La risoluzione delle liti bancarie, tra efficienza della giustizia e regolazione del mercato
La mediazione concorre a creare un circolo virtuoso e, proprio per questa ragione, la partecipazione degli intermediari ai tavoli mediativi dovrebbe essere assicurata normativamente e vigilata dalla Banca d'Italia per incidere positivamente sul tasso di litigiosità e sui carichi degli uffici giudiziari
Quando si affronta il tema della composizione negoziale delle controversie derivanti dai contratti bancari appare quasi inevitabile - una volta preso atto della condizione di procedibilità istituita in tale ambito dal 2013 con funzione di filtro alla domanda giudiziale – da un lato elogiare fino ad esaltare il successo dell'ABF (Arbitro Bancario Finanziario) e, dall'altro, prendere atto di una sostanziale quanto apparentemente ineluttabile inefficacia della mediazione. Queste conclusioni, che vengono ripetute dai più ormai acriticamente, tanto da essere entrate anche nell'opinione comune e in quella di molti operatori, scontano non soltanto una lettura affrettata di dati per lo più incompleti, ma conseguono ad un approccio semplicistico che mal si attaglia ad un sistema articolato di ADR, in un settore altamente specialistico e complesso nel quale le implicazioni economiche e sociali non possono essere relegate a meri incidenti occasionali del percorso risolutivo. Nel 2010 il legislatore italiano, nell'accingersi ad introdurre la disciplina della mediazione delle liti civili e commerciali in attuazione della Direttiva 2008/52/CE, prevedeva che per i contratti bancari la condizione di procedibilità della domanda giudiziale - inserita con una dichiarata funzione di filtro preventivo per l'accesso alla giurisdizione - avrebbe potuto essere esperita sia attraverso la mediazione, sia utilizzando il procedimento a carattere decisorio non vincolante istituito dalla Banca d'Italia sulla base di una norma del 2005 (legge sulla tutela del credito al risparmio) e cioè l'ABF che aveva iniziato ad operare già il 15 ottobre 2009. Veniva disciplinato quindi un duplice canale alternativo per consentire l'esperimento preventivo della condizione di procedibilità mediante due diversi procedimenti compositivi extragiudiziali delle controversie bancarie, poi confermato con la riforma della mediazione del 2013 e in vigore sino ad oggi. Una alternatività tuttavia asimmetrica tra i due percorsi derivante dalla particolare natura e conformazione dell'ABF rispetto alla mediazione che si pone quale strumento generale per tutte le liti, senza eccezioni, aventi ad oggetto diritti disponibili ivi inclusi quelli derivanti dai contratti bancari. A fronte di tale procedimento conciliativo, veniva mantenuto e reso alternativo alla mediazione il ricorso all'ABF che conteneva già nella sua regolamentazione una serie di stringenti limiti alla sua operatività rispetto alla mediazione che consente per definizione l'estensione dei contorni della lite al fine di comporre al meglio il conflitto in essere dalle parti. Seguendo questi itinerari argomentativi si fa strada di recente l'idea che si possa affidare
«I sistemi di ADR svolgono un ruolo fondamentale in quanto accompagnano verso le best practices, consentendo di perseguire i più elevati standard di correttezza e trasparenza»
al solo sistema ABF e alla sua natura decisoria non vincolante (che regge la sua effettività nel complesso meccanismo regolatorio e di vigilanza della Banca d'Italia) la gestione del filtro preventivo in materia bancaria senza tener conto dei suoi limiti normativi, funzionali e, soprattutto, strutturali. E senza nemmeno tener conto dell'esigenza sociale connessa all'utilizzo di sistemi conciliativi e non aggiudicativi, si giunge a ritenere ormai provata la inefficacia della mediazione (sottintendendo evidentemente il fine meramente deflativo) per le liti relative ai contratti bancari. Tuttavia, la lettura dei dati ufficiali forniti trimestralmente dal Ministero della Giustizia, che denotano una percentuale di partecipazione delle banche al tavolo della mediazione e di accordi all'esito delle procedure svolte sicuramente da incrementare, non può arrestarsi senza prima aver approfondito e verificato le ragioni delle criticità emerse e le possibili opportunità di miglioramento del sistema. Peraltro, rielaborando i dati in oggetto alcuni esperti hanno rilevato che il flusso di liti bancarie presso gli uffici giudiziari dal 2013 se è vero che non si è ridotto, è vero anche che è sensibilmente diminuita la percentuale di aumento annuale (contenendo così gli effetti di un incremento esponenziale della litigiosità connessa a problematiche ben più complesse e profonde). Ma si è osservato che proprio per questa tipologia di liti il tasso rilevato delle soluzioni stragiudiziali raggiunte dalle parti una volta incardinato il giudizio civile è sempre superiore al 50%. Una duplice riflessione che induce a valutare la sussistenza di ampi spazi per agevolare e sostenere tavoli mediativi e non soltanto prima dell'inizio del giudizio. In questo contesto occorre altresì rilevare che le liti che maggiormente scontano nell'area dei contratti bancari le difficoltà di una soluzione negoziale sono proprio quelle derivanti dai crediti deteriorati (conosciuti anche come prestiti non performanti o, NPL, non performing loans). Il che appare per certi versi paradossale se si considera che poi tali posizioni sono cedute a prezzi minimali, mentre potrebbero essere diversamente gestite preventivamente o, comunque, successivamente risolte con strumenti conciliativi. Ma di là dai pur possibili interventi di“manutenzione normativa”, sulla base delle esperienze maturate e nella prospettiva di un sistema di dispute resolution integrato e complementare, oltre che sostenibile, un ruolo centrale può essere assunto dalla Banca d'Italia. Al riguardo, è stato autorevolmente precisato come, nel settore bancario e finanziario, la concorrenza non è tanto efficiente da indirizzare le condotte degli intermediari, per cui i sistemi ADR (e quindi ABF e mediazione anche nella prospettiva delle Direttive UE n. 52/2008 e n. 11/2013) svolgono un ruolo fondamentale in quanto accompagnano verso le best practices, consentendo altresì di perseguire i più elevati standards di correttezza e trasparenza. In questa logica, condivisa dai più autorevoli esperti della materia, mediazione e ABF sono più efficaci nell'incidere sulle condotte virtuose degli intermediari rispetto alla giurisdizione ordinaria, il cui impatto è spesso trascurabile sul livello di compliance degli intermediari e sulla effettività della regolazione del mercato, svolgendo di fatto una funzione che è stata definita come “quasi-regolatoria” piuttosto che “quasi-giudiziaria”. Pertanto, la mediazione concorre - con altri sistemi ADR di tipo diverso qual è l'ABF - a creare un circolo virtuoso e, proprio per la funzione sopra descritta, la partecipazione degli intermediari ai tavoli mediativi dovrebbe essere assicurata normativamente e vigilata dalla Banca d'Italia. Si può delineare così un sistema sinergico e integrato di procedure ADR per le liti derivanti dai contratti bancari che, senza ritardare l'accesso alla giurisdizione ordinaria, possa rafforzare le tutele per consumatori e imprese e, allo stesso tempo, offrire agli intermediari percorsi utili a migliorare i rapporti con la clientela implementando le buone prassi.