Critico enfant prodige, indignato e coltissimo
Ma perché? Quel lancio di dadi, e sia maledetta la mano che li lancia, perché deve sempre decidere che l’espulso dal nostro dannato spazio-tempo sia sempre il meglio del meglio? Fra l’altro, il critico musicale professore emerito al Conservatorio di Napoli, Paolo Isotta, era nato nel capoluogo campano mercoledì 18 ottobre 1950, aveva settant’anni, e in lui era intatto il midollo di enfant prodige che lo aveva rivelato sedicenne nel 1966.
Chiunque leggesse i suoi ultimi scritti, vasta muraglia cinese che egli erigeva per assicurarsi l’invisibilità, si accorgeva che era sempre il ragazzo combattente e disfidante, e che quelli erano i suoi epigrammi da Antologia Palatina. Perché il Fato non toglie di mezzo gli zombies analfabeti con le loro sgrammaticate omelie e la sconcia pronuncia anglicizzante di parole tedesche, francesi, ispaniche, russe, latine classiche? Nella biografia di figure umane fuor di norma c’è sovente una misteriosa cesura, una strana svolta, Rossini trentasettenne, dopo Guillaume Tell, non compose più per l’opera (luogo deputato della sua precocissima gloria) e ci diede musica sacra e i miracolosi e minuscoli pezzi vocali e pianistici.
Isotta seguì la via inversa: acquisita gran fama scrivendo articoli ed elzeviri, nel 2015 si congedò dal giornale e cominciò a produrre libri ponderosi, folti di cose, idee, memorie, testimonianze, giudizi provocatori come prima, ma imprevedibilmente armati di una documentazione di ferro. Testi, fra l’altro, affascinanti per struttura e rara qualità del linguaggio.
Quei libri del suo operosissimo e quasi affannoso tratto di vita, breve e ultimo, sono anche opere di splendida erudizione, di quella specie in cui ogni nota in calce e ogni postilla è aurea. Questo carattere accentuò la sua solitudine, ma insieme gli attirò grande ammirazione: la mia, per esempio.
Gli piacevano i grandi gesti di sdegno: nel 1994 abbandonò per sempre l’insegnamento nel Conservatorio di Napoli «per progressiva intolleranza verso gli allievi attuali», ed era già l’epoca, ancora quasi sessantottina, in cui vari ministri dell’istruzione, con sorriso servile, abbassavano l’asticella. Gli piacevano gli scherzi da erudito. Non so se Paolo abbia conosciuto la noticina che Tommaseo riporta nel suo Vocabolario, e che ritrovo in Battaglia, a proposito della parola “busillis”
«In diebus illis sarebbe stato letto da uno scolaro ignorante come Indie busillis, e quello avrebbe detto: “Le Indie so che cosa sono, ma…e il busillis?”». Ecco, Isotta intitolò un suo libro con un emistichio di Giambattista Marino, Altri canti di Marte… e lo fece apposta pregustando la perplessità dei futuri lettori: «Altri? Ma quali sono i precedenti Canti di Marte?».
L’autore cui comunicava di voler lasciare ad “altri” le polemiche, e di voler indugiare nell’Elisio delle bellezze filologiche. Paolo, leggendoTi ci siamo divertiti, indignati, eccitati, deliziati. Purtroppo venerdì 12 febbraio 2021 c’è stato a Napoli l’evento che proprio non ci voleva, e sai quale. Ovunque Tu sia, accogli il nostro pensiero. La nostra cultura avrebbe bisogno di Te, qui e ora.