Lady Montagu e l’origine dei vaccini
Mary Montagu, moglie dell’ambasciatore a Costantinopoli, scoprì che negli harem si praticava la «variolizzazione» e si batté per portare la profilassi anche in Europa
Un dipinto del 1852 di William Pollen Frith, specializzato in quadri narrativi, ritrae Alexander Pope e Lady Wortley Montagu nella supposta circostanza che avrebbe scatenato il reciproco odio. Il titolo del quadro, che si trova presso la Auckland Art Gallery, è Pope Makes Love to Lady Wortlety Montagu. Si vede la Lady scoppiare in una risata mentre il famoso poeta inglese è piegato su una sedia col volto incredulo. Pope si era infatuato, dopo averla conosciuta nel 1714, dell’aristocratica e fascinosa scrittrice inglese, poliglotta e brillante conversatrice, curiosa e incline all’indipendenza e alle avventure amorose. Dopo essersi scritti per alcuni anni, a fronte di dichiarazioni sempre più insistenti da parte di lui, pare lei abbia irriso alla forma e al contenuto dei sentimenti dell’autore di The Dunciad (1728), testo eroicomico dove si trovano attacchi personali anche contro Lady Montagu. La loro amicizia si trasformò in reciproci e continui insulti. Pope la descriveva anche come Saffo, mentre lei ne stigmatizzava le modeste origini sociali e lo paragonava a Sporo, il liberto fatto castrare da Nerone per femminizzarlo e sostituirlo a Poppea deceduta. In una poesia scritta nel 1733 da Lady Mary, insieme all’amante bisessuale e cortigiano Lord Hervey, lo derideva con singolare aggressività, dicendo che se nessun gli dava addosso era solo perché era stupido.
È strano che sulla vita di Lady Montagu non siano stati girati un film o una serie televisiva. Il libro di Maria Teresa Giaveri racconta le vicende di una delle donne più ritratte del Settecento. Significativo che in quasi tutti i dipinti le vengano risparmiate le cicatrici deturpanti causate da un vaiolo contratto nel dicembre 1714. In qualità di moglie dell’ambasciatore inglese a Costantinopoli, da fine estate 1716 a fine estate 1718, esplorò con la guida di un dragomanno i costumi locali, apprezzando il senso pratico di quella gente, come l’Islam valorizzava le donne attraverso ruoli sessuali (harem) o la socializzazione fisica nei bagni turchi. Venne così a conoscenza della pratica di immunizzazione contro il vaiolo umano che era in uso come medicina popolare in Asia Minore e dintorni, convincendosi dell’efficacia profilattica del trattamento. Portò dalla sua il medico al seguito (Maitland) e fece variolizzare il figlio nel marzo 1718. Quindi, al rientro a Londra e fatta variolizzare anche la figlia, allo scoppio dell’ennesima epidemia si impegnò per convincere aristocratici e medici a importare la procedura. Trovò il supporto strategico in Sir Hans Sloane, medico personale di ben tre monarchi britannici e molto influente nella comunità medico—scientifica, il quale nel 1721 organizzò un esperimento clinico per testare l’efficacia del metodo, usando sei condannati a morte. A seguire, furono sperimentalmente variolizzati i bambini di alcuni orfanatrofi, e quindi quelli delle famiglie aristocratiche e reali.
Il libro parla della circolazione di testi e di persone, e soprattutto delle lettere che Lady Montagu scambiava l’Europa colta e potente. Racconta anche della prima variolizzazione pubblica in occidente, a Boston nel 1721. Insieme al pastore presbiteriano Cotton Mather e al medico Zabiel Boylston, la figura chiave di quell’intervento sanitario, che salvò la vita a migliaia di persone prevenendo la diffusione del vaiolo, fu Onesimus (significa «utile»), lo schiavo nero di Mather. Mather era diffidente verso il suo schiavo, che non ne voleva sapere di convertirsi, ma lo ascoltò e trovò riscontro quando questi gli disse che in Africa subsahariana, da dove era stato rapito dai trafficanti, si evitava il vaiolo inoculando del pus vaioloso in persone sane. Con fatica Mather impose l’intervento e Onesimus è oggi tra i 100 bostoniani più famosi nella storia della città.
Le pagine sulla ricezione della variolizzazione nell’Europa sulla via di illuminarsi, si alternano a quelle sulla peripezie di Lady Mary sul continente, che raggiungeva nel 1739, dopo le delusioni patite per le scelte dei figli (il maschio divenne un giocatore, truffatore e bigamo inseguito in Europa dalla giustizia, mentre la femmina ignorò i suoi consigli e scodellò 11 figli mettendosi al servizio della prestigiosa carriera politica del marito) e abbandonando il marito, al quale disse di avere bisogno di un clima migliore per la salute. In realtà, partiva all’inseguimento dell’amante Francesco Algarotti. Quest’ultimo, di 23 anni più giovane e anch’egli bisessuale nonché amante del re di Prussia Federico II il Grande, era un uomo colto, brillante e mosso da una mentalità illuminista e indipendente, famoso tra altri fatti per aver scritto Il Newtonianesimo per le dame. Lady Mary visse molti anni in Italia spostandosi continuamente, per un periodo anche ad Avignone in cerca di Algarotti, e infine approdando a Venezia. Alla morte del marito, colpita da un cancro al seno, faceva ritorno dopo un periglioso viaggio a Londra, dove giunse nel gennaio 1762, per morire alcuni mesi dopo. Aveva intensamente vissuto 73 anni.
La variolizzazione, per quel che è dato sapere da uno studio dell’embriologo biochimico e sinologo Joseph Needham, era già largamente diffusa in Cina nel XVI secolo, duecento anni prima dell’arrivo in Europa, e il suo uso risale almeno all’anno 1000 circa. L’aspetto più interessante della ricezione della variolizzazione in Europa è la doppia faccia dell’Illuminismo. Da un lato scienziati, filosofi e politici, i quali capivano l’uso del calcolo razionale del rischio, che dimostrava la bassa pericolosità della tecnica, a fronte dell’elevata mortalità e morbilità del vaiolo umano, per cui da Voltaire in poi le menti più aperte e meno legate alla tradizione del pensiero metafisico e politico autoritario furono favorevoli all’innovazione. Dall’altra chi, anche scienziati e filosofi autorevoli, la giudicava non ammissibile o da vietare, stante comunque un rischio eticamente non accettabile, l’origine popolare o la scarsa conoscenza del meccanismo d’azione; ovvero per l’interferenza con la natura e la provvidenza. È interessante come delle culture mediche o popolari o sciamaniche come quelle cinese, mediorientale o africana in realtà avessero metabolizzato la tecnica, imperfetta e sporca, in quanto parte di una visione tradizionale. Mentre in occidente con le tecniche via via più avanzate e pulite di immunizzazione, cioè le vaccinazioni, continuiamo ad avere dei problemi.