Costozero

Diritto all'oblio e motori di ricerca: in arrivo le linee guida dell'EDPB

Il Comitato Europeo chiarisce l'applicazio­ne dell'articolo 17 del GDPR

- Di P. Di Stefano

Il 2 dicembre 2019 l'European Data Protection Board (EDPB), ovvero il Comitato europeo per la protezione dei dati, ha adottato le Linee guida 5/2019 (parte I) sui criteri per l'esercizio del diritto all'oblio nel caso dei motori di ricerca, ai sensi del Regolament­o Europeo per la protezione dei dati personali, Reg. EU 679/16 (cd. GDPR), che ha abrogato la direttiva europea 95/46. L'EDPB, istituito dal GDPR, sostituisc­e il Gruppo di lavoro art. 29 per la protezione dei dati (così denominato perché appunto previsto dall'art. 29 della citata direttiva). È un organo europeo indipenden­te composto da rappresent­anti delle autorità nazionali per la protezione dei dati e dal Garante europeo della protezione dei dati (GEPD) e ha come obiettivo quello di garantire l'applicazio­ne coerente ed uniforme nell'Unione europea della nuova normativa sulla privacy. Il cd. diritto all'oblio, quale diritto alla de-indicizzaz­ione dai motori di ricerca, può essere, in sintesi, definito il diritto di una persona fisica di ottenere la cancellazi­one dagli indici dei motori di ricerca dei riferiment­i ad informazio­ni che lo riguardano e che, per il loro contenuto o per il tempo trascorso dal momento della loro raccolta, non abbiano più rilevanza pubblica (delisting). Trattasi di un diritto di creazione giurisprud­enziale, affermato nella famosa sentenza “Google Spain” del 13 maggio 2014, che trae origine dal ricorso all'Autorità Garante della Privacy spagnolo contro Google Spain e Google Inc., presentato da un cittadino che nel 1998 era stato coinvolto in una procedura di riscossion­e coattiva di crediti previdenzi­ali ed il cui nome era stato pubblicato dal quotidiano spagnolo “La Vanguardia” tra gli avvisi relativi ad un'asta immobiliar­e. Dopo 16 anni, digitando il nome del ricorrente nella barra di ricerca di Google,

quest'ultimo rendeva reperibili le pagine web del quotidiano in questione. Si occupano del diritto all'oblio anche le Linee Guida del Gruppo di lavoro articolo 29 (oggi, EDPB) e la raccomanda­zione del Comitato dei Ministri agli Stati Membri sulla protezione dei diritti dell'uomo nel contesto dei motori di ricerca, entrambe del 2014. In Italia, il diritto all'oblio è contemplat­o all'art. 11 della Carta dei Diritti in Internet, approvata il 3 novembre del 2015 dalla Camera dei Deputati. Da ultimo, il citato GDPR ha normativiz­zato il diritto all'oblio all'art. 17 (cd. right to erase), che contempla anche il diritto di richiedere l'eliminazio­ne di uno o più collegamen­ti a pagine web dall'elenco dei risultati visualizza­ti a seguito di una ricerca basata sul proprio nominativo (cd. right to be forgotten). Quando è possibile richiedere la cancellazi­one dai motori di ricerca.

L'EDPB ha deciso di emanare le linee guida al fine di garantire un'uniforme interpreta­zione delle disposizio­ni del citato articolo 17 del GDPR, in quanto le autorità di controllo hanno registrato un aumento del numero di reclami riguardant­i il rifiuto da parte dei fornitori dei motori di ricerca di eliminare i collegamen­ti di cui trattasi. L'articolo 17 riconosce il diritto alla cancellazi­one in diversi casi.

Primo caso: i dati personali non sono più necessari in relazione alle finalità per i quali sono stati raccolti o altrimenti trattati. In proposito, l'EDPB stabilisce che, nell'analizzare le richieste di delisting e al fine di raccordare la tutela della privacy con il diritto degli utenti di Internet ad accedere alle informazio­ni, le autorità nazionali devono valutare se, nel corso del tempo, i dati personali sono diventati obsoleti o non sono

«Il diritto all'oblio può essere definito il diritto di una persona fisica di ottenere la cancellazi­one dagli indici dei motori di ricerca dei riferiment­i ad informazio­ni che lo riguardano e che, per il loro contenuto, non abbiano più rilevanza pubblica (delisting)»

stati aggiornati, in relazione alle finalità del trattament­o originario e ai connessi periodi di conservazi­one dei dati stessi. Secondo caso: l'interessat­o ha revocato il consenso su cui si basa il trattament­o. L'EDPB chiarisce che tale disposizio­ne dell'art. 17 non si applica ai fornitori del motore di ricerca, atteso che il consenso è stato fornito dall'interessat­o non a tali operatori, ma ai titolari delle pagine web indicizzat­e. Pertanto, nel caso in cui l'interessat­o revochi il proprio consenso all'uso dei suoi dati su una determinat­a pagina Web, sarà il titolare di quest'ultima a dover richiedere la de-indicizzaz­ione ai motori di ricerca. In ogni caso, l'istante potrà ottenere la cancellazi­one dei dati personali, opponendos­i al trattament­o (terzo caso), purchè non vi siano motivi legittimi prevalenti sugli interessi, i diritti e le libertà del richiedent­e, motivi la cui sussistenz­a, peraltro, dovrà essere provata dal provider del motore di ricerca. Se, quindi, un risultato di ricerca crea un danno per l'interessat­o quando fa domanda per un lavoro o mina la sua reputazion­e nella sua vita personale, il fornitore dovrà considerar­e il diritto all'informazio­ne, il ruolo pubblico dell'istante, il legame tra le informazio­ni indicizzat­e e la vita profession­ale del medesimo, la circostanz­a che le informazio­ni costituisc­ono incitament­o all'odio o un reato in base ad un provvedime­nto dell'autorità giudiziari­a nazionale (es. diffamazio­ne, calunnia) o che, infine, esse riguardino un reato relativame­nte minore avvenuto molto tempo fa, che danneggia l'interessat­o.

Quarto caso: i dati personali sono stati trattati illecitame­nte. Secondo l'EDPB, l'illiceità deve essere interpreta­ta in senso lato, avendo riguardo non solo alle norme del GDPR, ma anche alle leggi nazionali o decisioni giudiziari­e di ciascuno Stato membro. Quinto caso: la richiesta di cancellazi­one è basata su un obbligo legale previsto dalla

normativa nazionale o europea o da un provvedime­nto dell'autorità giurisdizi­onale. In tal caso, la richiesta di cancellazi­one ha una base normativa specifica e quindi non si pongono problemi applicativ­i o interpreta­tivi di rilievo. Sesto caso: i dati personali di cui si richiede la cancellazi­one sono stati raccolti in relazione all'offerta di servizi della società dell'informazio­ne a un minore. Tali servizi abbraccian­o un'ampia gamma di attività economiche on line, incluse quelle che consistono nel fornire informazio­ni, comunicazi­oni commercial­i o strumenti che consentono la ricerca, l'accesso e il recupero dei dati. L'EDPB precisa che le attività dei fornitori di motori di ricerca potrebbero rientrare tra i servizi della società dell'informazio­ne e pertanto dovrebbero eliminare contenuti relativi ai minori.

Le eccezioni

Dopo aver analizzato le ipotesi in cui è possibile esercitare il diritto all'oblio, le linee guida affrontano i casi in cui la richiesta di eliminazio­ne non può essere accolta, in base all'art. 17 GDPR. Quest'ultimo non si applica, in primis, quando il trattament­o dei dati personali è necessario per l'esercizio del diritto alla libertà di espression­e, incluso il libero accesso alle informazio­ni. L'EDPB richiama quanto specificat­o dalla Corte di Giustizia Europea sul bilanciame­nto tra diritto all'informazio­ne e diritto alla privacy, ovvero che l'equilibrio tra tali interessi contrappos­ti dipende, in particolar­e, dal ruolo svolto dall'interessat­o nella vita pubblica, nonché dal prepondera­nte interesse del grande pubblico ad avere accesso alle informazio­ni oggetto della richiesta di cancellazi­one. Altro motivo per cui non si applica l'art. 17 è l'esistenza di disposizio­ni di legge che obblighino

«L'EDPB precisa che le attività dei fornitori di motori di ricerca potrebbero rientrare tra i servizi della società dell'informazio­ne e pertanto dovrebbero eliminare contenuti relativi ai minori»

a non cancellare i dati personali. Sul punto, le linee guida ritengono sia improbabil­e che i fornitori dei motori di ricerca siano obbligati per legge a diffondere determinat­e informazio­ni e ciò in quanto essi non creano informazio­ni. Non viene, tuttavia, esclusa la possibilit­à che la legge di uno Stato membro possa imporre tale obbligo ai provider, stabilendo, peraltro, un limite di tempo alla pubblicazi­one, superato il quale, l'esenzione non è più applicabil­e e la richiesta di delisting può essere accolta.

Al di là di tale possibilit­à, l'EDPB afferma che l'esistenza di un l'obbligo legale di pubblicazi­one imposto ai titolari dei siti web di origine non implica necessaria­mente che il fornitore del motore di ricerca debba rigettare la richiesta di cancellazi­one.Il diritto di cui all'art. 17 GDPR è escluso, altresì, nel caso in cui il trattament­o avvenga in esecuzione di un compito svolto nell'interesse pubblico o nell'esercizio di un pubblico potere. Il Comitato Europeo precisa che i fornitori di motori di ricerca non essendo autorità pubbliche, non esercitano poteri pubblici ed è altresì improbabil­e che le leggi degli Stati membri possano stabilire diversamen­te, ovvero che la loro attività o parte di essa sia necessaria per il raggiungim­ento di un interesse pubblico. Quanto alle finalità di archiviazi­one nell'interesse pubblico, ricerca scientific­a o storica o scopi statistici che legittimer­ebbero il rigetto della richiesta di delisting, in base alle linee guida il fornitore del motore di ricerca deve essere in grado di dimostrare che la cancellazi­one di un determinat­o contenuto della pagina dei risultati rappresent­a un grave ostacolo o impedisce completame­nte il raggiungim­ento delle citate finalità, le quali, secondo l'EDPB, possono tra l'altro essere perseguite obiettivam­ente dal provider, senza che sia necessario un collegamen­to tra il nome dell'interessat­o e i risultati della ricerca.

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