S.C.I.A., la Corte Costituzionale interviene in materia sensibile per i cittadini
Ampia la tutela per chi si sentisse leso da attività compiute in forza di una SCIA. Restano le azioni risarcitorie laddove l'attività sia frutto di illecito o falsi
L’istituto che si tratta in questo articolo ha ormai assunto una decisa importanza pratica per cittadini, tecnici e imprenditori. Introdotta con grande entusiasmo come forma di semplificazione delle procedure in precedenza complesse, la S.C.I.A. si basa sul principio per cui la responsabilità della veridicità di quanto si afferma, e dunque della legittimità della attività a svolgersi, ricade sul tecnico che relaziona e sull'istante, alla P.A., ricevente rimane l'obbligo di valutare, entro termini precisi, di inibire eventualmente l'iniziativa, con un solo spazio per integrazioni documentali. L'istituto è via via mutato con diversi interventi legislativi che hanno modificato sia il T.U. Edilizia, sia l'articolo 19 della Legge 241/90. La SCIA (precedentemente DIA) dopo
vari tentennamenti e l'intervento dell'Adunanza Plenaria 15/2011, non è intesa come provvedimento amministrativo a formazione tacita, e non dà luogo in ogni caso ad un titolo costitutivo, ma costituisce un atto privato volto a comunicare l'intenzione di intraprendere
Laddove si scorga un'attività che si assuma illecita o omissiva, valgono le ordinarie regole di tutela civilistica del risarcimento del danno, eventualmente in forma specifica
un'attività direttamente ammessa dalla legge. A questa qualificazione consegue che il silenzio serbato dalla P.A. nel termine perentorio previsto dalla legge per l'esercizio del potere inibitorio a fronte della presentazione di una SCIA, produce l'effetto giuridico di precludere all'Amministrazione stessa l'esercizio del potere inibitorio.
Si configura quindi come un provvedimento per silentium con cui la P.A decide di non impedire l'inizio o la protrazione dell'attività dichiarata. Quali mezzi di tutela ha il cittadino terzo di fronte ad un intervento edilizio o commerciale, assentito con la semplice SCIA e, soprattutto, in quali termini può agire? Il TAR Toscana, di fronte ad una incertezza normativa data dalla genericità dell'art. 19 della L. 241/90 ha sollevato la questione di costituzionalità perché fosse definito il quadro delle tutele e dei termini quando si intende contestare una
SCIA. Con la sentenza n. 45 del 13 marzo 2019 la Corte Costituzionale ha dichiarato infondati i dubbi di legittimità costituzionale sollevati dal TAR remittente, con riferimento alla mancata previsione da parte dell'art. 19, comma 6 ter, della legge n. 241/1990 di un termine finale per la sollecitazione da parte del terzo delle verifiche sulla SCIA, ritenendo che i termini per le suddette verifiche siano ricavabili dallo stesso art. 19 della legge n. 241/1990.
Ha così chiarito che, ai sensi dell'art. 19 della Legge 241/90, le verifiche cui è chiamata l'amministrazione ai sensi del comma 6-ter dell'art. 19 cit. sono quelle già puntualmente disciplinate dall'art. 19, da esercitarsi entro i sessanta o trenta giorni dalla presentazione della SCIA (commi 3 e 6-bis), e poi entro i successivi diciotto mesi (comma 4, che rinvia all'art. 21-novies). Ha ulteriormente precisato che decorsi questi termini, la situazione soggettiva del segnalante (titolare della SCIA) si consolida definitivamente nei confronti dell'amministrazione, ormai priva di poteri, e quindi anche del terzo. La Corte in questa occasione ha quasi - approfittato per ampliare la propria disamina su quali sono gli strumenti apprestati dall'Ordinamento a tutela della posizione giuridica del terzo ed è questa la parte - per così dire illustrativa che rende la pronuncia della Corte interessante per il cittadino, generalmente ignaro dei suoi diritti. La Corte infatti ha motivato la sentenza di rigetto richiamando ulteriori rimedi che il terzo può attivare, sollecitando i poteri di verifica dell'amministrazione in caso di dichiarazioni mendaci o false attestazioni, ai sensi dell'art. 21, comma 1, della legge n. 241/1990, che sono elementi patologici che non possono soggiacere a termini perentori. Tali poteri di vigilanza e repressivi spettanti all'amministrazione, sono previsti dall'art. 21, comma 2-bis, della legge n. 241 del 1990, come, ad esempio, quelli in materia di edilizia, regolati dagli artt. 27 e seguenti del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ed espressamente richiamati anche dall'art. 19, comma 6-bis. Il terzo interessato ha inoltre la possibilità di agire in sede risarcitoria nei confronti della Pubblica Amministrazione in caso di mancato esercizio del doveroso potere di verifica (l'art. 21, comma 2-ter, della legge n. 241 del 1990 fa espressamente salva la connessa responsabilità del dipendente che non abbia agito tempestivamente, ove la segnalazione certificata non fosse conforme alle norme vigenti). Ed infatti, precisa opportunamente la Corte Costituzionale, che laddove si scorga un'attività che si assuma illecita o omissiva, valgono le ordinarie regole di tutela civilistica del risarcimento del danno, eventualmente in forma specifica. Le conseguenze che possono trarsi è che il cittadino che si sente leso da attività compiute in forza di una SCIA ha rimedi attivabili - in via ordinaria - secondo quanto prevede l'art. 19 della Legge 241/90, ma permangono le azioni risarcitorie laddove l'attività sia frutto di illecito o falsi, che non richiedono il rispetto dei termine per le impugnative giurisdizionali, oltre che le tipiche azioni risarcitorie per esempio per colpose omissioni in sede di controllo. La posizione della Corte intende sottolineare, a mio avviso, il carattere peculiare della SCIA, cioè un atto privato che comporta la responsabilizzazione di chi “segnala” un intervento e poi interviene, beneficiando di un percorso accelerato e lasciando alla P.A. non il potere di autorizzare, ma solo quello di inibire in tempi strettissimi. Ed è naturale che in questo contesto non può ammettersi che una tutela ampia per chi subisce interventi frutto di falsi o illeciti. Ci sembra da parte del Giudice delle Leggi un intervento, questo, che dà maggior corpo alla sua funzione e avvicina una così importante funzione giurisdizionale alla cittadinanza, svolgendo anche una funzione di corretta informazione civica.