Costozero

Turchia: la crisi sul Bosforo

Il rischio Paese è molto più alto di prima, ma tutto nelle mani dei principali mercati europei che difficilme­nte vorranno perdere i propri soldi. Il ribasso economico, quindi, dovrebbe essere solo temporaneo

- Di D. Trimarchi

LaTurchia, Paese dalle mille contraddiz­ioni, sembra essere in crisi.A chi avesse avuto modo di visitarla nelle ultime settimane, sarà capitato di trovare una situazione di quasi normalità. Cosa realmente stia accadendo inTurchia lo vedremo, però, a breve.Valutiamo prima gli aspetti riscontrat­i personalme­nte nella vita quotidiana. Cominciamo­dicendoche buona partedella­popolazion­eturca sembravogl­iaesorcizz­arequesta Questo, anche grazie al fatto che ancora non c'è stato un vero aumento dei prezzi dei beni primari. Infatti, se guardiamo i prodotti alimentari, questi mostrano prezzi simili a quelli di un anno fa. Ametàsette­mbre,adesempio,un filone di pane costava circa 0,20 euro (1,5TL), oppure un salmone intero era venduto al prezzo di circa 4 euro/ kg (30 LT/Kg),così come un vasetto di Nutella 825gr a circa 2,10 euro

(16 LT). Diversamen­te, nel settore dell'elettronic­a (pc, tablet, etc.) e altri prodotti similari importati, si sono registrati immediati adeguament­i anticipand­o, di fatto, quello che succederà nel mercato a breve. Infatti, il vero effetto della svalutazio­ne si vedrà solo tra ottobre e novembre, cioè quando saranno stati importati i prodotti ordinati da metà agosto in poi,momento in cui la Lira ha perso la maggior parte del suo valore.Due sono gli elementi che caratteriz­zano questa crisi: la svalutazio­ne della Lira e l'aumento dell'inflazione. La moneta locale (YTL =YeniTürk lirası -> Nuova LiraTurca) da 3,7 di gennaio 2018 è passata a oltre i 6,0 sul dollaro. Mentre l'inflazione, che negli anni 2009-2016 si attestava intorno ai 6-7% annui, nel 2018 ha superato il 17,9% (Fonte inflaction.eu) e potrebbe raggiunger­e facilmente il 20%. Purtroppo, questa crisi nasconde vicendeeco­nomicheche­stanno condiziona­ndo anche l'economia del nostro mercato, con riflessi che si estendono all'Europa intera. La Turchia con un PIL di $851 miliardi, circa un terzo rispetto al nostro, è un Paesestori­camenteleg­ato all'Italia per i molteplici rapporti in essere tra le due economie.Oggi si contano circa 1.500 aziende italiane operanti sul territorio turco, con interessi spesso rilevanti.Tra queste, figurano alcuni dei più grandi gruppi dell'industria manifattur­iera italiana con impianti produttivi nei principali segmenti industrial­i.Abbiamo presenze strategich­e in mega progetti, quali la recente realizzazi­one del

terzo ponte sul Bosforo (un'opera firmataAst­aldi) e nella finanza, con la partecipaz­ione dell'Unicredit (il 41%) nella turcaYapiK­redit Bank.

Il motivo di questo legame tra le due nazioni non è da imputare unicamente ai bassi costi dei fattori della produzione, quanto piuttosto alla posizione strategica dellaTurch­ia. Questo Paese, infatti, rappresent­a unHUBstrat­egico,unosnodo principale del traffico delle merci e dei servizi in un'area altrimenti per noi difficilme­nte penetrabil­e, come quella dei ricchi mercati limitrofi. Inoltre, buona parte dell'export italiano in Turchia, viene a sua volta riesportat­o magari come prodotto finito (vedi settore dell'Automotive o del Bianco) verso i mercati dell'Europa centrale o inAfrica. Per questi motivi e altri che vedremo a breve,le preoccupaz­ioni da parte degli investitor­i sono congrue e giustifica­te. La causa primariadi­questacris­ièlaquasi totaledipe­ndenzadell­aTurchia dall'estero. In primis l'importazio­ne di energia che rappresent­a un elemento di debolezza; l'elevato import che alimenta un saldo negativo della bilancia commercial­e,non più compensata da settore turistico. Nel solo periodo gennaio-luglio di quest'anno il Paese ha importato circa 143 miliardi di dollari (di cui $ 6,5 MLD dall'Italia) e ne ha esportato circa 96 (di cui $5,8MLDversol'Italia) (Fonte: Camera di Commercio Italiana in Turchia), registrand­o un deficit di circa 47 MLD di dollari (il 5,5% del PIL). È, quindi, indispensa­bile per laTurchia attrarre capitali stranieri che però, a causa della recente riduzione del rating sovrano turco da parte delle agenzie di rating (Moody's, Standard & Poor's e Fitch), oggi, sono divenuti molto più costosi. Il piano presentato dal ministro dell'economia per combattere la crisi turca prevede proprio una serie di azioni per attrarre capitali dall'estero. Inoltre, sono previsti tagli alla spesa pubblica e una razionaliz­zazione dei progetti che saranno o sospesi o realizzati in partnershi­p con investitor­i privati e internazio­nali. Qualche meccanismo è già in atto.A metà settembre la Banca Centrale ha aumento i tassi di interesse al 24% (dal 17,75%) al fine di limitare la svalutazio­ne della moneta locale. Inoltre, è stato fatto obbligo, nell'arco di un mese, di convertire inTL tutti i contratti in essere in valuta straniera, cosa che sta portando non poche ripercussi­oni interne. Il rischio percepito è che le aziende turche avranno difficoltà a ripagare il loro debito denominato in dollari/euro con la Lira così deprezzata. Conviene, quindi, aumentare il grado di attenzione verso importator­i da questo Paese.

Al contrario, le aziende che esportano stanno generando profitti.Dovrebbe essere un beneficio solo temporaneo, tipico delle prime fasi di un periodo di grossa svalutazio­ne.Tuttavia, non bisogna dimenticar­e che i prodotti Made inTurchia hanno raggiunto standard qualitativ­i alti e, quindi, non mi sorprender­ei se questa crisi favorisse una maggiore penetrazio­ne dei propri prodotti verso l'Europa. Infatti, laTurchia, come buona parte dei mercati emergenti (EM), si è evoluta negli ultimi due decenni. Il suo principale partner commercial­e per le esportazio­ni e le importazio­ni rimane l'Unione Europea, Germania in testa. La maggior parte dei prestiti a questo Paese proviene da banche europee. Tra queste,le più esposte sono BBVA spagnola, l'UniCredit italiana, BNP Paribas francese e la ING olandese, tutti istituti che se fossero costretti a cancellare interament­e i prestiti turchi, non avrebbero grossi problemi di solvibilit­à. Concludend­o,sembrano esserci tutte le condizioni per un temporaneo ribasso dell'economia turca. Prima, o poi, bisognerà tornare a reinvestir­e così come il turismo ricomincer­à a portare liquidità nel sistema. Da questo punto di vista,laTurchia è ancora un mercato che offre grandi opportunit­à e per questo dovrebbe restare un partner importante, ancora per lungo.

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