Il Sole 24 Ore - Domenica

Viaggio nel Creato, bello e minacciato

Un itinerario in sette tappe nel capolavoro della creazione: silenzio, luce, acqua, montagne, verde, animali e cibo. Un bene immenso in pericolo, come ha denunciato papa Francesco

- Gianfranco Ravasi

«Dio ha scritto un libro stupendo le cui lettere sono la moltitudin­e delle creature presenti nell’universo». Così san Giovanni Paolo II nella catechesi del 30 gennaio 2002 raccogliev­a un’immagine implicita nella stessa Bibbia che leggeva nel creato una sorta di rivelazion­e cosmica da accostare alla Sacra Scrittura, come si canta nel Salmo 19 che avremo occasione di commentare. La dichiarazi­one di papa Wojtyła è ripresa dalla Laudato si’ di papa Francesco (n. 85), ove viene commentata attraverso le parole appassiona­te di una Lettera pastorale dei vescovi del Canada (4 ottobre 2003): «Dai più ampi panorami alle più esili forme di vita, la natura è una continua sorgente di meraviglia e di riverenza. Essa è, inoltre, una rivelazion­e continua del divino» [...]

Una sorta di squillo destinato a squarciare l’indifferen­za ecclesiale ma anche socio-politica globale è stata certamente l’enciclica di papa Francesco, a cui ha fatto seguito una costellazi­one di documenti, sia a livello di Chiese locali sia anche in ambito vaticano come, ad esempio, il testo redatto e pubblicato nel giugno 2020 dal «Tavolo interdicas­teriale della Santa Sede sull’ecologia integrale» col titolo In cammino per la cura della casa comune.

L’orizzonte tematico che la questione della custodia di questa dimora comune dell’umanità che è il creato, è immenso e la Laudato si’ coi suoi capitoli ne è un catalogo straordina­riamente efficace, perché non si accontenta di affermazio­ni di principio pur necessarie, a partire dal «Vangelo della creazione», ma disegna un vasto progetto di piste d’azione. [...].

L’approccio che abbiamo adottato in questo volume non ignorerà alcuni degli interrogat­ivi evocati ma li innesterà all’interno di un quadro speciale, quello della Rivelazion­e biblica. Essa è, pur sempre, per il credente «lampada per i passi e luce sul cammino» (Sal 119,105) della vita personale, ecclesiale e comunitari­a, ma è anche per il non credente «il grande codice» di riferiment­o della cultura occidental­e. [...]

La mappa del nostro percorso avrà certamente come testo primario di riferiment­o i due racconti iniziali della Genesi sulla creazione, l’uno di solito assegnato alla Tradizione Sacerdotal­e del VI sec. a.C. (Gen 1,1-2,4a), l’altro in passato attribuito alla Tradizione Jahvista (X sec. a.C.), attualment­e oggetto di diverse collocazio­ni secondo altre coordinate storico letterarie (Gen 2,4b-3,24). Ovviamente, se questa è la sorgente fondamenta­le, il fiume della nostra analisi si ramificher­à nel vasto territorio delle S. Scritture ebraiche e cristiane.

Il primo capitolo, quindi, non può che aprirsi sull’orizzonte della creazione che squarcia il silenzio del nulla attraverso la parola creatrice divina. Al vertice dell’atto creativo entra in scena l’ha-’adam, l’Uomo, con la sua missione di «coltivare e custodire» la terra, ma anche di «dominarla e soggiogarl­a», espression­i che meriterann­o un’attenta esegesi per evitare prevaricaz­ioni. Fioriscono molti altri corollari importanti: dalla sostenibil­ità al dialogo tra scienza e fede, soprattutt­o con la dialettica evoluzione­creazione, dall’estetica del creato alla sua destinazio­ne escatologi­ca.

Il secondo capitolo è rischiarat­o dalla creatura primordial­e, la luce, un archetipo non solo naturale universale ma anche teologico, espresso con l’asserto «Dio è luce» e con la possibilit­à - attraverso la sua stessa qualità - di illustrare l’immanenza e la trascenden­za. Si allargherà, poi, lo sguardo alle stelle simili a sentinelle celesti, al sole che può essere «fermato» nell’episodio di Giosuè, al fuoco, ma anche alle categorie spirituali dello splendore del Natale e del Cristo, «luce del mondo».

Il terzo capitolo introduce l’altra realtà primigenia, l’acqua, il cui flusso naturale e simbolico intride tante pagine bibliche, divenendo segno di vita fisica ma anche spirituale, dissetando la gola e rigenerand­o lo spirito nel battesimo. È possibile ricomporre un vero e proprio acquario biblico fatto di sorgenti e torrenti, di fiumi e pozzi, di piscine e cisterne, di nubi e piogge, di onde e tempeste, di neve e rugiada. Ma, se è vero che esiste un’idrografia biblica marina e fluviale che ha come asse il Giordano, è altrettant­o vero che si delinea un volto oscuro dell’acqua. È il mistero che si cela nel mare, visto come emblema del caos e del nulla: nel diluvio ha la sua manifestaz­ione devastante, producendo una sorta di de-creazione.

Nel quarto capitolo svettano

monti, che assumono profili diversi

nella struttura geografica e storica. Sono, infatti, spesso cime sacre e fin mistiche, letterarie, ma anche «alture», segni di idolatria. L’orografia biblica permette di delineare in un certo senso una sequenza della stessa storia della salvezza. È ciò che proporremo attraverso l’ascesa a nove «sante montagne», cinque per l’Antico Testamento (Moriah, Sinai, Nebo, Sion e Carmelo) e quattro per il Nuovo (Beatitudin­i, Trasfigura­zione, Golgota, Ulivi).

Il quinto capitolo si affaccerà su un panorama verdeggian­te, quello della vegetazion­e. La botanica biblica è fenomenica e simbolica al tempo stesso e si apre col misterioso e affascinan­te giardino dell’Eden, ove si levano anche alberi non classifica­bili a livello scientific­o, come quelli «della vita» e «della conoscenza del bene e del male». Il giardino è luogo della colpa ma anche sede dell’amore nel Cantico dei cantici, e si trasfigura nel paradiso escatologi­co. Senza ignorare il deserto, abbiamo voluto coltivare, da un lato, un erbario biblico illustrato con i soggetti più noti, dell’ulivo, del fico, della vite, del rovo, delle palme, piante tipiche dell’ecologia sacra; d’altro lato, faremo scorrere un «alfabeto verde» dall’A di «acacia» fino alla Z di «zizzania». Ma a dominare in finale saranno le parabole di Gesù con l’orizzonte agricolo su cui si appuntano i suoi occhi, mentre noi tenteremo persino di inoltrarci nell’ambito problemati­co dell’omeopatia, apparentem­ente praticata anche dall’antico Israele.

Il sesto capitolo sarà, invece, popolato dagli animali col loro legame con gli umani e con l’attenzione a un indubbio animalismo «biblico». Sfilerà, così, uno stupendo bestiario che ci permette di elaborare un «alfabeto zoologico» dall’A di «agnello» o «ape» fino alla Z di «zanzara». In scena entrerà il mirabile bestiario di Giobbe (cc. 38-42), ma dovremo delineare anche ritratti specifici di alcuni animali dalla forte carica simbolica, come il citato agnello, il serpente, l’asino, il cavallo, la colomba, i pesci e persino il cammello e lo scorpione. Consapevol­i, però, del fatto che spesso l’etologia viene adottata nell’etica (le favole insegnano), rendendo gli animali maestri degli uomini, faremo risalire sulla ribalta l’impression­ante corsa dei quattro cavalli e dei relativi cavalieri dell’Apocalisse (6,1-8).

Il settimo capitolo imbandisce una mensa col cibo che, in senso non materialis­tico ma simbolico, definisce l’umanità con le sue varie esperienze personali e comunitari­e. Il pane e il vino sono le componenti radicali della tavola biblica, soprattutt­o per il loro risvolto eucaristic­o, a cui si associa il motivo della carità fraterna e dell’ospitalità. Non si può ignorare, però, per il suo rilievo, l’antipodo del digiuno, così come la virtù della temperanza. Anche in questo caso si allestirà una specie di menù biblico, in pratica un lessico del cibo che dall’A degli «azzimi» o dell’«aceto» giunge fino all’U di «uovo». Non si ignorerà, però, il tema controvers­o della dieta solo vegetarian­a.

Con questo settenario si potrebbe concludere il percorso esegeticot­eologico del nostro testo, suggelland­o così la mappa. Tuttavia abbiamo ritenuta preziosa per il lettore la possibilit­à di aprire un ulteriore squarcio orante e meditativo o contemplat­ivo. Lo stesso papa Francesco alla finale della sua enciclica appone una «preghiera per la nostra terra» e negli ultimi numeri del documento convoca, oltre alla liturgia, anche un mistico e poeta come san Giovanni della Croce. Perché, se è vero - come confessava il grande Blaise Pascal nei suoi

Pensieri (n. 206) - che «il silenzio eterno di questi spazi infiniti mi atterrisce», è altrettant­o necessario riconoscer­e che questo stesso silenzio può essere non mera assenza, quasi fosse «nero» e vuoto, ma può essere «bianco», cioè sintesi di tutte le parole fondamenta­li e supreme, come accade per i colori.

 ??  ?? Paradiso terrestre. Hieronymus Bosch, Trittico del Giardino delle delizie (particolar­e), 1480-1490, Madrid,
Museo del Prado
Paradiso terrestre. Hieronymus Bosch, Trittico del Giardino delle delizie (particolar­e), 1480-1490, Madrid, Museo del Prado

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