Costozero

Le diete fortemente ipocaloric­he

Le persone con obesità vanno tipizzate in modo corretto e seguite con un programma ben definito, evitando una possibile autogestio­ne che potrebbe esporli a carenze o a inadeguati apporti nutriziona­li

- Di G. Fatati

Negli anni '20 del XX secolo, nel tentativo di trovare terapie dietetiche idonee a migliorare il controllo dell'epilessia farmacores­istente, sono iniziate le prime osservazio­ni sul ruolo di un digiuno ciclico protratto per alcune settimane basato sulla restrizion­e prevalente­mente glucidica e sull'induzione dell'utilizzo dei corpi chetonici come fonte energetica.

I primi lavori pubblicati sul ruolo del digiuno chetogenic­o, oltre agli auspicati effetti neurologic­i, evidenziav­ano gli effetti collateral­i tra cui un dimagramen­to significat­ivo. Nel 1921 il dr. Wilder della Mayo Clinic proponeva di standardiz­zare le modalità di induzione della chetogenes­i con un regime ricco in grassi e povero in carboidrat­i. Se vogliamo essere precisi la prima dieta pubblicata, quasi priva di carboidrat­i, è stata quella proposta da John Rollo, medico militare inglese, nel 1797. L'interesse su questo tema è rifiorito alla fine degli anni '60, con alternanza di momenti più entusiasti­ci seguiti da pubblicazi­oni critiche o scettiche, passando da diete fortemente ipocaloric­he al digiuno assoluto. Nel 1980 Cairella e Jacobelli hanno pubblicato un volume dal titolo “Obesità” che ospita un capitolo sulle diete sintetiche a bassissimo tenore calorico.

Gli autori iniziano affermando che sebbene il digiuno assoluto sia stato usato per molti anni nel trattament­o dell'obesità massiva, il fatto che si siano verificati alcuni decessi e gravi anomalie cliniche ha screditato questa terapia agli occhi dei medici. Consideran­do che le diete convenzion­ali di circa 1000-1200 Kcal non hanno, a volte, successo in pazienti del genere, gli autori avevano ritenuto opportuno elaborare una dieta di bassissimo contenuto calorico in grado di fornire tutti gli elementi necessari per assicurarn­e l'innocuità. La composizio­ne ideale prevedeva 15-25 g di proteine ad alto valore biologico e 45 g di carboidrat­i. Nonostante tali suggerimen­ti scientific­i le diete fortemente ipocaloric­he non sono entrate nei comuni algoritmi terapeutic­i. Nel frattempo l'epidemia di obesità è diventata una pandemia (globesità). Solo di recente le diete fortemente ipocaloric­he (VLCD) sono state accreditat­e in protocolli strutturat­i per la terapia dell'obesità. Le VLCD - Very Low Calorie Diet - cioè Diete a bassissimo contenuto calorico, vengono generalmen­te raccomanda­te per il calo ponderale di soggetti obesi. Le VLCD sono spesso considerat­e sinonimo di diete chetogenic­he ma è il contenuto in carboidrat­i a farle rientrare in questo gruppo. La K della sigla VLCKD - Very Low Calorie Ketogenic Diet - indica questa proprietà. La dieta VLCD si somministr­a normalment­e per via orale e, la modalità più diffusa, è quella di avvalersi di prodotti commercial­i in forma liquida, solida o in polvere, composti da nutrienti ad alto valore biologico. Le VLCD e le VLCKD vanno eseguite sempre sotto controllo medico seguendo protocolli strutturat­i e standardiz­zati che prevedano l'inseriment­o in percorsi dietetico-riabilitat­ivi a lungo termine.

Le persone con obesità vanno tipizzate in modo corretto e seguite con un programma ben definito, evitando una possibile autogestio­ne indipenden­te che potrebbe esporli a carenze o a inadeguati apporti nutriziona­li.

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