Nella città santa, tra mito e storia
Ottima occasione, la ristampa in edizione tascabile della mastodontica Gerusalemme. Biografia di una città dello storico britannico Simon Sebag Montefiore, per tornare a fare i conti con quella che per qualche millennio è stata la città più importante della storia.
Una città che oggi sembrerebbe vivere una stagione crepuscolare, ma che per secoli e secoli ha rappresentato il baricentro della storia politica e spirituale di una parte consistente del mondo. Montefiore, che ha capacità di abbraccio e di narrazione davvero notevoli, ne ricostruisce la parabola muovendosi nel suo coacervo etnico, religioso e politico con grande agilità: «A Gerusalemme non esistono soltanto due componenti, ma varie culture concatenate e sovrapposte, e altrettante devozioni stratificate: un caleidoscopio sfaccettato e mutante di arabi ortodossi, arabi musulmani, ebrei sefarditi, ebrei askenaziti, ebrei haredim ultraortodossi, ebrei laici, ortodossi armeni, georgiani, serbi, russi, copti, protestanti, etiopi, latini e così via. Un singolo individuo spesso è fedele a varie identità, l’equivalente umano degli strati di pietra e polvere rintracciabili nella città».
Per molti secoli i popoli, fortemente guidati dal sentimento religioso, hanno vissuto Gerusalemme come metafora, simbolo, sogno o incarnazione di un’immagine religiosa o ideologica, così da rendere strutturale il più grande complesso psicologico di questa città, ovvero il conflitto tra la “città reale” e la “città ideale”. Benjamin Disraeli scrisse che «la veduta di Gerusalemme è la storia del mondo; di più, è la stria del cielo e della terra», perché da nessuna parte come in questo luogo il livello metafisico si è così intensamente intrecciato con il livello architettonico, urbanistico e paesaggistico. A Gerusalemme la realtà è spesso molto meno importante del mito («A Gerusalemme, non chiedetemi la storia dei fatti» dice Nazmi al-Jubeh, eminente archeologo palestinese).
La città santa delle tre grandi religioni monoteiste – Montefiore racconta con notevole sicurezza storica lotte, distruzioni, contese, guerre, crociate, battaglie avvenute nei millenni – conserva identità granitiche costrette a muoversi in un paesaggio stratificato, ibrido e “contaminato”. Scrive l’autore: «C’è stata molta devastazione, ma più spesso i conquistatori non hanno distrutto quello che esisteva prima, l’hanno piuttosto riutilizzato e integrato. I siti importanti come il Monte del Tempio, la Cittadella, la Città di Davide, il monte Sion e la chiesa del Santo Sepolcro […] assomigliano a ricami in cui i fili di seta sono talmente intrecciati fra loro che ormai è impossibile separarli».
Il tramonto del sentimento religioso ha indebolito proiezioni e aspirazioni universali su Gerusalemme, relegandola sempre di più a “capitale” dell’ultima grande contesa etnico-religiosa, ossia la questione israelo-palestinese. Un momentaneo declassamento dal mito alla storia; anzi, alla cronaca.