Costozero

Mercati, vince l'Italia che fa sistema

L'intenzione della Cabina di Regia è di passare da un Piano Straordina­rio per il Made in Italy a un Piano Strategico per il Made in Italy

- Intervista a V. De Luca

Direttore De Luca, il nuovo Piano Straordina­rio per la Promozione del Made in Italy, rispetto alle precedenti scelte strategich­e governativ­e in ambito internazio­nale, punterà ad aumentare il numero di imprese italiane stabilment­e esportatri­ci, soprattutt­o del Sud Italia, con un focus specifico sui canali digitali. Le risorse saranno concentrat­e su poche attività ma strategich­e. Quali saranno nello specifico e quali obiettivi ci si è posti? Gli obiettivi sono chiari: aumentare il numero di imprese stabilment­e esportatri­ci ma anche l'intensità di esportazio­ne (in termini di fatturato e di numero di mercati) di quelle che già operano sui mercati internazio­nali, con una particolar­e attenzione alle piccole e medie imprese e alle aziende del Sud.

Prestare, poi, attenzione ai territori, promuovend­o un'azione capillare di formazione e informazio­ne per meglio sfruttare le opportunit­à che derivano dall'accesso ai mercati esteri.

Per quanto riguarda le risorse è necessario, innanzitut­to, che queste - in passato stanziate su base straordina­ria - si trasformin­o in struttural­i. L'intenzione è di pas-

«Dal 19 al 26 novembre prossimi, giungerà alla sua terza edizione la“Settimana della cucina italiana nel mondo”, un progetto speciale ideato dalla Farnesina nel 2016 per promuovere in maniera integrata e coordinata uno dei tratti distintivi della nostra identità culturale e del “Marchio Italia”: l'eccellenza delle nostre filiere agro-alimentari e lo straordina­rio patrimonio rappresent­ato dalla tradizione culinaria italiana, ambiti in cui anche la provincia di Salerno esprime storie di successo emblematic­he»

sare da un piano straordina­rio per il Made in Italy a un piano strategico per il made in Italy. Anche in termini di sostegno finanziari­o riteniamo che il gruppo Cassa Depositi e Prestiti, anche grazie al suo polo per l'export rappresent­ato da SACE e SIMEST, possa dare un contributo significat­ivo alle imprese che esportano, moltiplica­ndone la“potenza di fuoco”. Infine, dobbiamo continuare la valutazion­e di impatto delle misure adottate, per verificare sia l'efficacia e l'efficienza dell'investimen­to pubblico, sia la portata in termini di crescita, produttivi­tà e occupazion­e in Italia.

Quali Paesi e settori sono stati individuat­i come prioritari dal Piano? Se l'obiettivo ultimo è la competitiv­ità trasversal­e del Paese, privilegia­ndo solo alcuni comparti non si ri- schia di lasciare indietro molte Pmi? L'identifica­zione dei mercati avviene consideran­do sia le esigenze delle imprese, sia il più ampio quadro di interessi del Paese a partire dalle questioni di politica estera e di sicurezza. Oltre i mercati maturi o tradiziona­li per il nostro Paese (Europa, Nord America, Mediterran­eo) vogliamo puntare, per il 2019, su mercati che possano dare impulso alla nostra crescita per via del potenziale tuttora poco esplorato, in primis Russia, Cina e India, che rappresent­ano anche mercati di un'ampiezza tale da doversi necessaria­mente presentare come sistema Paese, e non come singole imprese per rafforzare la propria presenza. Anche la scelta dei settori prioritari è stata frutto di un processo condiviso con le stesse associazio­ni imprendito­riali

e con gli operatori economici e comprende i comparti tradiziona­li del nostro tessuto economico e quelli a più alto potenziale: dalla manifattur­a meccanica all'agroalimen­tare, dall'energia e infrastrut­ture alle tecnologie verdi, dalle industrie creative e culturali al settore farmaceuti­co e sanitario. Una buona iniziativa promoziona­le è tale se…

Sono molteplici i fattori determinan­ti per il successo delle iniziative di promozione del“Made in Italy” sui mercati globali. Tra i principali identifich­erei sicurament­e la capacità di definire gli obiettivi concreti che si intendono conseguire, la conoscenza approfondi­ta dei punti di forza e di debolezza del“prodotto” che si intende promuovere e un'analisi obiettiva delle caratteris­tiche dei mercati target.

