Business first, no family first
«La famiglia può restare nella gestione a patto che i suoi componenti abbiano acquisito gli elementi fondanti della cultura manageriale»
Intervista a G. Corbetta
Professore, lei ha curato un focus specifico relativo alle aziende familiari in Campania e in provincia di Salerno. Quali i dati più salienti anche in relazione al più ampio contesto del Paese?
Emerge, innanzitutto, quanto l'incidenza delle imprese familiari - a Salerno e in Campania - sia più alta rispetto ad altrove in Italia. In esame sono state prese aziende con fatturato al di sopra dei 20 milioni di euro. Tra queste, le imprese a controllo familiare sono presenti a Salerno per l'82% e in Campania per l'83,6%, mentre nel resto del Paese si attestano intorno al 76%. Altro elemento significativo è l'età: più giovani di quelle nazionali e più piccole, concentrate in gran parte nelle attività di commercio, meno nel manifatturiero.
Il modello di governance più diffuso in Campania è quello dell'amministratore unico. Cosa comporta questo assetto in termini di proiezione dell'impresa, anche sui mercati internazionali?
Il modello dell'impresa legata al fondatore nel 64% dei casi funziona molto bene, nonostante le spesso limitate dimensioni. Il vantaggio,
però, di avere una governance snella e veloce fa il paio con i possibili rischi legati alla mancanza del consiglio di amministrazione che potrebbe valere da paracadute. La presenza di qualche membro estraneo alla famiglia nel cda incentiverebbe inoltre anche maggiore apertura e proiezione dell'impresa sui mercati di oltre confine.
Altro elemento comune alle imprese familiari è il cosiddetto passaggio generazionale. Oltre alla gestione delle variabili economico-finanziarie, quali capacità occorre mettere in campo per preservare l'esistenza dell'azienda? Va pianificato innanzitutto il processo. È necessario che il leader della generazione al comando, sistematicamente e periodicamente, immagini e ragioni sul modello futuro di governance. Per le imprese campane è particolarmente importante perché circa il 90% delle imprese ha come leader aziendale un familiare. “Business first” anziché“family first” deve essere la logica maestra cui ispirare l'operato dell'azienda, senza che questo significhi necessariamente un passo indietro della famiglia rispetto alla gestione, purché i familiari abbiano acquisito gli elementi fondanti della cultura manageriale per comprendere il funzionamento di un sistema di corporate governance efficace.
Rispetto alla finanza alternativa, invece, gli imprenditori campani sono ancora refrattari ad aprirsi ai mercati e magari anche a capitali esterni?
Direi che importanti sono i segnali derivanti dall'ottimo riscontro della piattaforma ELITE di Borsa Italiana poiché fotografano con esattezza la volontà di un ampio tessuto imprenditoriale campano di ragionare seriamente sull'apertura ai mercati finanziari.
Il capitalismo italiano sembra vivere momenti di particolare difficoltà. Oggi un'impresa riesce a resistere e a essere longeva se…
Senz'altro il capitalismo familiare vive le difficoltà legate all'andamento economico complessivo del Paese, anche se nel 2017 il numero di imprese familiari è notevolmente cresciuto rispetto al decennio precedente. Quel che è certo è che maggiori dimensioni aziendali consentono alle imprese una migliore capacità di resistenza e di innovazione.