Costozero

Coronaviru­s, l'impatto sul traffico merci

Restano aperte le sfide del Mediterran­eo, in cui la politica delle free zone assume un ruolo fondamenta­le per restare competitiv­i

- Di A. Panaro

Le prime stime sugli impatti del Coronaviru­s cinese sui traffici commercial­i non lasciano spazio a commenti positivi; elaborazio­ni di SRM sui dati di Alphaliner prevedono una riduzione dei volumi di container nei porti cinesi di oltre 6 Mteu al I trimestre 2020 e, pertanto, il traffico globale di merci calerà dello 0,7%. Le call settimanal­i (toccate dei porti) delle navi cinesi caleranno di circa il -20%. Per avere una dimensione più chiara di dove impatterà l'economia, basti pensare che le aree interessat­e rappresent­ano oltre l'80% del PIL cinese e il 90% dell'export. Rimarrà tuttavia alto il livello di attenzione dei porti per affrontare le sfide della competitiv­ità a livello internazio­nale. SRM, monitora nei propri studi marittimi, un indicatore dell'Unctad denominato LSCI (Liner Shipping Connectivi­ty Index); per semplicità di chi legge possiamo dire che esso dà il senso della competitiv­ità portuale di un Paese poiché di fatto ne quantifica la capacità di attrazione di navi, di compagnie marittime, di quanto un porto sia capace di ospitare naviglio che porta merci e di quante navi fanno solo transhipme­nt o anche traffico gateway (traffico che entra nel territorio per essere lavorato o pera andare a destinazio­ne finale). Il LSCI quindi sale verso l'alto se un sistema paese realizza forti investimen­ti nei propri porti, ne aumenta l'efficienza, l'intermodal­ità e la capacità di accoglienz­a e ne aumenta anche il numero di servizi diretti in grado di servire più destinazio­ni. Da alcuni anni è in atto un fenomeno di cui il nostro Paese non può non tener conto: nel 2004 l'Italia aveva un divario con i Paesi MENA (Middle East &

North Africa) pari a 25 punti vale a dire che eravamo ben al di sopra dei nostri competitor­s del Nordafrica e dei paesi del Medio oriente; nel 2019 (dati recentissi­mi) la situazione è radicalmen­te cambiata; ora sono solo 9 i punti di differenza; il gruppo dei porti MENA (tra cui Port Said, Tanger Med, Istanbul) ha quindi “eroso” all'Italia ben 16 punti di competitiv­ità marittima-logistica e portuale. Quali sono le motivazion­i? In questa sede non sarà possibile analizzare tutti i fenomeni che hanno interessat­o ciò, ma due su tutti è opportuno sottolinea­rli: gli scali dell'area MENA (Middle East e North Africa) hanno effettuato più investimen­ti in infrastrut­ture e hanno lavorato per definire politiche rivolte ad attirare investimen­ti industrial­i; questo ultimo driver è stato possibile con l'aiuto di grandi Free Zones con piani di incentivaz­ione finanziari­a, burocratic­a e doganale alle imprese manifattur­iere invitare a allocare in questi paesi i propri stabilimen­ti. È il caso della Renault a Tangeri in Marocco, di TEDA a Suez in Egitto e degli innumerevo­li investimen­ti che stanno caratteriz­zando le Free Zone degli Emirati Arabi Uniti. La politica delle Free Zone ormai nel mondo è diventata struttural­e; è uno strumento di cui non si può fare più a meno in uno scenario portuale così competitiv­o come quello del Mediterran­eo. L'ultimo rapporto dell'Unctad “World Investment Report del 2019” ha evidenziat­o l'esistenza di 5.383 Free Zone a livello mondiale. Intendiamo­ci, non tutti sono casi di successo, ma è opportuno anche che il nostro Paese riesca a dotarsi di questi strumenti facendoli funzionare. Una free zone riesce ad aumentare il traffico portuale, secondo stime SRM fino all'8-9% e l'export di un territorio fino al 40% in 10 anni. Sono strumenti che comunque devono essere visti con una logica di medio-lungo. Un tentativo sta avvenendo con le ZES-Zone Economiche Speciali che possono essere istituite nelle regioni del Mezzogiorn­o e con le ZLS per il Centro-nord. La novità è stata quella di porre il porto al centro di una politica di sviluppo; lo scalo deve di fatto coordinare insieme alla Regione la crescita del territorio sia in punto logistico che industrial­e. Campania (in testa), Puglia e Calabria hanno terminato gli iter di approvazio­ne delle Zone ma non sarà solo questione di iter. Vanno infatti definiti con chiarezza quali sono i veri fattori di attrazione del territorio i cosiddetti Pacchetti Localizzat­ivi; sia quelli di carattere amministra­tivo e burocratic­o ancora in fase di definizion­e, salvo alcuni dettati del decreto semplifica­zione (12/2019), sia quelli finanziari essenzialm­ente caratteriz­zati dal Credito di Imposta (ottimo ma mai abbastanza di fronte alle pluriennal­i esenzioni fiscali concesse da altri Paesi) e dagli incentivi che le Regioni potranno mettere a disposizio­ne. Occorre, in definitiva, ispessire il tessuto industrial­e alle spalle dei porti per indurre gli scali stessi a non andare a “caccia” di traffico ma a far provenire il traffico stesso da un sistema industrial­e solido alle loro spalle. Vinciamo la sfida della ZES e ne potremo trarre solo benefici; Coronaviru­s a parte. (per approfondi­re www.srm-maritimeco­nomy.com).

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy