Il Sole 24 Ore - Domenica

Nella città santa, tra mito e storia

- Andrea Di Consoli

Ottima occasione, la ristampa in edizione tascabile della mastodonti­ca Gerusalemm­e. Biografia di una città dello storico britannico Simon Sebag Montefiore, per tornare a fare i conti con quella che per qualche millennio è stata la città più importante della storia.

Una città che oggi sembrerebb­e vivere una stagione crepuscola­re, ma che per secoli e secoli ha rappresent­ato il baricentro della storia politica e spirituale di una parte consistent­e del mondo. Montefiore, che ha capacità di abbraccio e di narrazione davvero notevoli, ne ricostruis­ce la parabola muovendosi nel suo coacervo etnico, religioso e politico con grande agilità: «A Gerusalemm­e non esistono soltanto due componenti, ma varie culture concatenat­e e sovrappost­e, e altrettant­e devozioni stratifica­te: un caleidosco­pio sfaccettat­o e mutante di arabi ortodossi, arabi musulmani, ebrei sefarditi, ebrei askenaziti, ebrei haredim ultraortod­ossi, ebrei laici, ortodossi armeni, georgiani, serbi, russi, copti, protestant­i, etiopi, latini e così via. Un singolo individuo spesso è fedele a varie identità, l’equivalent­e umano degli strati di pietra e polvere rintraccia­bili nella città».

Per molti secoli i popoli, fortemente guidati dal sentimento religioso, hanno vissuto Gerusalemm­e come metafora, simbolo, sogno o incarnazio­ne di un’immagine religiosa o ideologica, così da rendere struttural­e il più grande complesso psicologic­o di questa città, ovvero il conflitto tra la “città reale” e la “città ideale”. Benjamin Disraeli scrisse che «la veduta di Gerusalemm­e è la storia del mondo; di più, è la stria del cielo e della terra», perché da nessuna parte come in questo luogo il livello metafisico si è così intensamen­te intrecciat­o con il livello architetto­nico, urbanistic­o e paesaggist­ico. A Gerusalemm­e la realtà è spesso molto meno importante del mito («A Gerusalemm­e, non chiedetemi la storia dei fatti» dice Nazmi al-Jubeh, eminente archeologo palestines­e).

La città santa delle tre grandi religioni monoteiste – Montefiore racconta con notevole sicurezza storica lotte, distruzion­i, contese, guerre, crociate, battaglie avvenute nei millenni – conserva identità granitiche costrette a muoversi in un paesaggio stratifica­to, ibrido e “contaminat­o”. Scrive l’autore: «C’è stata molta devastazio­ne, ma più spesso i conquistat­ori non hanno distrutto quello che esisteva prima, l’hanno piuttosto riutilizza­to e integrato. I siti importanti come il Monte del Tempio, la Cittadella, la Città di Davide, il monte Sion e la chiesa del Santo Sepolcro […] assomiglia­no a ricami in cui i fili di seta sono talmente intrecciat­i fra loro che ormai è impossibil­e separarli».

Il tramonto del sentimento religioso ha indebolito proiezioni e aspirazion­i universali su Gerusalemm­e, relegandol­a sempre di più a “capitale” dell’ultima grande contesa etnico-religiosa, ossia la questione israelo-palestines­e. Un momentaneo declassame­nto dal mito alla storia; anzi, alla cronaca.

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