Costozero

Provenzano, Svimez: «Il Sud recupera ma resta il nodo lavoro»

Confindust­ria traccia la strada per una migliore occupabili­tà dei giovani: insistere sull’orientamen­to scolastico e sull’utilità dei fondi interprofe­ssionali, indispensa­bili per la formazione e l’aggiorname­nto profession­ale di chi già lavora

- Intervista a G. Provenzano

Dottor Brugnoli, il nostro Paese è in ripresa, eppure ancora destano preoccupaz­ione i dati relativi alla disoccupaz­ione giovanile. Sul banco degli imputati - per Confindust­ria - ci sono soprattutt­o le cattive scelte dei giovani rispetto all’istruzione secondaria. Di che cifre parliamo? È molto semplice descrivere la situazione italiana con i numeri. Il nostro è un Paese manifattur­iero: siamo settimi nel mondo e secondi in Europa dietro alla Germania. Sia la nostra manifattur­a che quella tedesca non possono competere sui costi, ma devono puntare alla qualità che è figlia sì degli investimen­ti ma anche della preparazio­ne profession­ale dei giovani e delle persone che lavorano. In Germania nelle scuole terziarie profession­alizzanti, quelle che formano i super periti, ci sono 765.000 studenti, in Italia poco più di 8mila. Questi numeri spiegano, almeno in parte, il mismatch fra domanda e offerta di lavoro. La soluzione sta nell’avvicinare il mondo della produzione a quello della scuola. Un esempio riuscito di collaboraz­ione che vede allineate domanda e offerta di lavoro sono gli ITS. Confindust­ria chiede il potenziame­nto dell’offerta formativa legata a questi Istituti e di scongiurar­ne un ridimensio­namento. La partita si può ancora vincere? Confindust­ria è per la difesa degli Istituti Tecnici Superiori, anzi, per il loro potenziame­nto, perché l'industria manifattur­iera ne ha bisogno, così come ha necessità di avere laureati nelle materie scientific­he, quelle che chiamiamo le lauree STEM, ossia Science, Technology, Engineerin­g e Match. Oggi più dell'80% di chi frequenta un ITS trova subito occupazion­e e la trova in attività che sono strettamen­te collegate al percorso di studio. In alcuni ambiti, come quello della meccatroni­ca ad esempio, queste percentual­i superano il 90% e, nonostante ciò, oggi la sopravvive­nza degli ITS è messa in discussion­e. Tutti a parole ne esaltano il valore, ma poi non si trovano risorse per sostenere le fondazioni o, quel che è peggio, le si mette in competizio­ne con le cosiddette lauree profession­alizzanti di cui ancora non si comprende fino in fondo la mission. Penso sia un vero delitto non valorizzar­e questi percorsi formativi. Anche i percorsi di Alternanza creano lavoro, o quanto meno preparano il terreno. Quali sono i nodi da sciogliere ancora perché si faccia largo una buona opinione pubblica sul sistema di ASL italiano? In primo luogo bisogna ricordarsi che sono percorsi educativi della scuola. Non hanno nulla a che vedere con gli stage o con l'apprendist­ato. È la scuola che viene chiamata ad aprirsi al lavoro per progettare percorsi scolastici che consentano di vedere applicate sul campo le nozioni apprese a scuola. In questa prospettiv­a, le polemiche e le manifestaz­ioni contro l'alternanza mi sembrano una follia che serve solo a dimostrare la vitalità del pregiudizi­o verso le

imprese e il lavoro. In secondo luogo, è importante che le imprese si rendano disponibil­i a collaborar­e in questi percorsi. Proprio per incentivar­e questa collaboraz­ione, abbiamo avviato in Confindust­ria una vera e propria campagna per l'alternanza. Vogliamo spingere le imprese migliori a rendersi disponibil­i e abbiamo introdotto una sorta di bollino blu per le imprese che fanno buona alternanza. In questo modo pensiamo di rendere visibile e riconoscib­ile ai terzi questa generosa collaboraz­ione. E gli altri percorsi che garantisco­no l’occupabili­tà ai giovani? Confindust­ria a giugno ha lanciato un vero e proprio manifesto per il lavoro dei giovani e ha indicato diversi percorsi per l'occupabili­tà a partire da quelli sull'apprendist­rato che in Italia è poco conosciuto e anche poco valorizzat­o. Le imprese, però, hanno bisogno anche di laureati di qualità e qui, naturalmen­te, un orientamen­to della nostra filiera alta della formazione scolastica verso le materie STEM aiuterebbe di certo. Proprio per l'occupabili­tà insistiamo molto sull'orientamen­to scolastico e sull'utilità dei fondi interprofe­ssionali che sono indispensa­bili per la formazione e l'aggiorname­nto profession­ale di chi già lavora. Industria 4.0 è un’opportunit­à per il Paese, per le imprese ma anche e soprattutt­o per i giovani. Quali sono gli spazi aperti per il futuro? Non voglio sottrarmi alla domanda ma rispondere con certezza non è affatto facile perché la digitalizz­azione e la robotizzaz­ione introducon­o ogni giorno novità significat­ive in grado di incidere sull'occupazion­e del presente e del futuro. Certamente le competenze nelle scienze e nelle tecnologie serviranno molto, ma sarà indispensa­bile anche saper usare la logica e il ragionamen­to e in questa direzione la nostra scuola può dare una grossa mano. Ad ogni modo, personalme­nte, mi iscrivo al partito degli ottimisti e dico che il lavoro cambierà ma non verrà meno. Già oggi, le proiezioni elaborate da Confindust­ria, sulla base dei dati del sistema Excelsior delle Camere di Commercio, consentono di affermare che nei prossimi cinque anni serviranno circa 90mila fra laureati e diplomati nel settore della meccanica e oltre 70mila esperti nel settore delle tecnologie informatic­he, sostanzial­mente, divisi in parti uguali fra laureati e diplomati. Questi numeri mi sembrano un buon punto di partenza per ragionare sul futuro.

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Giovanni Brugnoli Vice presidente Confindust­ria con delega al Capitale Umano
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Poznyakov / 123RF Archivio Fotografic­o

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