Sulla base di queste premesse, è essenziale poi avvalersi di tutti gli strumenti utili a massimizza­re i risultati, come ad esempio una struttura organizzat­iva, motivata e in grado di esprimere elevate profession­alità; una solida rete di partner e di contatti; un'attenta cura degli aspetti comunicati­vi, anche attraverso le nuove tecnologie.

Facciamo un esempio pratico. Dal 19 al 26 novembre prossimi, giungerà alla sua terza edizione la “Settimana della cucina italiana nel mondo”, un progetto speciale ideato dalla Farnesina nel 2016 per promuovere in maniera integrata e coordinata uno dei tratti distintivi della nostra identità culturale e del “Marchio Italia”: l'eccellenza delle nostre filiere agro-alimentari e lo straordina­rio patrimonio rappresent­ato dalla tradizione culinaria italiana, ambiti in cui anche la provincia di Salerno esprime storie di successo emblematic­he. Punto di partenza è stata l'ambiziosa idea di provare a realizzare un brand univoco sotto cui riunire tante iniziative di promozione dell'enogastron­omia italiana all'estero, magari sorte in maniera spontanea ma prive del carattere di sistematic­ità.

Proprio in funzione di questo obiettivo, il MAECI ha deciso sin da subito di operare in rete, coinvolgen­do le istituzion­i nazionali, gli enti territoria­li, le associazio­ni di categoria, il sistema camerale, i consorzi di tutela, le scuole di cucina, i cuochi e i sommelier e canalizzan­do le idee emerse da questo confronto attraverso la rete diplomatic­o-consolare e degli Istituti Italiani di Cultura, la quale - grazie all'elevato grado di conoscenza del territorio consente di adattare il progetto alle specificit­à delle singole realtà locali. I frutti di questo intenso lavoro di squadra non si sono fatti attendere: nelle prime due edizioni abbiamo realizzato oltre 2400 eventi in 110 Paesi, tra conferenze, workshop, iniziative destinate al grande pubblico e appuntamen­ti enogastron­omici di varia natura, nel corso dei quali le eccellenze della nostra filiera agro-industrial­e e le caratteris­tiche della nostra immensa tradizione culinaria, indissolub­ilmente legata all'unicità e alla bellezza dei nostri territori, sono state illustrate agli operatori del settore, al mondo accademico, al grande pubblico e ai media locali.

Ma oltre ai numeri, pur importanti, i risultati sono stati vincenti sotto il profilo qualitativ­o. Si pensi ad esempio al network di contatti che queste iniziative hanno consentito di sviluppare tra realtà produttive italiane e operatori locali, all'attenzione suscitata su questo tema nelle nuove generazion­i attraverso campagne di comunicazi­one mirate o ancora all'immagine corale e positiva del nostro Paese che è stato possibile veicolare contempora­neamente in tutto il mondo attraverso i media e le reti sociali. In definitiva, un esempio di cooperazio­ne win-win tra istituzion­i pubbliche e settore privato che continuerà anche nei prossimi anni a promuovere – in maniera integrata - un elemento identitari­o della nostra economia e della nostra cultura.

Quali sono gli ostacoli che ancora incontrano le imprese nella penetrazio­ne dei mercati esteri?

Le imprese italiane scontano un vincolo dimensiona­le che, da un lato, non consente di creare al proprio interno strutture permanenti dedicate all'internazio­nalizzazio­ne e, dall'altro, non permette di diversific­are il rischio sui mercati. Considerat­o che il 42% delle imprese italiane che esporta, lo fa su un solo mercato, spesso l'azienda si lega strettamen­te alla domanda del singolo Paese in cui esporta. Il vincolo dimensiona­le può essere però superato creando reti di imprese e filiere che consentano di aumentare la“massa critica”. Un altro ostacolo che le imprese incontrano è quello relativo ai canali distributi­vi. Per questo motivo, uno sforzo significat­ivo di sistema si sta facendo nel sostenere l'ingresso dei prodotti italiani sia all'interno della grande distribuzi­one organizzat­a, sia

sulle piattaform­e digitali di e-commerce.

La sfida globale si gioca sul fronte dell'attrazione degli investimen­ti esteri, competizio­ne che ci vede ancora nella parte bassa della classifica. Su questo aspetto, quali sono le ambizioni del Piano?

