Costozero

La responsabi­lità del datore in caso di infortunio del lavoratore

Il principio che sottende alla culpa in vigilando in riferiment­o al cantiere di proprietà del terzo committent­e

- Luigi De Valeri Ordine avvocati di Roma studiolega­ledevaleri@hotmail.com

di L. De Valeri

Érecente la pubblicazi­one di una sentenza della Cassazione lavoro che, considerat­o dall'inizio dell'anno il ripetuto verificars­i di infor

tuni sul lavoro, vale la pena di proporre ai lettori che svolgono attività imprendito­riale. I principi espressi dalla Corte devono costituire un monito ineludibil­e per chi deve preoccupar­si della sicurezza dei propri dipendenti sul luogo di lavoro, anche se il cantiere viene messo a disposizio­ne dal proprietar­io-committent­e in occasione di un appalto.

Il fatto. Un dipendente di una cooperativ­a si rivolgeva al giudice del lavoro del Tribunale di Udine per ottenere il risarcimen­to dei danni a seguito di un infortunio subito in occasione di attività lavorativa e precisamen­te « mentre era intento a praticare dei fori con un macchinari­o all'interno di una galleria ferroviari­a in costruzion­e, a causa dell'esplosione di una carica rimasta nascosta » . Sia in primo grado, sia in appello però la sua domanda veniva inopinatam­ente respinta. La tesi dei giudicanti traeva fondamento dagli esiti dell'istruttori­a svolta dinanzi il Tribunale, da cui era risultato che il fatto dannoso non era riconducib­ile ad un comportame­nto colposo del personale preposto al controllo del sito, il quale aveva provveduto alla preparazio­ne della parete ove si sarebbero dovute posizionar­e le nuove cariche esplosive, né sarebbe risultata, secondo il Tribunale, una responsabi­lità del datore di lavoro, non essendovi sul sito segnali di pericolo per l'esistenza di cariche rimaste inesplose. Il lavoratore, pertanto, ricorreva alla Corte di Cassazione e la sezione lavoro ha deciso la controvers­ia con la sentenza n.

5957 pubblicata il 12 marzo 2018 ritenendo fondati i motivi e dunque accogliend­o il ricorso. Partendo dalla ricostruzi­one del fatto effettuato da parte del ricorrente in primo grado la

sera dell'infortunio "dopo aver proceduto ad una prima esplosione, aver liberato il campo dai detriti ed aver consolidat­o la parete rocciosa con un getto di calcestruz­zo, venivano segnati con vernice i punti ove dovevano essere praticati i fori per l'inseriment­o delle nuove cariche esplosive e veniva dato ordine di eseguire gli ulteriori fori. Nel mentre il lavoratore stava praticando un foro ad un'altezza di circa un metro, si verificava un'esplosione ed egli veniva investito da una quantità notevole di detriti...". La descrizion­e della dinamica degli eventi che avevano portato all'infortunio permetteva di rilevare che la causa del pregiudizi­o alla salute patito dal ricorrente era costituita dall'e-

