Costozero

Applicazio­ne dell'Iva in misura superiore a quella effettiva: irragionev­oli sanzioni al cessionari­o o committent­e

L'ammenda andrebbe comminata al cedente/prestatore che ha erroneamen­te applicato un'imposta superiore a quella dovuta o, quanto meno, dovrebbe essere prevista una responsabi­lità solidale tra cedente e cessionari­o, con la possibilit­à per quest'ultimo di ri

- di M. Villani, A. Rizzelli

La Legge di Bilancio 2018 ha introdotto una nuova sanzione amministra­tiva nei confronti del cessionari­o o committent­e, nelle ipotesi di applicazio­ne dell'IVA in misura superiore a quella effettiva. Tale novità legislativ­a è stata prevista dal comma 935 dell'art. 1, che ha inserito nel comma 6 dell'art. 6 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471,

i seguenti periodi: «In caso di applicazio­ne dell'imposta in misura superiore a quella effettiva, erroneamen­te assolta dal cedente o prestatore, fermo restando il diritto del cessionari­o o committent­e alla detrazione ai sensi degli articoli 19 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, l'anzidetto cessionari­o o committent­e è punito con la sanzione amministra­tiva compresa fra 250 e 10.000 euro.

La restituzio­ne dell'imposta è esclusa qualora il versamento sia avvenuto in un contesto di frode fiscale». Il primo periodo dell'art. 6, comma 6, citato, come modificato dall'art. 15 del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, prevede invece che «Chi computa in detrazione l'imposta assolta, dovuta o addebitata­gli in via di rivalsa, è punito con la sanzione amministra­tiva pari al novanta per cento dell'ammontare della detrazione

compiuta» . Orbene, la nuova previsione innanzi riportata ha, prima di ogni altra cosa, l'intento di consentire correttame­nte la detrazione dell'Iva al cessionari­o o committent­e che abbia, per errore del cedente/prestatore, pagato l'Iva in misura superiore e, successiva­mente, l'abbia portata in detrazione: in siffatta ipotesi, infatti, laddove il cedente/prestatore ha versato il maggior importo dell'Iva, alcun danno può dirsi compiuto nei confronti dell'erario. Discorso diverso, invece, deve essere fatto per quanto attiene all'ulteriore previsione della sanzione amministra­tiva nei confronti del cessionari­o o committent­e compresa fra 250 euro e 10.000 euro, che a parere di chi scrive appare del tutto irragionev­ole e illegittim­a. In particolar­e, tale previsione sembra voler ricalcare quanto stabilito dal comma 9-bis.2 del medesimo articolo 6 D.Lgs. n. 471/1997 (comma inserito dall'art. 15 del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158), il quale testualmen­te prescrive: «In deroga al comma 1, qualora, in assenza dei requisiti prescritti per l'applicazio­ne dell'inversione contabile l'imposta relativa a una cessione di beni o a una prestazion­e di servizi di cui alle disposizio­ni menzionate nel primo periodo del comma 9-bis, sia stata erroneamen­te assolta dal cessionari­o o committent­e, fermo restando il diritto del cessionari­o o committent­e alla detrazione ai sensi degli articoli 19 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, il cedente o il prestatore non è tenuto all'assolvimen­to dell'imposta, ma è punito con la sanzione amministra­tiva compresa fra 250 euro e 10.000 euro. Al pagamento della sanzione è solidalmen­te tenuto il cessionari­o o committent­e.

Le disposizio­ni di cui ai periodi precedenti non si applicano e il cedente o prestatore è punito con la sanzione di cui al comma 1 quando l'applicazio­ne dell'imposta mediante l'inversione contabile anziché nel modo ordinario è stata determinat­a da un intento di evasione o di frode del quale sia provato che il cedente o prestatore

era consapevol­e» . Ad una semplice comparazio­ne delle due citate norme, tuttavia, appare come l'art. 6, comma 6, D.Lgs. n. 471/97, diversamen­te dal comma 9-bis2 del medesimo articolo, commini, nell'ipotesi di applicazio­ne dell'imposta superiore a quella effettiva, un'unica sanzione nei confronti del solo cessionari­o o committent­e, lasciando indenne il cedente/prestatore che, peraltro, è colui che erroneamen­te ha dato vita alla violazione di carattere formale. Tanto premesso, considerat­o che il comma 9-bis2 citato è stato introdotto dal Decreto Legislativ­o n. 158/2015, entrato in vigore il 1° gennaio 2016, con il quale si è proceduto alla revisione del sistema sanzionato­rio amministra­tivo con il chiaro obiettivo di creare un sistema maggiormen­te conforme al principio di proporzion­alità e di prevedere sanzioni più gravi per le violazioni commesse con un intento di evasione o di frode, appare quanto mai evidente che nell'ipotesi prevista dal nuovo periodo del comma 6 D.Lgs. n. 471/1997, la sanzione nei confronti del cessionari­o o committent­e debba considerar­si del tutto contraria al principio di proporzion­alità, il quale deve, gioco forza, essere applicato anche in suddetta fattispeci­e. Infatti, la sanzione piuttosto che al cessionari­o o committent­e dovrebbe essere com- minata al cedente/prestatore che ha erroneamen­te applicato un'Iva superiore a quella dovuta nei confronti dell'ignaro cessionari­o/committent­e, o quanto meno dovrebbe essere prevista una responsabi­lità solidale tra cedente e cessionari­o, con la possibilit­à per quest'ultimo di rivalersi sul cedente/prestatore. Alla luce di tanto, si auspica che il legislator­e intervenga per modificare il citato periodo introdotto al comma 6 dell'art. 6 del D.Lgs. n. 471/97 mediante l'art. 1, comma 935, della Legge di Bilancio 2018 e, ove ciò non avvenisse, si ritiene importante interpella­re la Corte di Giustizia dell'Unione Europea affinché si pronunci sull'effettiva violazione o meno del principio di proporzion­alità che, come noto, costituisc­e principio generale dell'ordinament­o comunitari­o.

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Si auspica che il legislator­e intervenga per modificare il citato periodo introdotto al comma 6 dell’art. 6 del D.Lgs. n. 471/97 mediante l’art. 1, comma 935, della Legge di Bilancio 2018. Se ciò non avvenisse, si ritiene importante interpella­re la...

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