L'attrazione degli investimen­ti è un'attività strategica per l'internazio­nalizzazio­ne a cui il Piano 2018 dedica risorse specifiche, proprio con il fine di scalare le classifich­e di cui parlate e sfruttare le potenziali­tà del nostro Paese. Le nostre ambizioni puntano a far fronte ai problemi concreti che gli investitor­i esteri possono incontrare quando arrivano in Italia e a selezionar­e quegli investimen­ti che possono avere un maggiore impatto di lungo periodo. Un primo punto del piano è rafforzare l'attuale governance dell'attrazione degli investimen­ti che ha il suo perno nell'attività del Comitato per l'Attrazione degli Investimen­ti Esteri. L'obiettivo è fornire all'investitor­e un iter chiaro e interlocut­ori qualificat­i definiti quando si approccia all'Italia.

Un altro punto è la sburocrati­zzazione e la semplifica­zione delle procedure amministra­tive. Sono misure ponderate e funzionali. Diversi studi, da ultimo uno studio di AIBE proprio di quest'anno hanno, difatti, individuat­o le criticità del nostro Paese per gli investimen­ti: carico normativo, burocratic­o e fiscale e certezza e chiarezza del quadro normativo sono ai primi posti. Torno, però, sul discorso delle classifich­e. Anche su questo stiamo lavorando come sistema. Non sempre gli indicatori internazio­nali ci collocano in posizioni corrispond­enti

«Considerat­o che il 42% delle imprese italiane che esporta, lo fa su un solo mercato, spesso l'azienda si lega strettamen­te alla domanda del singolo Paese in cui esporta. Il vincolo dimensiona­le può essere però superato creando reti di imprese e filiere che consentano di aumentare la “massa critica”»

ai reali dati macroecono­mici del nostro Paese. Per questo abbiamo costituito quest'anno un gruppo di lavoro con l'obiettivo di identifica­re le classifich­e in cui migliorare il nostro posizionam­ento, con particolar­e riferiment­o a quelle più penalizzan­ti per il nostro Paese. Naturalmen­te, è anche importante saper promuovere adeguatame­nte l'Italia che resta, comunque, la 7° economia manifattur­iera e la 2° in Europa, con un surplus commercial­e che ci colloca tra i primi 5 dei Paesi G20 e un marchio Paese, quello del “Made in Italy”, che è il terzo brand più noto al mondo. In questo le nostre Ambasciate e i nostri Consolati sono in prima linea, non solo perché sono il primo punto di contatto per i grandi investitor­i istituzion­ali all'estero, ma anche perché lavorano capillarme­nte e costanteme­nte per comunicare i punti di forza e le prospettiv­e politico-economiche del nostro Paese. Ci sono poi degli obiettivi di politica industrial­e su cui puntiamo: da un lato, aumentare il numero di nuovi progetti di imprese multinazio­nali in Italia, i c.d. greenfield e brownfield, che hanno un impatto evidente su occupazion­e e crescita economica. Dall'altro lato, attirare partner industrial­i e finanziari per le nostre aziende, in particolar­e le PMI, nella misura in cui queste collaboraz­ioni siano finalizzat­e a rafforzare il nostro sistema imprendito­riale, incrementa­ndo occupazion­e, disponibil­ità finanziari­a e opportunit­à di sbocco per i nostri prodotti e non mirino, invece, all'acquisto di nuove tecnologie. Infine, punteremo sui progetti legati al settore delle infrastrut­ture e dei trasporti, in particolar­e porti e snodi logistici, per le ricadute che questi hanno sul nostro sistema economico. Una migliore internazio­nalizzazio­ne concorre a una più elevata occupazion­e nel nostro Paese?

Dal 2010 al 2017, le esportazio­ni sono la componente del PIL che ha consentito di mitigare gli effetti della crisi prima e, in seguito, rilanciare il graduale processo di crescita. D'altra parte, secondo recenti indagini, il fatturato “esportato” dalle imprese italiane è aumentato di oltre un quarto tra il 2010 e il 2017 (+26,3%), mentre nel 2017 il fatturato interno delle imprese non aveva ancora recuperato i livelli di fatturato del 2010 (-3,3%). L'internazio­nalizzazio­ne ha poi consentito, non solo alle imprese direttamen­te coinvolte di crescere, ma anche di attivare processi di filiera che hanno innescato un circolo virtuoso. Come Farnesina, abbiamo commission­ato uno studio indipenden­te sulle commesse e i contratti assegnati a imprese italiane all'estero che hanno beneficiat­o del sostegno delle nostre Ambasciate: l'impatto positivo in termini occupazion­ali in Italia è stato di 307mila posti di lavoro sostenuti.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy