Albania bella e dannata vista dalla Rive Gauche
Otto scritti in libertà con cui guardare una terra complessa
In ciel per ogni dove è paradiso, dice Dante, così, nella scrittura di Kadare, per ogni dove è Albania. E non è sempre un paradiso, non da quello che nel suo insieme l’opera dell’85enne scrittore di Argirocastro lascia intendere. L’occasione di parlarne è la raccolta Le mattine al café Rostand, titolo dall’eco proustiana, causa forse l’umore parigino che aleggia sulle prime pagine. Ma per quanto ubicati sulla Rive Gauche, la mente e il cuore di Kadare sono in Albania. È lei il tema degli otto scritti in libertà, sgranati nel corso di un ventennio, dal 2000 in poi, che diventano lo specchio attraverso cui guardare con lucidità e da lontano una terra complessa e amata. Ecco perché ho pensato a Dante, che percorre i tre regni dell’aldilà per non staccarsi mai da Firenze! Non so se è proprio la stessa cosa per Kadare, che dalla postazione parigina, dove è stato accolto al tempo della sua dissidenza con il regime di Tirana, ripercorrere per strade diverse la sua vita di scrittore e di albanese.
C’è spazio per tutto perché non è prefigurato un tema, le occasioni che hanno generato gli scritti sono, io credo, indipendenti tra loro e però dal loro mosaico (titolo, peraltro, dell’ultimo pezzo) si compone una fisionomia ben identificata. Per chi abbia letto i romanzi di Kadare, tutto torna; chi ancora non lo conosca ha un saggio di quel che potrebbe incontrare nelle sue invenzioni e allora magari si stupirà meno di un narratore che, se occorre, sa tenere vivi e morti insieme avviluppati in una sottile tela di ragno. Sono qui raccolte pagine sarcastiche e amare che declinano i fatti della guerra nel Kosovo, ci sono i ricordi di gioventù, quando il giovanissimo scrittore venne mandato a formarsi all’Istituto Gorkij a Mosca, perché i suoi scritti avessero una ferma impronta ideologica. E ne sarebbe nato un autore dall’impronta visionaria, ne danno conferma le inquietudini scure dei suoi romanzi e le ossessioni che lo segnano dal primo approccio alla grande letteratura: Macbeth, soprattutto, e il delitto che si irraggia sulla scena del mondo da allora come un copione da ripercorrere in tempi e geografie diverse, intuito con grandiosa potenza da Shakespeare e applicato, magari a ruoli scambiati ma non meno efficaci, nella nostra contemporaneità. La morte di Lin Piao, il 13 settembre del ’71 per esempio, e non solo!
Nella sequela di nomi che costellano le riflessioni dello scrittore (e qui, benedetta Wikipedia, almeno per non smarrirsi del tutto) si affacciano il passato remoto e prossimo del Paese, i suoi protagonisti nella politica e nella poesia, la tradizione dentro cui l’autore, un po’ antropologo e molto narratore, ci ha portato con uno dei suoi romanzi più affascinanti, Aprile spezzato, il cui tema è la legge del Kanun o Cànone, un codice consuetudinario sancito dal tempo di Castriota Scanderbeg, l’eroe della resistenza contro gli ottomani nel XV secolo: ai nostri occhi una legge barbarica che vincola al debito di sangue, mentre Kadare ne sottolinea l’impronta antitotalitaria; il Kanun, cito testualmente, «Non ammette il terrore di Stato», tipico dei totalitarismi che l’Albania ha ben conosciuto, piuttosto evoca il timore dell’opinione pubblica, la scelta insomma tra vivere con onore o disonorati, qualcosa che sottolinea l’identità albanese contro l’omologazione ideologica. Troviamo qui il richiamo al tema del femminile: la donna, apparentemente dimenticata nel Kanun, da cui è esclusa (mai può operare una vendetta), è il centro di una lettura ora severa e arcaica (le vecchie che abitano La città di pietra, romanzo autobiografia del tempo di guerra), ora illuminata tra eros e venerazione.
Del resto nei romanzi di Kadare la bellezza muliebre è attraversata sempre da un’ombra, forse a partire dall’archetipo di Andromaca, la vedova di Ettore e la sovrana in lutto di Butrinto, la città fondata sulla costa d’Albania, di fronte a Corfù, dai profughi scampati alla distruzione di Troia e qui rifugiati sotto la guida di Eleno. È una suggestione che mi viene da Vita, avventure e morte di un attore, romanzo dai risvolti di inquietante tragicità ambientato lì, sulla costa testimone di tante tentate fughe verso la libertà. È un dettaglio nell’abbondanza di storie e memorie di questa raccolta, nella contaminazione tra invenzione e documento che comincia con le voci di un caffè a Parigi e si chiude con una amara variazione al femminile della ballata del ponte di Kaaba.
Le storie e le memorie della raccolta si basano su invenzioni e documenti