Prete, Unioncamere: «Il Piano va esteso alle PMI con minore fatturato»
Si stima ci siano quasi 50.000 imprese potenziali od occasionali esportatrici, con un giro d'affari medio intorno ai 3 milioni e con tutte le carte in regola per andare sui mercati internazionali. «Questa potenzialità, se colta - rimarca il vice president
Vice presidente Prete, tutte le voci interessate all'internazionalizzazione riunite nella Cabina di regia hanno lavorato fianco a fianco per promuovere in maniera coordinata il Made in Italy nel mondo. Unioncamere è soddisfatta del Piano emerso? Condividiamo in larga misura sia l'impostazione, sia gli obiettivi. Necessaria è ancor di più la premessa al Piano, quella di rendere strutturale la strategia di supporto all'internazionalizzazione, seguendo un approccio integrato che passa non solo attraverso la promozione del Made in Italy ma anche attraverso l'innovazione e la cooperazione scientifica, la promozione culturale e turistica, l'utilizzo efficace delle tecnologie e delle piattaforme digitali, gli investimenti esteri. Siamo tutti convinti che l'export sia centrale per la crescita e l'occupazione.
I dati di Unioncamere dicono che, lo scorso anno, le PMI manifatturiere operanti all'estero hanno programmato assunzioni in misura doppia rispetto a quelle che invece non esportano. E, giustamente, il Piano indica tra le priorità l'aumento delle imprese esportatrici, oltre alla crescita del fatturato all'estero. Ma se vogliamo raggiungere questo obiettivo, dobbiamo rendere le nostre aziende - soprattutto le più piccole - consapevoli delle opportunità offerte dai mercati internazionali e attrezzate a sfruttarle.
Fin qui, il target di riferimento del Piano è stato l'impresa con un fatturato medio di 14 milioni di euro: occorre innanzitutto allargare questa platea e coinvolgere anche le imprese con un fatturato più piccolo. Stimiamo che ci siano quasi 50.000 imprese potenziali od occasionali esportatrici, con un fatturato medio intorno ai 3 milioni e con tutte le carte in regola per andare sui mercati internazionali. Questa potenzialità, se colta, può valere almeno 6 punti in più di export. Pur condividendone impostazione e finalità, Unioncamere in sede di Cabina di Regia rilievi al Piano ne ha fatti. Quali?
Il primo attiene alle moda- lità operative delle missioni all'estero, di gran lunga migliori rispetto al passato ma ancora non del tutto adeguate alle aziende più piccole.
Molte di loro ci riferiscono, infatti, la necessità di una formula diversa: sarebbe preferibile metterle insieme per filiere e che per ciascun gruppo ci sia un soggetto che faccia da interlocutore unico, le coordini, le segua nella missione e curi poi il follow up.
Azioni come questa aumenterebbero le chance di internazionalizzazione delle piccole e piccolissime aziende.
C'è poi un secondo punto: come scaricare meglio a terra il Piano. Per farlo, serve che ci sia un presidio attivo e strutturato sui territori, in grado di dare gambe alle attività previste e aumentarne la ricaduta nelle diverse aree del Paese, specie al Sud.
Questo è il ruolo che stanno svolgendo le Camere di commercio, ovviamente in collaborazione con il mondo delle associazioni di categoria. Un ruolo che in quest'ultimo
anno si è rafforzato attraverso le intese stipulate da Unioncamere con il MISE e con la rete degli Uffici ICE, nonché, a livello territoriale, attraverso gli accordi tra le Regioni e molte Camere di commercio e Unioni Regionali.
Non solo…
Sì, per quanti ancora non lo sapessero, in parallelo abbiamo voluto riorganizzare le nostre aziende speciali per l'estero creando Promos Italia, la struttura unitaria di sistema che offrirà servizi specialistici di informazione, formazione e assistenza all'estero. Abbiamo poi avviato, prima dell'estate, un piano di formazione a tappeto per circa
«Vorremmo veder valorizzato di più all'interno del Piano il ruolo di Ambasciate, Uffici dell'ICE, reti delle altre strutture ma anche quella delle Camere di commercio italiane all'estero, presenti in 55 Paesi del Mondo con 130 sedi operative e 490 dipendenti»
300 funzionari ed esperti delle Camere di commercio.
Il nostro programma di intervento - partito nei mesi scorsi, dopo l'approvazione della riforma camerale - si articola su due linee principali:
1. Una serie di contatti “porta a porta”. Abbiamo individuato e stiamo contattando una a una circa 10.000 piccole imprese dell'agroalimentare, del manifatturiero e dei servizi che presentano una più elevata probabilità di proiezione all'estero.
2. Un aiuto personalizzato. Assisteremo oltre 1.500 piccole imprese a sviluppare un piano personalizzato di presenza all'estero, anche utilizzando la leva del digitale e del commercio elettronico, attraverso i PID camerali.
Questo tema di come rafforzare il presidio territoriale per far crescere l'export va, dunque, ribadito con più chiarezza nel Piano. Anche per dare supporto alle azioni di attrazione degli investimenti: pure su questo punto, una precisazione nel Piano sarebbe utile.
Vorrei fare un'ultima osservazione sulle reti che operano all'estero: vorremmo veder valorizzato di più all'interno del Piano il ruolo di Ambasciate, Uffici dell'ICE, reti delle altre strutture ma anche quella delle Camere di commercio italiane all'estero, presenti in 55 Paesi del Mondo con 130 sedi operative e 490 dipendenti.
Una rete che, con il presidente Gian Domenico Auricchio - va potenziata proprio per l'assistenza alle imprese più piccole, per lo scouting di opportunità di affari e per l'aiuto all'insediamento all'estero.