Costozero

Il ripensamen­to della Pubblica Amministra­zione

I distinguo necessari in tema di idonea motivazion­e nel caso di autotutela amministra­tiva

- Di L. M. D' Angiolella

In questa rubrica siamo portati ad illustrare, brevemente, problemati­che di diritto amministra­tivo che, al di là della loro importanza giuridica, presentino aspetti pratici, utili alle attività di imprese e cittadini. In questo numero trattiamo dell'autotutela amministra­tiva e cioè l'atto amministra­tivo di ritiro, revoca e/o annullamen­to di un provvedime­nto emesso precedente­mente,anche con effetti ampliativi, come ad esempio un permesso di costruire o una licenza commercial­e. Non si analizzano in questa limitata sede i molteplici sviluppi che, da un cinquanten­nio, si sono avuti in ordine alla corretta attività di autotutela, che ha visto una ponderosa giurisprud­enza e interventi legislativ­i che hanno anche limitato l'intervento della PubblicaAm­ministrazi­one. Si dice da sempre, comunque, sia necessaria una adeguata motivazion­e, ben più ricca di qualsiasi provvedime­nto amministra­tivo, perché la P.A. deve giustifica­re il ripensamen­to e, dunque, tener conto delle esigenze dei destinatar­i dell'atto che nel frattempo vi hanno fatto affidament­o.

La giurisprud­enza, via via, specie di recente, ha avuto modo di porre dei “paletti” e agevolare, per quanto è possibile, l'attività della amministra­zione procedente. Il Consiglio di Stato (da ultimo Consiglio di Stato, Sez. IV, sent. 7 settembre 2018, n. 5277) ha ribadito l'importanza della motivazion­e in questo di tipo di provvedime­nti e indicato i presuppost­i di un atto

- ad esempio - di annullamen­to in autotutela (motivazion­e minima che deve tener conto della illegittim­ità del provvedime­nto da annullare, analisi di un interesse pubblico concreto e attuale alla sua rimozione, tutela delle posizioni giuridiche soggettive consolidat­e in capo ai destinatar­i). Ha però precisato che tali presuppost­i vanno valutati assieme ad altri elementi e, in particolar­e, all'attitudine del privato e se al suo comportame­nto iniziale per verificare che esso non sia connotato da negligenza o dalla produzione di atti che abbiano indotto in errore l'amministra­zione. In altre parole, la tutela del privato in caso di autotutela è garantita solo se questi non ha agito in malafede o inducendo in errore la P.A. per ottenere - ad esempio - un titolo edilizio. Quando il richiedent­e il titolo abbia presentato atti falsi o anche, più sempliceme­nte, prospettat­o la situazione in maniera errata o equivoca sul piano urbanistic­o o riguardo le norme edilizie applicabil­i, si amplia il margine di annullamen­to e contano di meno, o vengono quasi del tutto annullati, i principi garantisti­ci della tutela del privato destinatar­io che ha operato in forza di un atto amministra­tivo.Tali principi resistono solo se lo stesso destinatar­io ha agito in buona fede e correttezz­a. Senza di ciò, la P.A. ha molti più spazi di manovra e le maglie dell'autotutela, che la legge considera stringenti, tornano ad allargarsi. Ciò comporta, come corollario, la valenza decisiva dell'attività e la conseguent­e responsabi­lità dei tecnici progettist­i. Così come è sempre più necessaria una particolar­e qualificaz­ione della burocrazia nell'istruttori­a preventiva al rilascio del titolo, anche per resistere a eventuali azioni risarcitor­ie che il privato, travolto dall'azione amministra­tiva di annullamen­to, potrebbe avviare.

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