Al centro la qualità del lavoro
Per il segretario generale della Cisl Salerno «la politica non può intervenire continuamente, ad ogni cambio di governo, in tema di norme sul lavoro. Le parti sociali, uniche titolate alla regolamentazione di assetti contrattuali, hanno bisogno di certezz
Dottor Ceres, il “Patto della Fabbrica” vede insieme Confindustria e Sindacato per un nuovo modello contrattuale e di relazioni industriali teso, tra le altre cose, ad arginare il fenomeno dei contratti pirata. Il suo commento?
Con la firma dell'accordo interconfederale abbiamo voluto definire contenuti e linee di indirizzo per rilanciare le relazioni industriali, la contrattazione collettiva, estendendone l'efficacia e, in questo modo, il ruolo delle parti sociali, ponendosi l'obiettivo di contribuire allo sviluppo del Paese in generale. Stabilendo procedure di misurazione della rappresentatività delle associazioni, sia sindacali che datoriali, si aprirà una stagione di contrasto ai “contratti pirata”, stipulati da organizzazioni di comodo, che hanno determinato la lesione di diritti storici dei lavoratori e retribuzioni più basse rispetto ai contratti sottoscritti dalle Federazioni confederali. Un sistema efficace di misurazio- ne della rappresentanza, infatti, consentirebbe di individuare con precisione quali sono i contratti siglati da soggetti titolari di un reale “peso” negoziale e quali, invece, gli accordi firmati da organizzazioni fittizie, costruite al solo scopo di aggirare i minimi retributivi. Esiste un mondo molto variegato di contratti collettivi, sottoscritti da organizzazioni prive di reale rappresentatività, che hanno come uno scopo quello di dare copertura formale
a situazioni di vero e proprio “dumping contrattuale”; questi accordi alterano la concorrenza fra imprese e danneggiano i lavoratori e incentivano l'adozione di prassi illecite.
Al centro il lavoro, o meglio la qualità del lavoro. Ritiene che anche a livello provinciale se ne potranno godere i benefici?
Certamente, proprio attraverso la contrattazione di II livello e quella del welfare aziendale. É chiaro il passaggio, contenuto anche nel cosiddetto “Patto della Fabbrica”, da una concezione del lavoro come insieme di elementi di carattere prevalentemente fisico e ambientale, ad una nella quale fanno il loro ingresso fattori legati al benessere psichico e sociale, accanto ad aspetti connessi al controllo degli obiettivi del proprio lavoro e alle prospettive di crescita. La qualità del lavoro costituisce, dunque, anche a livello locale, l'esito del rapporto fra bisogni del lavoratore e profilo dell'organizzazione del lavoro.
Non si corre il rischio di delegare tutto a livello aziendale?
Assolutamente no. Alla vigilia della quarta rivoluzione industriale, i contratti nazionali non hanno finito il loro ruolo, ma devono configurarsi come cornice di garanzia. La contrattazione di II livello ha lo scopo di declinare meglio, e secondo le esigenze delle varie aziende, i caposaldi contrattuali nazionali. La produttività va favorita dalla contrattazione nazionale ma distribuita lì dove si esplica il lavoro e la produzione, cioè in azienda. La Contrattazione territoriale deve essere la sede dove costruire l'ecosistema del nuovo modello industriale.
La politica sul fronte del lavoro e, più in generale della strategia industriale, cosa è chiamata a fare?
Meno deficit e più investimenti. Centrale dovrà essere il rilancio degli investimenti pubblici. Saranno decisivi per rafforzare la competitività complessiva del nostro Paese. Essi, infatti, non rilancerebbero solo la domanda, ma sarebbero cruciali per far crescere il rendimento atteso del capitale privato. Dunque porterebbero anche più investimenti privati. Gli investimenti pubblici sono sempre stati il volano per la crescita di medio e lungo periodo. Inoltre, resta da sottolineare un aspetto ugualmente importante e decisivo per le politiche industriali: la politica deve essere molto cauta ad intervenire con spasmodico affanno sulle materie lavoristiche. Non si può intervenire continuamente, ad ogni cambio di governo, in tema di norme sul lavoro. Le parti sociali, uniche titolati alla regolamentazione di assetti contrattuali, hanno bisogno di certezze di lungo periodo e non muoversi in ambiti fragili di una sola stagione.