squarciate e arrugginite dalle intemperie, vecchi muri di mattoni rossi o lunghe canne fumarie che, come colonne d'ordine ionico, svettano in un cielo opaco. Su questo stesso versante Ad Van Denderen, con un'opera tratta dalla serie So blue so blue (2004-2013), mostra, dal canto suo tre uomini che camminano al margine d'un'autostrada per raggiungere il posto di lavoro, e Sebastião Salgado la Church Gate Station (1995), ovvero la linea ferroviaria di Bombay invasa da una mole indigesta di persone. Mentre Jim Goldberg propone Vlad #1. Silo Boy (dalla serie Open see, 2006), un ragazzino ucraino che riposa su un materassino attorniato da rottami e immondezze varie in un silo che rappresenta la periferia umana. Accanto a questo tipo di riflessioni, più strettamente legate a una natura che si riappropria dei propri spazi o alla condizione dell'uomo che si adatta a vivere ovunque e a combattere con le difficoltà della vita, la mostra offre una serie di altre contrade riflessive che, tra ricerca e innovazione tecnologica, tra cambiamenti dei fattori socioeconomici e nuove formule d'informazione, disegnano nuove soluzioni industriali, nuove piattaforme, nuovi scenari d'indagine robotica (Vincent Fournier fotografa nel 2010, presso il Takanishi Laboratory di Tokyo, Kobian Robot #1), nuove fisionomie. Dal trittico a volo d'uccello – Cooling Tower, Blast Furnace e Consolidation Colliery (2009-2014) – proposto da Ariel Caine alla luminosissima #0078 Dalmine (2008) di Carlo Valsecchi, dai particolari di Miyako Ishiuchi (Silken Dreams #78, 2011-2013), di Stéphane Couturier ( Melting power alstom #2, 2010) e di Peter Fraser ( Ariane roket motor, 1997-2012) ai dieci scatti prodotti da Olivo Barbieri nella fabbrica Maranello di Modena (2003-2014), presente anche al MAXXI di Roma (fino al 15 novembre) con una bella personale, l'esibizione bolognese racconta d'un mondo postindustriale in cui lo stabilimento diventa anche showroom, «spazio espositivo aziendale», puntualizza Urs Stahel, curatore della mostra nonché della Photogallery, «orientato alla vendita». La Gläserne Manufaktur ( Fabbrica trasparente) costruita dalla Volkswagen nel pieno centro di Dresda (sulla Lennéstraße) è esempio lampante di questa strategia che annette a sé anche la vita culturale della città. Attraverso gli scatti di 24 fotografi internazionali, il MAST propone, dunque, una riflessione molto ampia sulla rappresentazione del paesaggio industriale d'oggi, sulle sue strategie e sulla sua storia. Una storia che, dopo la dissipazione di molti dei grandi archivi fotografici del passato, e dopo la rivoluzione degli anni Sessanta e Settanta del Novecento, dopo la delocalizzazione, la tecnologizzazione e la digitalizzazione, arriva sulla soglia del terzo millennio con una serie di nuovi risvolti estetici, di nuovi gusti, di nuovi interrogativi.