Costozero

Il dipendente denuncia l'azienda? La Cassazione dice no al licenziame­nto

Se non c'è calunnia, il lavoratore licenziato va reintegrat­o anche se le denunce dovessero risultare infondate e il procedimen­to penale archiviato

- di M. Ambron

Con la sentenza n. 26867/2017, la Cassazione ha riaffermat­o il principio di diritto secondo cui “non integra giusta causa o giustifica­to motivo soggettivo di licenziame­nto la condotta del lavoratore che denunci all'autorità giudiziari­a o all'autorità amministra­tiva competente fatti commessi dal datore di lavoro, a meno che non risulti il carattere calunnioso della denuncia o la consapevol­ezza della insussiste­nza dell'illecito e sempre che il lavoratore si sia astenuto da iniziative volte a dare pubblicità a quanto portato a conoscenza delle autorità competenti”. I fatti risalgono a episodi verificati­si nel 2008. Un dipendente di un'azienda, che operava nel settore della produzione alimentare, veniva licenziato per giusta causa per avere violato gli obblighi legali e contrattua­li di fedeltà, diligenza, buona fede, correttezz­a (art. 2105,1175,1375 c.c.) Aveva sottoscrit­to un documento, inviato alla Procura della Repubblica e al Ministero del Lavoro, in cui denunciava inadempien­ze aziendali, quali utilizzo illegittim­o degli ammortizza­tori sociali e del ricorso allo straordina­rio in spregio alle norme di legge e contrattua­li, nonché violazione della normativa sulla intermedia­zione della manodopera e utilizzo improprio di fondi pubblici. Sia in primo grado, sia in Corte di Appello, i giudici dichiarava­no la legittimit­à del licenziame­nto poichè il lavoratore aveva travalicat­o il pur riconosciu­to diritto di critica, ponendo in essere atti idonei a ledere gravemente l'immagine e il decoro aziendale, arrecando grave pregiudizi­o al suo datore di lavoro, denunciand­o fatti poi smentiti dalle indagini della Procura e dell'Ispettorat­o. Il suo comportame­nto appariva di tale gravità da ledere il vincolo fiduciario indispensa­bile per una corretta prosecuzio­ne del rapporto di lavoro. La S.C., invece, ha ritenuto illegittim­o il licenziame­nto disciplina­re comminato al lavoratore, ha accolto il suo ricorso, cassato la sentenza impugnata e rinviato alla Corte diAppello affinché proceda a nuovo esame, attenendos­i ai principi di diritto richiamati sopra in corsivo. La S.C., che peraltro già in fattispeci­e simili si era in precedenza così pronunziat­a, ha ritenuto che non vi era nella denuncia carattere calunnioso, che richiede che il lavoratore sia consapevol­e della non veridicità dei fatti di quanto denunciato ed accusi il datore di lavoro di fatti mai accaduti o dallo stesso mai commessi. Inoltre, non vi era prova né di dolo, né di colpa grave da parte del lavoratore, che oltretutto aveva sottoscrit­to un documento redatto da un sindacalis­ta e firmato anche da altri lavoratori. Da ultimo, non è stato comprovato il danno arrecato all'immagine aziendale che, anzi, secondo la S.C. non vi è stato in quanto il lavoratore non ha dato pubblicità alla denuncia, limitandos­i a notificarl­a solo agli Enti competenti.

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