Eugenio Barba e Nicola Savarese, due maestri del teatro raccontano la storia dell'attore
I due autori conducono il lettore nei secoli e nei territori, dentro un avvicendarsi di indagini critiche e di metamorfosi che hanno portato il teatro a evolversi e a esprimersi in maniera sempre più interna alle strutture sociali e storiche del tempo
Il desiderio di ricostruire una “storia dell'attore” tra testi e figure “con un continuo rinvio dagli uni alle altre” ha una prima origine nel volume curato nel 1983 dal regista e fondatore dell'Odin Teatret, Eugenio Barba, e da Nicola Savarese (storico del teatro e studioso delle relazioni tra teatri occidentali
e orientali): L’arte segreta dell’attore. Un dizionario di antropologia teatrale. Da qui l'esigenza di ritornare a parlare di attori in un viaggio tra epoche e geografie sempre dentro un'angolazione di natura antropologica e sociale. Quello che Barba e
Savarese hanno realizzato con I cinque continenti del teatro. Fatti e leggende della cultura materiale
dell’attore (Edizioni Pagina) non è un libro. È una vera e propria “epopea”.
E come “un'ampia narrazione di gesta eroiche” procede con una vigoria e una generosità narrativa che respira di epica. Un volume che ripercorre il teatro analizzandolo nelle sue prodezze e imprese. Il tutto partendo da una formula interrogativa. Eugenio Barba ci invita ad uno straordinario viaggio nel mondo e nelle pratiche del teatro principiando da alcune essenziali domande: “Da dove vengo? Chi sono? Dove vado?”.
Per rispondere a queste, dobbiamo rivedere da un'altra prospettiva le innumerevoli forme, esperienze, reperti e misteri che la storia della nostra professione ci tramanda. È l'unico modo di costruirci una bussola personale per attraversare i cinque continenti del nostro mestiere: quando, dove, come, per chi e perché si fa teatro. E davvero troviamo tantissime risposte in questa epopea antologica, narrativa e di concretezza visionaria. La sintesi storica che ci propongono Barba e Savarese è sia una profonda riflessione sul sistema teatrale, sia un quadro di prospettive per comprendere gli sviluppi futuri. Nell'arco dell'intero volume viene ininterrottamente analizzata la multiforme trama del teatro e di tutti gli elementi che generano lo spettacolo (i rituali, il mecenatismo, il concetto di impresa, la centralità della rappresentazione, la nascita dei teatri nella loro dimensione architettonica, le prime scuole di teatro, la definizione di teatro-scuola, lo statuto spettatoriale, la storia della censura) per evidenziare, anzitutto, come l'esperienza del teatro nel tempo si muova sempre come un corpo vivo, dinamico, pulsante.
Il tutto costantemente intervallato da citazioni, rimandi, memorie, spazi di riflessione critiche di autori che hanno avvicinato il teatro, da Charles Baudelaire a Johann Wolfgang von Goethe, da Walter Benjamin a Plinio il Vecchio, da William Blake a Colette, da Lev Tolstoj a Wislawa Szymborska. La densità di questo lavoro, da
leggersi in maniera “trasversale”, è anche quella di coprire svariati territori disciplinari: l'economia, la storia, la geografia, il marketing, la tecnologia, la sociologia, la politica. Inoltre gli autori (che gioiosamente e autoironicamente si definiscono “la premiata ditta”) grazie alla visione comparata di tecniche ausiliari ci mostrano che “la cultura materiale dell'attore, nella diversità dei processi, forme e stili, ha le sue radici nel modo di rispondere degli attori alle stesse esigenze pratiche”. Il libro ci conduce dentro tutti i momenti più significativi della storia dei teatri per poterne contenere i radicali cambia- menti e le sostanziali variazioni rispetto alle lezioni canoniche e strettamente accademiche. Ne risulta, quindi, un'esplorazione profonda. Una navigazione abitata da sensibilità, visioni, senso della costruzione e lungimiranza. Barba e Savarese ci conducono nei secoli e nei territori, dentro un avvicendarsi di indagini critiche, di sintesi storiche, di metamorfosi che hanno portato il teatro ad evolversi e ad esprimersi in maniera sempre più interna alle strutture sociali e storiche del tempo. La bellezza e il fascino di questo lavoro azzera di netto la logica del nostro contemporaneo, sovente consumato dall'impero dell'economia “fast and furious” e dall'egemonia delle passioni tristi.
E il teatro recupera tutta la sua forza, irruenza e necessità. E ritrova un ruolo da “protagonista” decisivo nella storia dell'uomo.
Un libro-epopea da leggere per smania di conoscenza e come esplosione analitica e di autodeterminazione. Un teatro che ritrova la memoria. Come un fiore che non muore mai e si trasforma fino a far parte della nostra quotidianità. Un teatro come urgenza di uno sguardo utopico. Un immergersi nella storia per cogliere tutti i cambiamenti e futuri possibili. Un teatro che naviga la storia in cinque continenti e mette in campo una miriade di opzioni teoriche e chiavi di lettura. Donandoci degli strumenti rigorosi e indispensabili per capire, anche, la storia dell'umanità nel dialogo con le arti. Un modo diverso di analizzare le forme della rappresentazione ritrovando, finalmente, un respiro collettivo e una sempre rivoluzionaria consapevolezza della propria energia vitale. È importante questo ragionare sulla memoria del teatro come voglia di progettualità. Questo continuamente dirsi verso il futuro (parola, al contempo, bella e terribile come gli angeli raccontati da Rilke). Un'ultima particolarità riguarda il finale “indice dei nomi” del nostro libro-epopea. Ulteriore traversata extra-testuale. Nell'arco di centinaia di pagine compaiono i grandi nomi del teatro.
Alcuni sono citati innumerevoli volte: Antonin Artaud, Bertold Brecht, Peter Brook, Jacques Copeau, Étienne Decroux, Jerzy Grotowski, Living Theatre, Mei Lanfang, Vsevolod Ėmil'evič Mejerchol'd, Molière, Max Reinhardt, Konstantin Stanislavkij. Quasi a stabilire una storia nelle storie.
Colpisce, poi, che alcune parole tornino ciclicamente: sipario, festa e Amleto. E nel nome di uno spazio specifico (il sipario), di una situazione fondativa (la festa) e di una figura sempre centrale (Amleto), è bello veder sintetizzata questa intensa epopea firmata Eugenio Barba e Nicola Savarese.
«La bellezza e il fascino di questo lavoro azzera di netto la logica del nostro contemporaneo, sovente consumato dall’impero dell’economia “fast and furious” e dall’egemonia delle passioni tristi.
E il teatro recupera tutta la sua forza, irruenza e necessità. E ritrova un ruolo da “protagonista” decisivo nella storia dell’uomo»
«Nell’arco di centinaia di pagine compaiono i grandi nomi del teatro. Alcuni sono citati innumerevoli volte: Antonin Artaud, Bertold Brecht, Peter Brook, Jacques Copeau, Étienne Decroux, Jerzy Grotowski, Living Theatre, Mei Lanfang, Vsevolod Ėmil’evič Mejerchol’d, Molière, Max Reinhardt, Konstantin Stanislavkij. Quasi a stabilire una storia nelle storie»