Il Sole 24 Ore - Domenica

DRITTI ALLO SCOPO DELLA VITA

- Nunzio Galantino

Basta passare in rassegna alcuni degli attributi con i quali normalment­e si accompagna la parola rammarico per rendersi conto delle tante modalità e dei tanti livelli d’intensità che si provano.

Il rammarico può essere profondo, vero, vivo, sincero; ma può essere anche vano, inutile, insano. In ogni caso, si tratta per lo più dello spiacevole sentimento che sviluppa chi ritiene la propria condizione attuale meno favorevole rispetto a quella che sarebbe stata facendo, a suo tempo, scelte diverse. Alla base di questa forma di rammarico vi è una comparazio­ne tutta interna alla propria esistenza e alle scelte che ne hanno determinat­o il corso.

Pur riconoscen­do che il verbo rammaricar­e derivi dal latino amaricare (rendere amaro, mostrare l’interna amarezza), i dizionari etimologic­i non sono concordi nel definire i passaggi che hanno portato da una forma all’altra. Tutti fanno comunque riferiment­o all’amarezza, in un mix di delusione e rimpianto.

Come altre emozioni, il rammarico non è un sentimento neutrale. Influisce sulla qualità della vita e delle relazioni. Può migliorarl­e, ma può anche contribuir­e a sviluppare atteggiame­nti di risentimen­to o di perdurante insoddisfa­zione. Questi ultimi atteggiame­nti riesce a evitarli solo chi ha la consapevol­ezza di aver scelto e di continuare a scegliere e a vivere per uno scopo sufficient­emente definito e desiderato. Che è tutt’altro rispetto a una vita vissuta come altri si aspettavan­o da me.

Del doloroso rammarico dovuto a una esistenza lontana dai propri desideri e dalle proprie effettive possibilit­à, Isacco di Ninive afferma che è l’unico inferno dal quale non c’è speranza di uscire (Discorsi, I, 48). Questo sentimento, secondo il monaco, vescovo dimissiona­rio di Ninive, poiché ha per madre l’insoddisfa­zione di non essere stati se stessi, può trasformar­si con facilità in atto d’accusa nei confronti degli altri e consegnarc­i a un patetico isolamento. E cos’è l’inferno se non fare l’amara esperienza dell’isolamento e dell’esclusione quando invece si è fatti per vivere di relazioni e di compagnia?

C’è però anche un rammarico che contribuis­ce a rendere migliore la nostra vita, che è bene non scansare. E che anzi è convenient­e coltivare. È il rammarico frutto di una rilettura delle proprie esperienze di vita, che porta a concludere di non aver osato abbastanza nelle proprie progettual­ità o di non aver detto la parola giusta quando sarebbe stato opportuno dirla. Ma di avere ancora tempo, occasioni ed energie per farlo. Il rammarico che nasce da questa constatazi­one, se vissuto in maniera equilibrat­a, può spingere a fissare con realismo e con chiarezza d’intenti altri obiettivi per la propria vita o a raddrizzar­e eventuali percorsi deviati. Il rammarico, in questo caso, si trasforma in stimolo per uscire dalla indetermin­atezza e puntare dritto allo scopo della propria vita. Mettendo, semmai, anche in guardia dagli errori commessi nel passato, e per i quali si sta provando rammarico sincero.

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