Gli accertamenti bancari sui conti dei professionisti al cessionario
L'indagine non contrasta con i principi dettati dalla Costituzione in quanto la riservatezza dei dati dei propri risparmi, pur essendo un valore protetto, è subordinata al contributo di ogni cittadino alle spese pubbliche
di M. Villani, A. Rizzelli
Gli accertamenti bancari permettono all'Agenzia delle Entrate e alla Guardia di Finanza di intraprendere una verifica fiscale al fine di acquisire documenti, dati e notizie risultanti da un rapporto intrattenuto tra il soggetto verificato e un istituto bancario, Poste Italiane S.p.A. o altri intermediari finanziari. L'accertamento può essere effettuato nei confronti sia dei soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili, sia di qualunque soggetto titolare di altra categoria di reddito imponibile. Come chiarito con ordinanza n. 33 del 26 febbraio 2002 della Consulta, l'indagine bancaria non contrasta con i principi dettati dalla Costituzione in quanto la riservatezza dei dati dei propri risparmi, pur essendo un valore protetto costituzional- mente, è tuttavia subordinata al contributo di ogni cittadino alle spese pubbliche.Nello specifico, gli accertamenti bancari sono regolati dall'art. 32, comma 1, n. 2 del D.p.r. n. 600 del 1973 e dall'art. 51, comma 2, n. 2 del D.p.r. n. 633 del 1972, nonché dalla Legge 30 dicembre 1991, n. 413 che, nell'ampliare i poteri dell'Amministrazione finanziaria, ha reso più veloce la procedura e facilitato il ricorso a tale strumento istruttorio. In particolare l'art. 32, comma 1, n. 2 del D.p.r. n. 600 del 1973 stabilisce che sono considerati ricavi i prelevamenti o gli importi riscossi nell'ambito di rapporti finanziari, salvo che il contribuente non indichi il soggetto beneficiario di questi movimenti e che tali movimenti non risultino dalle scritture contabili. Il suddetto articolo, come noto, prima della sentenza della Corte Costituzionale n. 228 del 24 settembre 2014, prevedeva che la presunzione di maggior reddito non dichiarato dovesse valere anche per i “compensi”, ovvero i ricavi percepiti dai lavoratori autonomi. La Consulta, invece, ha chiarito che siffatta presun- zione fosse « lesiva del principio di ragionevolezza nonché della capacità contributiva, essendo arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell'ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito » .Proprio a seguito di tale pronuncia, la presunzione legale prevista dall'art. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973, secondo cui i prelevamenti sono considerati ricavi, può essere utilizzata soltanto nei confronti degli imprenditori e non anche dei lavoratori autonomi. Viceversa, per quanto attiene ai versamenti gli stessi hanno efficacia presuntiva di maggiore disponibilità reddituale nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l'efficacia mediante la dimostrazione che ne hanno tenuto conto ai fini della determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine. Inoltre, sempre con riferimento ai versamenti, la presunzione legale prevista ex lege in favore dell'Amministrazione finanziaria,
non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall'art. 2729 del codice civile per le presunzioni semplici ed è superabile da prova contraria fornita dal contribuente, il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili mediante una prova analitica e non generica, attraverso l'indicazione specifica della riferibilità di ogni movimento bancario, così da provare che ciascuna delle operazioni effettuate è estranea a fatti imponibili. Quanto sinora argomentato è stato ampiamente chiarito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 2432 del 31 gennaio 2017, che ha sottolineato come la presunzione legale secondo cui i versamenti e i prelevamenti sono considerati ricavi o compensi può essere utilizzata nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, soggetti all'obbligo di tenuta delle scritture contabili (con la correzione apportata dalla Corte Cost. con la sentenza n. 228 del 2014 che ha dichiarato l'illegittimità della presunzione di maggiori compensi desumibile dai prelevamenti effettuati dai titolari di reddito di lavoro autonomo). Mentre l'operazione bancaria di prelevamento conserva validità presuntiva nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, le operazioni bancarie di versamento hanno efficacia presuntiva di maggiore disponibilità reddituale nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l'efficacia adempiendo l'onere di dimostra- re che « ne hanno tenuto conto ai fini della determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine » (in senso conforme Cass. Sez. 5 n. 22514 del 2013 ha ritenuto "priva di qualsivoglia riscontro normativo" la limitazione dell'ambito applicativo degli accertamenti bancari ai soli soggetti esercenti attività di impresa, artistica o professionale). Infine, con sentenza n. 8266 del 04 aprile 2018, la Corte di Cassazione ha precisato che l'Agenzia non ha l'obbligo di motivare la ragione per la quale ricorre alle indagini bancarie, né il loro svolgimento presuppone elementi indiziari gravi, precisi e concordanti di evasione fiscale. Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 32, prevede una presunzione legale in base alla quale le operazioni su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi a fronte della quale il contribuente, in mancanza di espresso divieto normativo e per il principio di libertà dei mezzi di prova, può fornire la dimostrazione contraria anche attraverso presunzioni semplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica da parte del giudice. Quest'ultimo è tenuto ad individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell'ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative (Cass. Sez. 6 - 5, Ord. n. 11102 del 05/05/2017).