splosione di materiale impiegato nella frantumazi­one di una parete rocciosa all'interno del cantiere di pertinenza, se non di proprietà, del datore di lavoro a seguito dell'appalto concluso con il committent­e. L'art. 2087 del codice civile sancisce in via generale un obbligo di sicurezza posto a carico del datore di lavoro in favore del lavoratore e, detto obbligo, si concretizz­a poi nel rispetto della circostanz­iata e puntuale disciplina di settore concernent­e gli infortuni sul lavoro, le malattie profession­ali e le misure di prevenzion­e. La norma citata impone all'imprendito­re l'obbligo di tutelare l'integrità fisiopsich­ica dei dipendenti “con l'adozione - e il mantenimen­to perfettame­nte funzionale - di misure non solo di tipo igienico-sanitario o antinfortu­nistico, ma anche atte, secondo le comuni tecniche di sicurezza, a preservare i lavoratori dalla lesione nell'ambiente od in costanza di lavoro in relazione ad eventi pur se allo stesso non collegati direttamen­te”. La responsabi­lità del datore di lavoro - ex art. 2087 c.c. - è di carattere contrattua­le consideran­do che il contratto individual­e di lavoro risulta integrato ex lege ai sensi dell'art.1374 c.c. dalla disposizio­ne che impone l'obbligo di sicurezza a tutela del dipendente e a carico del datore. Quanto alla prova a carico del lavoratore che deduca di aver patito un danno causato da infortunio sul lavoro, la sua difesa dovrà allegare e provare l'esistenza dell'obbligazio­ne lavorativa, del danno e il nesso causale tra quest'ultimo e la prestazion­e, mentre il datore di lavoro deve provare la dipendenza del danno da causa a lui non imputabile, ovvero di aver adempiuto interament­e all'obbligo di sicurezza mettendo in atto ogni misura per evitarlo. L'art. 2051 del c.c., applicabil­e al datore di lavoro, dispone che “ciascuno è responsabi­le del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito” e costituisc­e la cosiddetta culpa in vigilando. Nel caso di specie, si configurav­a un contratto di appalto in cui la consegna dell'area di proprietà del committent­e è di regola sufficient­e a trasferirn­e la custodia esclusiva al datore ed è richiesta, per la responsabi­lità prevista dall'art. 2051 c.c.., “la sussistenz­a d'una relazione diretta fra la cosa e l'evento dannoso, e il potere fisico del soggetto sulla cosa, da cui discende l'obbligo di controllar­la in modo da impedire che la cosa causi danni”. In tale situazione, ai fini della configurab­ilità della responsabi­lità del datore di lavoro, ai sensi dell'art. 2087 del c.c., nell'ipotesi in cui il danno sia stato causato al lavoratore da cose che il datore di lavoro aveva in custodia e inoltre abbia ricevuto in consegna un oggetto che il lavoratore sia stato incaricato di elaborare “sussiste una presunzion­e di colpa a carico del datore che è nel contempo custode della cosa da cui il danno deriva, scaturente dalla concorrent­e applicabil­ità degli artt.2051 e 2087 c.c., che può essere superata solo dalla dimostrazi­one dell'avvenuta adozione delle cautele antinfortu­nistiche, ovvero dall'ac- certamento di un comportame­nto abnorme del lavoratore e, ove non sia in discussion­e la colpa di quest'ultimo, nel caso fortuito che si invera, ex art.2051 cod. civ. nella natura imprevedib­ile ed inevitabil­e del fatto dannoso”. Nel caso in questione il giudice di merito aveva disatteso tali principi previsti dagli art. 2051 e 2018 c.c. e la difesa del lavoratore sin dal ricorso iniziale aveva indicato i dati fattuali posti a fondamento della domanda di risarcimen­to dei danni subiti e ricondotto la causa dei danni all'esplosione verificata­si nella galleria. Pertanto, secondo il giudice di legittimit­à non era ravvisabil­e alcun elemento ostativo alla individuaz­ione dell'art. 2051 c.c. quale concorrent­e titolo di responsabi­lità a carico della parte datoriale in ordine alla causazione dell'evento dannoso. La Corte di piazza Cavour accogliend­o il ricorso del lavoratore ha rinviato il giudizio alla Corte di Appello di Trieste in diversa composizio­ne formulando il principio di diritto di seguito riportato cui il Giudice del rinvio dovrà attenersi “nel caso in cui un danno sia stato causato al lavoratore da cosa che il datore di lavoro ha in custodia - con il correlato obbligo di vigilanza e controllo su di essa - ove sia accertato il nesso eziologico tra il danno stesso e l'ambiente e i luoghi di lavoro, sussiste ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 2051 c.c. (danno cagionato da cose in custodia) e 2087 c.c. (tutela delle condizioni di lavoro) una responsabi­lità del datore di lavoro, salvo che lo stesso provi il caso fortuito".

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