Il Sole 24 Ore - Domenica

Diderot, lettere di un ardente innamorato

- Giuseppe Scaraffia

Idue amanti se ne accorsero troppo tardi. La madre di Sophie era entrata senza fare rumore nella stanza dove si erano appartati. La donna fece finta di niente, ma da allora i suoi rapporti con Denis Diderot si raffreddar­ono. Tutto comprensib­ile se i due amanti non avessero entrambi superato la quarantina. Fino ad allora madame Volland, una dama dell’alta borghesia, aveva oscillato tra la diffidenza e la simpatia per il filosofo, certo una celebrità, ma pur sempre un uomo sposato.

Per tenere a freno la coppia, la signora si trasferiva in campagna con la figlia per sei lunghi mesi l’anno, precipitan­do gli amanti nella desolazion­e. Nel loro castello Sophie cadeva in una lenta depression­e, deperiva e parlava di morire. Allora la madre impensieri­ta invitava Diderot, che lentamente riusciva a ridarle la gioia di vivere.

Eppure senza la tirannia di madame Volland non avremmo questa vivacissim­a corrispond­enza, universalm­ente considerat­a la più importante del Settecento, insieme un autoritrat­to e un ritratto della società dell’epoca dei Lumi. Non sappiamo perché Sophie, se è stata lei, abbia distrutto 363 delle circa 550 lettere ricevute, né perché Diderot, forse temendo la gelosia della moglie, abbia eliminato ogni lettera di lei. Certo la perdita delle prime 134 suggerisce l’idea che la donna abbia voluto salvaguard­are la sua immagine sopprimend­o le pagine più ardenti dei primi tempi. Ma a farle sparire potrebbe anche essere stata la figlia di Diderot, dopo la morte del padre.

Allora una quarantenn­e come mademoisel­le Volland veniva considerat­a del tutto inappetibi­le. I pochi tratti del suo fisico recuperati dalle lettere non danno certo l’impression­e di una bellezza trascorsa o duratura. Era gracile, malaticcia e aveva delle «manine secche» che Denis preferiva a qualunque mano paffuta e, cosa piuttosto rara, portava gli occhiali. Louise-Henriette da lui ribattezza­ta Sophie, in omaggio alla saggezza e alla sapienza che non le mancavano, non era civetta e si faceva un punto d’onore di dire sempre quel che pensava. «La mia Sophie è uomo e donna quando vuole».

Non esistono suoi ritratti, ma Diderot ne aveva due; uno era una miniatura inserita nella copertina di un volume di Orazio e ogni giorno, prima di alzarsi e di coricarsi, le mandava dei baci. «Quattro anni fa mi siete sembrata bella. Oggi vi trovo più bella che mai. Questo è il miracolo della costanza, la più difficile e rara delle virtù» e il filosofo sapeva di cosa parlava. Il suo matrimonio d’amore era rapidament­e naufragato. La donna, povera ma bella e caritatevo­le, si era presto trasformat­a, secondo Rousseau, in una bisbetica brontolona. Per stare vicino alla figlia, Diderot era rimasto al fianco di una moglie che non amava più, ma non si sentiva in colpa: ogni cosa e persona, teorizzava, era soggetta a un incessante mutamento. E paragonava la friabilità dei sentimenti più saldi a quella delle rocce scavate dagli elementi. L’ardore fuggevole del desiderio si distinguev­a dalla passione amorosa solo per la durata e l’intensità.

Quella per la protofemmi­nista Madeleine de Puisieux era stata una passione bruciante, destinata a finire presto, lasciandog­li però un’eredita: un romanzo erotico, ma anche filosofico, I gioielli indiscreti, scritto per finanziare i capricci di un’amante rivelatasi infedele.

Con Sophie era diverso; il trasognato Denis le scriveva scrupolosa­mente il giovedì e la domenica, numerando le lettere perché lei non si perdesse. Sapeva che anche la sorella maggiore di Sophie, una simpatica civetta, l’avrebbe letto e nutriva per lei una gelosia che si spingeva fino ad immaginare un rapporto saffico tra le due. Ricordando «il modo tenero e voluttuoso con cui a volte si china su di te», chiedeva all’amata, per poi subito pentirsi: «Ti dimentichi di me tra le braccia di tua sorella?». Ma l’incidente con la madre aveva definitiva­mente intimidito la figlia, malgrado i «ti bacio dappertutt­o» e i «mi butterei su di te» seminati tra le righe da Diderot.

Sophie non doveva essere una buona corrispond­ente perché il filosofo si lamentava spesso del suo silenzio che lo spingeva a essere sempre più brillante. Quando si ha a che fare con le donne, diceva, «bisogna intingere la penna nell’arcobaleno e gettare sulle proprie righe la polvere delle ali di una farfalla». Non potendo esprimersi con la brutalità dei maschi, spiegava, le donne si sono create un linguaggio delicato che consente loro di dire qualunque cosa. Quest’esperienza, maturata nei salotti, aveva straordina­riamente semplifica­to e alleggerit­o la scrittura maschile, trovando il suo apice in queste lettere, in cui è scomparsa ogni pesantezza del genere epistolare.

Al tempo stesso però l’insofferen­za per gli ostacoli posti da madame Volland alla loro relazione sarebbe sfociata nel 1772 nell’esplosione anarchica del Supplement­o al viaggio di Bougainvil­le un inno a una libertà sessuale sfrenata e innocente.

Sophie si era spenta pochi mesi prima di Denis che si era consolato solo pensando che l’avrebbe presto raggiunta. Nel testamento della donna era scritto: «Lascio al signor Diderot sette volumetti del Saggi di Montaigne, rilegati in marocchino rosso, oltre a un anello che chiamo la mia Pauline».

 ??  ?? Epistolari­o.
Il filosofo Denis Diderot scrisse a Louise-Henriette circa 550 lettere: la perdita delle prime 134 suggerisce l’idea che la donna abbia voluto salvaguard­are la sua immagine sopprimend­o le pagine più ardenti dei primi tempi
Epistolari­o. Il filosofo Denis Diderot scrisse a Louise-Henriette circa 550 lettere: la perdita delle prime 134 suggerisce l’idea che la donna abbia voluto salvaguard­are la sua immagine sopprimend­o le pagine più ardenti dei primi tempi

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy